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"La città di Dio" di sant'Agostino: come vivere per il Cielo

Manoscritto de "La città di Dio" (manoscritto medioevale)

E dopo aver “incontrato” alcune figure di santità dell’ordine di sant’Agostino, AciStampa vi invita a seguire un viaggio tra le maggiori (e minori) opere del vescovo santo d’Ippona. Un viaggio, veloce, tra le pagine immortali che hanno fatto la storia della filosofia e della teologia. Della Chiesa. E’ un percorso che vuole affrontare alcuni titoli della vastissima opera di sant’Agostino. Una sorta di ”ouverture” al suo pensiero che non conosce tempo e luogo: un pensiero universale al quale più volte papa Leone XIV sta attingendo per le sue omelie e discorsi. 

“Questa sintesi in ventidue libri della riflessione filosofica, teologica e politica del vescovo di Ippona costituisce al tempo stesso la più alta apologia del cristianesimo che ci abbia dato l'antichità cristiana, il primo grande saggio di teologia della storia e uno dei testi più significativi della letteratura cristiana e universale”: questa la definizione che Alberto Jori offre per il “De civitate Dei” (questo il titolo in latino del volume di sant’Agostino) nel suo Dizionario delle opere filosofiche (Mondadori, Milano, 2000).

 

La Città di Dio è una delle opere considerate “maggiori” di sant’Agostino, scritta tra il 413 e il 426 d.C.. Nelle sue pagine, la teologia si sposa alla filosofia: pagine che cercano di rispondere a domande fondamentali sul destino dell’umanità e sul significato della storia. L’opera è suddivisa in 22 libri e tratta temi come la giustizia, il male, la provvidenza divina e la relazione tra Chiesa e Stato.

 

Nei primi dieci libri troviamo una difesa del Cristianesimo dalle accuse dei pagani che attribuivano al Cristianesimo stesso la causa della decadenza dell’Impero Romano. Per questi motivi l’opera è chiamata anche De civitate Dei contra Paganos. Nelle parole di Agostino troviamo una rappresentazione dell’Impero Romano visto come espressione  della “Città Terrena”: una città che vive “secondo la carne”. In essa c’è solo spazio per l’amore per il potere, la gloria e la dominazione. Inoltre, troviamo anche un paragone tra il fratricidio di Romolo (che vede l’inizio di Roma) e il primo fratricidio biblico di Caino contro Abele: in questo episodio, dunque, è possibile intravedere tutta la natura violenta e ambiziosa che caratterizza la fondazione dell’Impero stesso. Allo stesso tempo, nell’espansione dell’Impero, Agostino legge un segno “provvidenziale” poiché ha facilitato la diffusione del Cristianesimo, permettendo alla fede di raggiungere angoli del mondo che altrimenti sarebbero rimasti inaccessibili. In questo senso, l’Impero ha servito, inconsapevolmente, un fine più alto e spirituale. Agostino, poi, fa una distinzione tra la pace terrena (quella che l’Impero può offrire) e la pace eterna della Città di Dio, unico vero fine dell’esistenza umana.

 

Gli altri dodici libri ci parlano della  salvezza dell’uomo. E’ possibile trovare, inoltre, la visione del tutto rivoluzionaria della storia che ha Agostino: ogni evento all’interno della storia ha un posto nel piano divino. Agostino, infine, approfondisce il tema della lotta tra due realtà contrapposte: la Città di Dio, divina appunto, e quella “terrena”, fondata da Caino. Ogni persona può scegliere in vita se vivere “secondo la carne” o “secondo lo spirito”. Ed è proprio questa battaglia - tra il bene e il male - a essere  destinata a risolversi nel Giudizio Universale, momento in cui la Città di Dio trionferà definitivamente.




 

 

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