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Un servizio di EWTN News

A colloquio con Eraldo Affinati: educare con testa, cuore e mani

“Quando il mio pensiero si rivolge alla letteratura, mi viene in mente ciò che il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges diceva ai suoi studenti: la cosa più importante è leggere, entrare in contatto diretto con la letteratura, immergersi nel testo vivo che ci sta davanti, più che fissarsi sulle idee ed i commenti critici. E Borges spiegava questa idea ai suoi studenti dicendo loro che forse all’inizio avrebbero capito poco di ciò che stavano leggendo, ma che in ogni caso essi avrebbero ascoltato ‘la voce di qualcuno’. Ecco una definizione di letteratura che mi piace molto:ascoltare la voce di qualcuno. E non si dimentichi quanto sia pericoloso smettere di ascoltare la voce dell’altro che ci interpella! Si cade subito nell’autoisolamento, si accede ad una sorta di sordità ‘spirituale’, la quale incide negativamente pure sul rapporto con noi stessi e sul rapporto con Dio, a prescindere da quanta teologia o psicologia abbiamo potuto studiare”.

Partendo dalla lettera di papa Francesco, scritta nell’agosto dello scorso anno. sul ruolo della letteratura nella formazione, iniziamo un colloquio con lo scrittore Eraldo Affinati, autore del libro ‘Testa, cuore e mani. Grandi educatori a Roma’, in cui racconta molte figure che hanno ispirato il mondo dell’educazione; donne e uomini la cui storia si è intrecciata con quella della capitale italiana. Il suo saggio narrativo attraversa il tempo, a partire da grandi santi (Pietro e Paolo, Agostino, Ignazio di Loyola, Francesca Romana, Filippo Neri, Giuseppe Calasanzio), arrivando a grandi educatori quali Maria Montessori, Luigia Tincani, fino ad Alberto Manzi, Albino Bernardini e mons. John Patrick Carroll Abbing, il fondatore della Città dei Ragazzi, commissionato dal card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione:

“Viviamo un rischio fortissimo: quello di considerare le nostre parole libere, cioè sganciate dalla necessità del riscontro. I giovani spesso hanno l’illusione di poter dire, sognare, fare qualsiasi cosa. L’educatore, invece, deve riuscire a far capire ai ragazzi che non possiamo permetterci di essere tutto e il contrario di tutto. C’è il momento in cui bisogna scegliere di fronte alle opzioni che si hanno di fronte. Questa scelta non può essere sempre in uno stato di sospensione. E, riprendendo il pensiero di papa Francesco, la letteratura ti aiuta a discernere.

I grandi scrittori ti chiamano a prendere posizione. Prendere posizione significa rinunciare. E questo non è facile. Rinunciare è doloroso, significa mettere da parte una cosa in cui si crede per scegliere una cosa in cui si crede di più. La letteratura insegna che la libertà non è delirio e superamento del limite. La libertà è accettare il limite, un percorso di educazione sentimentale che oggi i giovani faticano a fare. La rivoluzione digitale li illude, li seduce, ne droga il desiderio”.   

Da dove nasce il libro 'Testa, cuore e mani. Grandi educatori a Roma’?

“Questo libro mi è stato chiesto dal cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto per l’educazione e la cultura vaticana, con l’obiettivo di raccontare ai ragazzi presenti a Roma per il Giubileo, ma anche ad un pubblico più vasto, l’operato dei grandi educatori, cristiani e non, che hanno agito nella Città Eterna nel corso dei secoli. Ho accettato di buon grado pur sapendo di non essere un esperto. Mi sono immerso in luoghi caratteristici, stratificati nel tempo, facendo risuonare il carisma dei fondatori”.

Allora, diciamo subito quali sono questi grandi educatori a Roma?

“Dai capostipiti della cultura occidentale, come san Paolo, uomo in movimento e scrittore epistolare, a sant’Agostino, profeta del maestro interiore, da sant’Ignazio di Loyola, il cavaliere convertito che ci aiuta a scegliere in modo consapevole, a santa Francesca Romana, che, pur essendo madre e sposa, si mise al servizio di tutti, da san Giuseppe Calasanzio, inventore a Trastevere della prima scuola gratuita d’Europa, a san Filippo Neri, teso a restare sul posto, e Giovanni Borgi, affettuosamente soprannominato Tata Giovanni, senza dimenticare ciò che fece a Roma don Giovanni Bosco, fino a certe figure femminili meno note ma ugualmente importanti, come Lucia Filippini e Luigia Tincani, per arrivare agli educatori più recenti coi quali mi sono confrontato: don Luigi Orione, Alberto Manzi, Maria Montessori, Albino Bernardini, don Emilio Grasso, don Roberto Sardelli e mon. Carroll-Abbing”.

Per quale motivo per educare occorre la sinergia tra testa, cuore e mani?

“Questa espressione, rilanciata da papa Francesco, da cui abbiamo ricavato il titolo del libro, vuole indicare l’integralità dell’azione educativa. L’insegnante non può limitarsi a spiegare il programma e mettere i voto. Deve avere la testa, vale a dire il pensiero, il cuore, cioè la passione, e le mani, mostrandosi sempre pronto a verificare sul campo le proprie idee pedagogiche, le quali non possono restare allo stato teorico, ma hanno bisogno di essere messe alla prova dalla persona che abbiamo di fronte. Ed è questa qualità della relazione umana, a ben riflettere, l’essenza del cristianesimo”.

Allora, per quale motivo mons. John Patrick Carroll Abbing ha fondato la Città dei Ragazzi?

“Come molti educatori del passato, anche mons. Carroll-Abbing, sacerdote irlandese presente a Roma sin dagli anni Trenta del secolo scorso, era destinato a scalare i vertici della gerarchia ecclesiastica, ma quando, durante la Seconda guerra mondiale, vide lo scempio bellico, con tanti orfani abbandonati, decise di organizzare per loro una casa comune: non un semplice orfanotrofio, ma una città dove essi potessero diventare protagonisti, grazie al sistema dell’autogoverno, eleggendo un sindaco, battendo una moneta locale, essendo responsabili delle proprie azioni”.

Per questo nei mesi scorsi ha compiuto con alcuni ragazzi un cammino di pace lungo la via Francigena: come è stata questa esperienza?

“Abbiamo fatto un viaggio da Milano a Roma per consegnare a papa Leone XIV una lettera di pace composta con le parole dei migranti che frequentano le scuole Penny Wirton presenti lungo il percorso. Si tratta di associazioni, che agiscono in 65 località del territorio nazionale, nelle quali insegniamo gratuitamente la nostra lingua in un rapporto uno ad uno, senza classi e senza burocrazie. Il Santo Padre ci ha risposto con una lettera ufficiale. Una testimonianza di questa esperienza, in cui sono stato affiancato da Piero Arganini, responsabile della Penny Wirton di Parma, è stato il documentario ‘Nessun altra frontiera’, scritto da me e Gabriele Santoro, visibile sull’applicazione di Tv 2000: Play2000. Io ho pubblicato su ‘Avvenire’ un reportage in 8 puntate, nel quale racconto gli incontri avuti durante il tragitto”.

Cosa significa oggi educare?

“Secondo me vuol dire scommettere sulle nuove generazioni. Consegnare il testimone a chi verrà dopo di noi. Proprio su questo concetto si fonda il mio nuovo libro, gemello di ‘Testa, cuore e mani’, che verrà pubblicato i primi di ottobre nelle edizioni San Paolo, intitolato ‘Per amore del futuro. Educare oggi’”.

 

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