Città del Vaticano , 27 October, 2025 / 6:04 PM
Prima di iniziare la Messa con gli studenti delle Università Pontificie, nella Basilica Vaticana Papa Leone XIV ha firmato la lettera apostolica "Disegnare nuove mappe di speranza" che sarà resa pubblica domani, per il 60° anniversario della Gravissimum Educationis, la dichiarazione del Concilio Vaticano II sull'educazione cristiana.
"Il pellegrinaggio per attraversare la Porta Santa ci ricorda che la vita è viva solo se è in cammino, solo se sa compiere dei passaggi, cioè se è capace di fare Pasqua. Quale grazia - ha chiesto Leone XIV - può toccare la vita di uno studente, di un ricercatore, di uno studioso? La grazia di uno sguardo d’insieme, uno sguardo capace di cogliere l’orizzonte, di andare oltre".
"Quando l’essere umano - ha aggiunto Papa Leone - è incapace di vedere aldilà di sé, della propria esperienza, delle proprie idee e convinzioni, dei propri schemi, allora rimane imprigionato, rimane schiavo, incapace di maturare un giudizio proprio. Il rischio è sempre quello di restare prigionieri di uno sguardo centrato su sé stessi. In realtà, però, molte cose che contano nella vita non ce le diamo da noi stessi; le riceviamo dagli altri, giungono a noi e le accogliamo dai maestri, dagli incontri, dalle esperienze della vita. E questa è un’esperienza di grazia, perché guarisce i nostri ripiegamenti. Si tratta di una vera e propria guarigione che ci permette di avere nuovamente una posizione eretta davanti alle cose e alla vita e di guardarle in un orizzonte più grande. Questa donna guarita ottiene la speranza, perché può finalmente alzare lo sguardo e vedere qualcosa di diverso, vedere in modo nuovo".
"Questo - ha detto ancora Papa Leone XIV - succede in particolare quando incontriamo Cristo nella nostra vita: ci apriamo a una verità capace di cambiare la vita, di distrarci da noi stessi, di farci uscire dai ripiegamenti. Chi studia si eleva, allarga i propri orizzonti e le proprie prospettive, per recuperare uno sguardo che non si fissa solo in basso, ma è capace di guardare in alto: verso Dio, verso gli altri, verso il mistero della vita. Questa è la grazia dello studente, del ricercatore, dello studioso: ricevere uno sguardo ampio, che sa andare lontano, che non semplifica le questioni, che non teme le domande, che vince la pigrizia intellettuale e, così, sconfigge anche l’atrofia spirituale".
"Oggi - è stato il monito del Pontefice - siamo diventati esperti di dettagli infinitesimali di realtà, ma siamo incapaci di avere di nuovo una visione d’insieme, una visione che tenga insieme le cose attraverso un significato più grande e più profondo; l’esperienza cristiana, invece, ci vuole insegnare a guardare la vita e la realtà con uno sguardo unitario, capace di abbracciare tutto rifiutando ogni logica parziale. Di questo sguardo unitario ha bisogno la Chiesa di oggi e di domani".
Come i grandi del passato - ha concluso il Papa - "anche noi siamo chiamati a portare avanti il lavoro intellettuale e la ricerca della verità senza separarli dalla vita. È importante coltivare questa unità, perché quanto accade nelle aule dell’università e negli ambienti educativi di ogni ordine e grado non rimanga un astratto esercizio intellettuale, ma diventi una realtà capace di trasformare la vita, di farci approfondire la nostra relazione con Cristo, di farci comprendere meglio il mistero della Chiesa, di renderci testimoni audaci del Vangelo nella società. Il gesto di chi educa è rialzare l’altro, rimetterlo in piedi come Gesù fa con questa donna curva, aiutarlo a essere sé stesso e a maturare una coscienza e un pensiero critico autonomi. Le Università Pontificie devono poter continuare questo gesto di Gesù. Si tratta di un vero e proprio atto d’amore, perché c’è una carità che passa proprio attraverso l’alfabeto dello studio, della conoscenza, della ricerca sincera di ciò che è vero e per cui vale la pena vivere. Sfamare la fame di verità e di senso è un compito necessario, perché senza verità e significati autentici si può entrare nel vuoto e si può perfino morire".
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