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Santa Sede, una conferenza internazionale sul disarmo nucleare

Palazzo delle Nazioni Unite | Il Palazzo delle Nazioni Unite a New York  | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa Palazzo delle Nazioni Unite | Il Palazzo delle Nazioni Unite a New York | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

Una conferenza sul disarmo, con una particolare enfasi sul disarmo nucleare, si terrà in Vaticano il prossimo 10 e 11 novembre.

La conferenza è una sorta di seguito del Trattato per il bando delle armi nucleari formalmente adottato dalle Nazioni Unite lo scorso 7 luglio. Il trattato è stato approvato da 122 Paesi, anche se erano assenti le potenze nucleari e i Paesi NATO tranne l'Olanda, che hanno definito gli obiettivi del Trattato come irraggiungibili. Le armi nucleari erano fino ad ora le uniche armi di distruzione di massa che non avevano un documento che le vietasse esplicitamente.

Sul tema del disarmo, e in particolare del disarmo nucleare, la Santa Sede è da sempre molto impegnata. Paese Membro e Fondatore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), la Santa Sede non si è mai opposta alla tecnologia nucleare -di cui ha sempre apprezzato i progressi ottenuti in campi come l’agricoltura, sicurezza alimentare, qualità degli alimenti, la lotta contro la peste devastante, la gestione di scarse risorse d’acqua, gli sforzi per monitorare l’inquinamento ambientale e la ricerca portata avanti per minimizzare questo inquinamento, ma soprattutto il successo nel campo della salute, con l’applicazione di tecniche come ad esempio i raggi X. gli acceleratori di particelle e il Programma di Azione per la Terapia anti cancro.

È piuttosto l’uso della tecnologia per fini bellici a preoccupare la Santa Sede, che ha appoggiato e partecipato a un ciclo di conferenze sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari. Le conferenze si erano tenute prima a Oslo, poi a Nayarit, e quindi a Vienna dal 9 all’11 dicembre 2014. Fu quella la prima riunione cui parteciparono alcuni degli Stati in possesso di un arsenale nucleare.

Da quell’incontro, era scaturita una dichiarazione finale firmata da 158 Stati, che sottolineava che “finché esisteranno le armi nucleari, rimarrà la possibilità di una esplosione nucleare. Anche se la probabilità che questo accada è piccola, date le conseguenze catastrofiche della detonazione di un’arma nucleare, il rischio è inaccettabile.”

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Spiega l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, che al tempo si occupò delle conferenze come Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio ONU di Ginevra, che “a Vienna abbiamo sottolineato che non è etico il solo possedere le armi nucleari. Sembra una posizione un po’ idealista, ma noi lavoriamo a creare una cultura pubblica che vede la sicurezza non tanto nell’avere le armi atomiche a disposizione, ma piuttosto che i Paesi non le posseggano”.

Il tema è particolarmente dirimente, e la Santa Sede sta anche trattando con lo staff del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, perché prenda la parola durante la conferenza.

A testimoniare l’impegno, la Santa Sede ha anche partecipato al voto sul trattato alle Nazioni Unite. La Santa Sede è alle Nazioni Unite come osservatore permanente, sebbene con poteri ampliati, e non è uno Stato membro, dunque non partecipa alle votazioni sull’assemblea generale. Ma partecipa alle negoziazioni dei trattati, e ha possibilità di votare quando i trattati vanno all’approvazione dell’aula. In generale, non vota mai.

Secondo padre Drew Christiansen, un gesuita che è stato membro della delegazione vaticana, la Santa Sede ha questa volta votato, e ha votato “sì" al trattato per il bando delle armi nucleari. Non hanno partecipato al voto, come detto, gli Stati Uniti e i Paesi Nato, mentre Singapore si è astenuto. Monsignor Simon Kassas, capo della delegazione della Santa Sede, ha detto che “il trattato non è che un inizio. C’è ancora molto da fare per persuadere quanti non sono in questa stanza che il bando è nell’interesse dei loro popoli e dei loro Stati”.