Città del Vaticano , 25 June, 2025 / 12:45 AM
"Ognuno di voi, come me, prima di essere pastore, è pecora del gregge del Signore! E dunque anche noi per primi siamo invitati ad attraversare la Porta Santa, simbolo di Cristo Salvatore. Per guidare la Chiesa affidata alle nostre cure dobbiamo lasciarci profondamente rinnovare da Lui, Buon Pastore, per conformarci pienamente al suo cuore e al suo mistero d’amore". Lo ha detto Papa Leone XIV, nella meditazione offerta ai vescovi nella Basilica Vaticana in occasione del loro giubileo.
"A volte - ha ricordato - annunciare che la speranza non delude significa andare controcorrente, persino contro l’evidenza di situazioni dolorose che sembrano senza via d’uscita. Il pastore è testimone di speranza con l’esempio di una vita saldamente ancorata in Dio e tutta donata nel servizio della Chiesa. E ciò avviene nella misura in cui egli è identificato con Cristo nella sua vita personale e nel suo ministero apostolico: allora lo Spirito del Signore dà forma al suo modo di pensare, ai suoi sentimenti, ai suoi comportamenti".
"Il Vescovo - ha aggiunto Papa Leone - è il principio visibile di unità nella Chiesa particolare a lui affidata. È suo compito fare in modo che essa si edifichi nella comunione tra tutti i suoi membri e con la Chiesa universale, valorizzando il contributo dei diversi doni e ministeri per la crescita comune e per la diffusione del Vangelo. In questo servizio, come in tutta la sua missione, il Vescovo può contare sulla speciale grazia divina conferitagli nell’Ordinazione episcopale: essa lo sostiene come maestro di fede, come santificatore e guida spirituale; anima la sua dedizione per il Regno di Dio, per la salvezza eterna delle persone, per trasformare la storia con la forza del Vangelo".
Il Papa ha poi invitato a riflettere sul "Vescovo come uomo di vita teologale. Il che equivale a dire: uomo pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, che suscita in lui la fede, la speranza e la carità e le alimenta, come la fiamma del fuoco, nelle diverse situazioni esistenziali. Il Vescovo è uomo di fede: uno che, per la grazia di Dio, vede oltre, vede la meta, e rimane saldo nella prova. Il Vescovo nella sua Chiesa è l’intercessore, perché lo Spirito mantiene viva nel suo cuore la fiamma della fede. Il Vescovo è uomo di speranza. Specialmente quando il cammino del popolo si fa più faticoso, il Pastore, per virtù teologale, aiuta a non disperare: non a parole ma con la vicinanza. Il Vescovo è vicino e non offre ricette, ma l’esperienza di comunità che cercano di vivere il Vangelo in semplicità e condivisione. E così la sua fede e la sua speranza si fondono in lui come uomo di carità pastorale. Tutta la vita del Vescovo, tutto il suo ministero, così diversificato e multiforme, trova la sua unità in questo che Sant’Agostino chiama amoris officium".
"Qui - ha proseguito Leone XIV - si esprime e traspare al massimo grado la sua esistenza teologale. Nella predicazione, nelle visite alle comunità, nell’ascolto dei presbiteri e dei diaconi, nelle scelte amministrative, tutto è animato e motivato dalla carità di Gesù Cristo Pastore. Con la sua grazia, attinta quotidianamente nell’Eucaristia e nella preghiera, il Vescovo dà esempio di amore fraterno nei confronti del suo coadiutore o ausiliare, del Vescovo emerito e dei Vescovi delle diocesi vicine, dei suoi collaboratori più stretti come dei preti in difficoltà o ammalati. Il suo cuore è aperto e accogliente, e così è la sua casa. Questo è il nucleo teologale della vita del Pastore".
Le altre virù indispensabili a un Vescovo sono " la prudenza pastorale, la povertà, la perfetta continenza nel celibato e le virtù umane. La prudenza pastorale è la sapienza pratica che guida il Vescovo nelle sue scelte, nel governare, nei rapporti con i fedeli e con le loro associazioni. Un chiaro segno della prudenza è l’esercizio del dialogo come stile e metodo nelle relazioni e anche nella presidenza degli organismi di partecipazione, cioè nella gestione della sinodalità nella Chiesa particolare. La prudenza pastorale permette al Vescovo anche di guidare la comunità diocesana sia valorizzando le sue tradizioni sia promuovendo nuove strade e nuove iniziative".
"Per dare testimonianza al Signore Gesù - ha detto ancora il Papa nella sua meditazione - il Pastore vive la povertà evangelica. Ha uno stile semplice, sobrio e generoso, dignitoso e nello stesso tempo adeguato alle condizioni della maggior parte del suo popolo. Le persone povere devono trovare in lui un padre e un fratello, non sentirsi a disagio nell’incontrarlo o entrando nella sua abitazione. Egli è personalmente distaccato dalle ricchezze e non cede a favoritismi sulla base di esse o di altre forme di potere. Il Vescovo non deve dimenticare che, come Gesù, è stato unto di Spirito Santo e inviato a portare il lieto annuncio ai poveri".
Infine - ha concluso - " il Vescovo vive anche quella forma di povertà che è il celibato e la verginità per il Regno dei cieli. Non si tratta solo di essere celibe, ma di praticare la castità del cuore e della condotta e così vivere la sequela di Cristo e offrire a tutti la vera immagine della Chiesa, santa e casta nelle membra come nel Capo. Egli dovrà essere fermo e deciso nell’affrontare le situazioni che possono dare scandalo ed ogni caso di abuso, specialmente nei confronti di minori, attenendosi alle attuali disposizioni. Il Pastore è chiamato a coltivare quelle virtù umane, che a maggior ragione sono di grande aiuto al Vescovo nel suo ministero e nelle sue relazioni: la lealtà, la sincerità, la magnanimità, l’apertura della mente e del cuore, la capacità di gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre; e così pure il dominio di sé, la delicatezza, la pazienza, la discrezione, una grande propensione all’ascolto e al dialogo, la disponibilità al servizio. Anche queste virtù, delle quali ciascuno di noi è più o meno dotato per natura, possiamo e dobbiamo coltivarle in conformità a Gesù Cristo, con la grazia dello Spirito Santo".
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