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Russia, Polonia e Santa Sede, Ostpolitik e dialogo tra cattolici ed ortodossi

Giovanni Paolo II  nel suo primo viaggio in Polonia da Papa  |  | pd Giovanni Paolo II nel suo primo viaggio in Polonia da Papa | | pd

Come è cambiata la Ostpolitik della Santa Sede con l’arrivo di un Papa di un paese dove regnava il comunismo? Che cosa ha fatto la Chiesa cattolica in Polonia per avvicinarsi alla Chiesa Ortodossa? E l’ Europa ha mantenuto o no le sue caratteristiche cristiane  respirando “a due polmoni” come diceva Giovanni PaoloII?

Sono solo alcune delle questioni proposte per la riflessione nella conferenza “La Santa Sede verso la Russia e la Chiesa Ortodossa Orientale, da Giovanni Paolo II a Francesco”, che si svolge per due giorni alla Università Gregoriana a Roma.

Organizzata dal Centro per il dialogo Russo-Polacco la conferenza si è aperta con le relazioni degli ambasciatori di Polonia presso la Santa Sede e con i vescovi che sono stati nunzi negli anni della cortina di ferro e subito dopo il crollo del muro di Berlino.

Così l’arcivescovo Kowalczyk ha raccontato  il momento in cui Giovanni Paolo lo ha chiamato per essere nunzio in Polonia nel luglio del 1989, e poi il rapporto difficile ma lentamente recuperato tra cattolici e ortodossi, questi ultimi legati a Mosca. E il lavoro ecumenico di Giovanni Paolo II nei suoi 9 viaggi in Polonia, fino alla dichiarazione congiunta del 2012 tra il Patriarca Kirill e il responsabile dell’ecumenismo per la conferenza episcopale polacca.

Altro testimone di un periodo storico irripetibile, l’arcivescovo Kondrusiewicz ha ricordato tra le molte cose il messaggio di Giovanni Paolo II del 1993 ai Russi. La storia attraverso tre Pontefici ha fatto passi da gigante, ma oggi si rischia di rallentare il lavoro: molta gente rimane senza Dio in una Europa che è sempre più in difficoltà.

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Anna Suchocka, ex ambasciatrice di Polonia presso la Santa Sede, ha portato la riflessione sul tema della Ostpolitik di Giovanni Paolo II e della sua profezia nel vedere che dopo il crollo del muro di Berlino serviva una nuova visione dell’uomo. Le Chiese ortodosse hanno anche la necessità di convivere con l’ Islam sul confine orientale e la Chiesa cattolica deve affrontare le accuse di proselitismo da parte russa. Tutto porta all’incontro di Cuba tra Francesco e Kirill e una dichiarazione che però non risolve le questioni per il futuro, tanto che, ricorda l’ambasciatrice, ancora non c’è nessun invito a Mosca per un Papa.

È il filosofo e politico Rocco Buttiglione a mettere in luce il senso filosofico che ha guidato Giovanni Paolo II. Il cuore dell’uomo, la sua autocoscienza, l'identità dei popoli basata sulla religione, sulla pietà popolare, le figure dei santi legati alla patria sono lo sfondo sul quale Giovanni Paolo II ha dipinto il grande affresco politico del dialogo.

Un affresco che lega il cuore alla ragione, quella di Benedetto XVI, quella della riforma del Concilio, quella che porta i cristiani alla politica come sollecitudine per il bene comune.

Progetti politici che nascono e si spengono per colpa di una economia che abbandona la Russia e rende invivibile l’Africa. Una Europa che non vive lo scambio sognato da Giovanni Paolo II con una vera riunificazione.

Il futuro però è aperto per Buttiglione che vede nel discorso di Papa Francesco alla COMECE un nuovo rilancio della prospettiva di Giovanni Paolo II.