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Un servizio di EWTN News

Monsignor Claudio Giuliodori: “L’educazione dei giovani riguarda la comunità”

 “Il Giubileo del Mondo Educativo, celebrato dal 27 ottobre al 1° novembre, riunirà a Roma più di 20.000 persone, in rappresentanza delle comunità educative cattoliche di tutto il mondo, impegnate nella scuola e nell’università, nella formazione tecnica e professionale, e che sono studenti, docenti e personale amministrativo, nonché referenti delle principali federazioni e reti educative o organizzazioni internazionali del settore. Ad oggi, si sono registrati pellegrini di 124 Paesi, con particolare attenzione a Italia, Spagna, Stati Uniti, Francia e Brasile. E’ anche motivo di gioia sapere che abbiamo la partecipazione di oltre 200 pellegrini con disabilità, a testimonianza del fatto che il Giubileo è una proposta per tutti”: questa è stato l’inizio del giubileo delle comunità educative da parte del card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione nei giorni scorsi.

Per questo abbiamo incontrato mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della Cei, che ha puntualizzato: “La scuola è il più grande, il più importante investimento dell’Italia, perché sull’educazione si gioca il presente e, soprattutto, il futuro dell’Italia. L’impegno profuso da tutti per accompagnare, sostenere e formare le nuove generazioni è ciò che qualifica in maniera rilevante anche la vita di un popolo. In questo momento vogliamo far sentire la nostra vicinanza, il nostro affetto, ma anche l’impegno concreto di tutti coloro che sono attivamente coinvolti nell’attività scolastica. Ma non solo, perché l’educazione è un’impresa di comunità e tutti devono dare il loro contributo”

Per quale motivo un giubileo che riflette sull’educazione?

 “L’aspetto educativo è fondamentale nella società, non solo rivolto ai giovani ma per tutte le realtà. In modo particolare questo sarà un giubileo rivolto al mondo della scuola, dell’università e degli educatori. Viviamo in un tempo in cui molti hanno ormai rinunciato ad educare. Si trasmettono competenza e sapere, ma educare è qualcosa di più importante, in quanto esso consiste nell’aiutare le persone, soprattutto i giovani, a trovare il senso, la bellezza ed i valore autentici della vita. Allora, educare significa proporre incontri significati (per il credente, ovviamente, è l’incontro con Gesù). Il giubileo è conversione, cioè cambiamento di vita, rinnovamento; quindi ci auguriamo che esso possa essere una bella occasione per tutti coloro che hanno la passione educativa per ritrovare il senso di questa, che è una fatica certamente, ma anche l’impresa più bella e più affascinante della vita”. 

Ed allora in quale modo è possibile armonizzare il linguaggio ‘della mente, delle mani e del cuore’?

“Questa era un’espressione cara a papa Francesco, che la usava spesso per dire l’integralità dell’esperienza umana.  Noi ci esprimiamo attraverso diverse componenti: la mente ci ricorda che siamo in tutta la realtà creata dotati di particolari capacità di interpretazione, di elaborazione e la mente umana è qualcosa di talmente grandioso, che nessuna imitazione artificiale può eguagliare. Penso all’intelligenza artificiale che non potrà mai paragonarsi alla profondità ed all’ampiezza della mente umana, in quanto essa è una mente che ragiona con il cuore, come diceva Blaise Pascal, perché il cuore ha le sue ragioni, nel senso che la vera ragione è quella che comprende il senso della vita come relazione con Dio e con gli altri. Noi siamo esseri sociali; se viviamo come individui isolati e se pensiamo di bastare a noi stessi finiremo per fallire nella nostra vita. Quindi questo essere capaci di pensare con il cuore ed agire coerentemente e concretamente con le mani, fa sì che possiamo elaborare e sperimentare quell’unità che dà senso alla vita, rendendola veramente bella”.

Quindi l’educazione è un compito della comunità?

“Sì, nel senso che nessuno può educare da solo. C’è quel proverbio che se uno vuole andare veloce magari corre anche da solo; ma se vuole andare lontano serve una comunità; solo una comunità può educare, nel senso che è talmente grande l’essere umano, che nessuno da solo può colmare il suo mistero. Solo la partecipazione condivisa di molte persone può garantire davvero una pienezza di vita. Quindi l’educazione è un’impresa di alleanze. Sul territorio serve l’alleanza della Chiesa, della Scuola, delle Istituzioni, delle Famiglie, dei Soggetti sociali, delle Società sportive e del Volontariato: tutti sono chiamati a concorrere al bene integrale di ogni persona”.

Quindi, dopo 60 anni,per quale motivo la dichiarazione sull’educazione cristiana ‘Gravissimum Educationis’ è ancora profetica?

“Innanzitutto è profetica, perché in quel momento è stato individuato un percorso, che non era chiaro a tutti o condiviso da tutti, perché dire la gravità dell’impegno educativo voleva dire richiamare il mondo (gli anni Sessanta sono quelli della ‘guerra fredda’) alla responsabilità. Ed anche oggi viviamo un tempo di conflitti. Proprio l’opera educativa, allora come oggi, è la via maestra per aiutare le nuove generazioni a disinnescare la ‘bomba’ della violenza ed alimentare la via della pace e della riconciliazione. Ma soprattutto creare quella visione che papa Francesco ha descritto in maniera magistrale nell’esortazione apostolica ‘Fratelli tutti’, per cui l’altro non è un nemico, ma una risorsa: è un patrimonio che devo sapere coltivare ed affiancare per costruire ponti e non muri. Occorre augurarsi che anche oggi l’educazione possa ritornare ad essere via maestra per la pace tra le persone”.

Infine l’anno prossimo saranno 25 anni dall’istituzione della legge sulla parità scolastica: dopo un quarto di secolo si arriverà ad una piena attuazione?

“Dobbiamo registrare, da una parte, con la legge del 62/2000 l’esistenza di un buon quadro legislativo perché la legge definisce, in maniera molto precisa, il nostro sistema scolastico, come un sistema plurale, in cui è riconosciuta la libertà di educazione e la primaria responsabilità della famiglia, oltre che degli stessi studenti, ma purtroppo il sistema è ancora incompiuto. Non perché manchino le norme, ma perché nel tempo non sono state previste e messe a bilancio le risorse necessarie. Quindi, siamo in un sistema ancora, da questo punto di vista, incompiuto. Ci auguriamo che, in questa prospettiva del 25^ della legge 62/2000, possa maturare una consapevolezza in tutti, ma in particolare nell’azione di governo, per fare passi decisi e significativi verso un’effettiva parità. Che significa libertà di educazione, capacità e possibilità di scelta e di orientamento in un contesto plurale. E’ un arricchimento per l’Italia”.

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