Sono circa 300 i giovani presenti al Pre-Sinodo a Roma. Vengono da ogni parte del mondo. Raccontano la loro esperienza, il loro bagaglio di vita, ma soprattutto portano i loro sogni. E la loro forza, unica. Il Papa ha detto loro di non avere paura, di parlare con coraggio e di fidarsi della Chiesa e dei pastori che li accompagnano in questo viaggio che li porterà ad Ottobre al Sinodo 2018 dedicato proprio a loro. 

Nella hall del Pontificio Collegio Internazionale Maria Mater Ecclesia, dove i giovani sono arrivati ieri sera e resteranno fino a sabato 24 marzo, incontriamo Salvatore: “Il Papa ha parlato con il cuore in mano ai giovani. La situazione dei giovani è complessa, ma la cosa importante è sapere che la Chiesa è in ascolto, vuole fare arrivare il grido di noi giovani. Per iniziare il cambiamento che ci ha chiesto il Papa non dobbiamo dimenticare mai quello che Gesù fa per noi. Quando incontriamo Gesù nella nostra vita possiamo solo che trasmettere la nostra gioia agli altri”.

Poi parliamo con Alessandro, della Comunità di Sant’Egidio: “Mi ha colpito molto che il Papa abbia citato il profeta Gioele, questo esprime tutta la fiducia che la Chiesa ha nei giovani. Un profeta giovane che andava a chiamare gli anziani. Inoltre ho apprezzato il suo invito ai giovani di andare a far festa con una chitarra in una casa di riposo. Questo lo trovo molto vero soprattutto per la mia vita, con gli amici della comunità di Sant’Egidio spesso facciamo così da anni, io accompagno ragazzi giovani, delle scuole medie, a trovare gli anziani nella case di riposo”.

Anche Riccardo, che preparerà il documento da consegnare al Papa per il Sinodo di Ottobre, racconta entusiasta ad ACI Stampa la sua esperienza: “Mi ha colpito moltissimo che il Papa nel parlare (a partire dall'inizio) abbia incluso tutte le fedi, compreso gli atei. Ha chiesto un momento di silenzio per pregare Dio , o per pensare al dubbio sull'esistenza di Dio, chiunque il proprio Dio perché in questi giorni si possa fare il bene dei giovani. Ci ha chiesto di essere coraggiosi, di dire tutto quello che ci viene in bocca senza diplomazia. Ed è necessario che la Chiesa ci ascolti così come siamo, anche se non siamo premi nobel alla prudenza. Ed è necessario che la Chiesa ci ascolti così come siamo, anche se non siamo premi nobel alla prudenza. Mi ha colpito infine il suo riconoscere che nel discernimento vocazionale (che riguarda tutti) mancano i punti di riferimento oggi.. Come religiosi e come famiglie. E la domanda di fondi che muove tutta la dinamica sinodale è "cosa Dio e la storia ci stanno chiedendo? Quale popolo ha avuto un Dio così vicino? Il nostro Dio è vicino.. E noi dobbiamo essere così, vicini ai fratelli. Anche il discorso sui vecchi, sui nonni.. Bellissimo e profondissimo”.