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Un servizio di EWTN News

Note storiche, la Ville Pontifcie diventano luogo di accoglienza dei civili durante la II Guerra Mondiale

Una cosa è certa: a Castelgandolfo i pontefici non hanno solo trascorso la villeggiatura, ma hanno partecipato alla vita del paese e della zona soprattutto aiutando la gente. Come nella II Guerra Mondiale. Come racconta Ilaria Marsili nel suo libro " Il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo" nel settembre del 1943 la popolazione di Albano si rifugiò una settimana nella villa e nei giardini pontifici, trattenendosi finché la situazione non si fosse normalizzata.

In effetti la permanenza fu decisamente più lunga. Tra il 22 gennaio (giorno dello sbarco di Anzio) e il 4 giugno del 1944. Il territorio dei Castelli era diventato zona di guerra e papa Pio XII aveva aperto le porte circa 12 mila persone che arrivarono con i propri averi e bestiame cercando un riparo sicuro, e venivano alloggiati principalmente negli edifici e nelle pertinenze dei giardini Barberini, così come nelle rovine del criptoportico e in rifugi improvvisati. Tra le centinaia di rifugiati molti erano gli ebrei, i disertori e i dissidenti politici, tra questi ultimi Alcide de Gasperi e Giuseppe Bottai.

Fu il direttore delle ville pontificie Emilio Bonomelli ad organizzare alloggio e assistenza.

"Ogni giorno un camion del Vaticano, dotato di lasciapassare e guidato da autisti eroici, faceva la spola tra le ville e il Vaticano per portare i viveri che venivano destinati anche all'ospedale Bambin Gesù" scrive Marsili.

Il bombardamento più drammatico avvenne il 10 febbraio del 1944 quando le bombe colpirono il palazzo di Propaganda Fide che ospitava 1500 persone, causando 500 vittime. "Sui muri esterni della Villa Pontificia sono ancora presenti i segni delle schegge, visibili quando si accede al paese in prossimità della Porta Romana". In 8000 dovettero lasciare le ville e dopo l'evacuazione forzata di Genzano e Ariccia del 30 aprile le ville si riempirono nuovamente, riportando a 10.000 unità il numero degli ospiti.

Ogni notte dai primi di maggio carovane di autocarri trasportavano migliaia di persone verso Assisi e le Marche. La cronaca ci racconta di  "tre eroiche suore del convento dell'Assunzione di Genzano, che dopo ogni bombardamento traevano in salvo i feriti e seppellivano i morti trovati tra le macerie, si rifiutarono di partire finché non avessero raccolto nei paesi della zona 150 vecchi e invalidi abbandonati dalle famiglie perché incapaci di intraprendere a piedi l'esodo forzato".

I castellani essendo concittadini del papa, ebbero il privilegio di essere ospitati nel Palazzo Apostolico. "I beni dei castellani furono immagazzinati nei sotterranei insieme alle scorte alimentari e d'acqua. I contatti con il Vaticano erano assicurati da una radio che funzionava grazie a un generatore regalato al papa dalla Marina Militare italiana dopo I'8 settembre".

Ecco come Emilio Bonomelli nelle sue 'Cronache di guerra nelle Ville pontificie di Castel Gandolfo'descrive la quotidianità di quel travagliato periodo:

"I castellani si sentono più che mai al sicuro nel loro regale rifugio donde escono la mattina per badare alle ordinarie faccende, per rientravi poi all'ora del coprifuoco quando il sole è ancora alto presentando alle guardie sul portone le tessere personali. Si popolano così in un frastuono quasi festoso camerate e apparta-menti, dopo una famigliare sosta nel cortile che supplisce alla consueta passeggiata serotina nel borgo.

Quando fa buio il Palazzo è tutto un immenso dormitorio, gli uomini separati dalle donne alle quali sono riservate le solenni aule del piano nobile, mentre i primi dormono su materassi disposti un po' dappertutto, dagli androni ai sottotetti e perfino sui gradini dello scalone d'onore. E magari tra qualche ora, nel cuore della notte, il portone dovrà spalancarsi all'improvviso per accogliere all'infermeria qualche contadino ferito o moribondo che i tedeschi hanno portato dalla campagna o dalle linee di fuoco oppure qualche lacera famiglia divorata dalla fame e dagli stenti."

Il Santo Padre mise a disposizione delle partorienti la sua camera da letto che divenne la sala maternità delle ville. In quei mesi vi nacquero circa cinquanta bambini, i così detti 'figli del Papa', che in onore di Pio XII vennero chiamati Pio o Eugenio. La nursery fu allestita nella vicina galleria di Alessandro VII.

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