Bucarest, 11 December, 2025 / 10:00 AM
Sorge dietro l’imponente Parlamento di Bucarest, che voleva dare l’immagine della forza del regime di Ceasescu al mondo, e si staglia con la sua cupola in maniera forte, come un segno di potenza. La Cattedrale Nazionale di Romania, chiamata Cattedrale della Salvezza del Popolo, è stata formalmente inaugurata il 26 ottobre, alla presenza del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, dopo 15 anni di lavori. È la più grande chiesa cristiana ortodossa al mondo.
La celebrazione ha radunato moltissime personalità, dal presidente di Romania Nicusor Dan al primo ministro Ilie Bolojan, fino alla presidente moldava Maia Sandu.
I lavori sono durati 15 anni, ma il progetto risaliva al 1884, approvato dall’allora re Carlo di Romania. Centoventi anni dopo, nell’ottobre 2004, il Parlamento romeno ne autorizzò la costruzione. I lavori sono iniziati nel 2010, e l’altare è stato consacrato nel 2018, nel centenario dello Stato romeno, e questo ha permesso a Papa Francesco di poter visitare la cattedrale nel 2019, quando ancora diversi mosaici erano in costruzione.
Lo Stato ha contribuito almeno per il 70 per cento ai 270 milioni di euro di lavori.
Il dibattito sul valore artistico della cattedrale è aperto, anche perché molti notano che l’arte è stata semplicemente posta al servizio delle direttive del Patriarcato di avere una Chiesa che mettesse in luce la grandeszza nazionale romena.
La cattedrale è lunga 120 metri, larga 70 metri, e alta 127 metri. Può ospitare 5 mila fedeli, in una superficie di 7200 metri quadrati illuminati da 600 finestre. Le campane vengono dall’Austria. I mosaici copriranno circa 25 mila metri quadrati di spazio, e ogni metro quadro è riempito da 10 mila pezzi di mosaico. Ci hanno lavorato in 220 tra pittori e mosaicisti, dipingendo varie scene della passione di Gesù, e l’iconostasi più grande del mondo, che misura quasi 407 metri quadrati.
Non tutto era completato per il 26 ottobre. Il nartece sarà dipinto in un secondo momento, e alla consacrazione si collocheranno nel nartece solo le riproduzioni del progetto iconografico stampato su tela.
Quando si decise di costruire la nuova cattedrale, Giovanni Paolo II inviò la prima donazione.
La Chiesa ortodossa romena fu fondata nel 1872, e Daniel ne è il sesto patriarca. Ma la tradizione ortodossa affonda le radici nella nazione, ancora prima che Valacchia, Moldova, Transilvania si unissero a formare quella che è la Grande Romania. Gli ortodossi in Romania sono l’86,6 per cento della popolazione.
Ovunque, a Bucarest, si respira la presenza del cristianesimo. Non c’è quartiere senza una piccola chiesa, anche lì dove il regime di Ceausescu è arrivato a spazzare via tutto, a buttare giù interi quartieri della città che era conosciuta come piccola Parigi per mettere su edifici governativi e palazzi neoclassici.
L’apertura della cattedrale è parte di una serie di commemorazioni che si sono celebrate quest’anno dalla Chiesa ortodossa romena: il 4 febbraio (un secolo di patriarcato), 25 aprile (140 anni di autocefalia), 13-17 maggio (simposio teologico per i 1.700 anni del concilio di Nicea) e il 26 ottobre l’avvio del culto in cattedrale.
Dopo l’approvazione del progetto nel 1884, il patriarca Miron aprì il cantiere solo nel 1925,
subito chiuso per la crisi economica mondiale, poi per la Seconda guerra mondiale e, infine, per il nuovo potere comunista.
Il patriarca Teoctist (1915-2007) rilancia il progetto dopo il crollo del regime in un sito che poi viene cambiato dal successore, Daniele, che avvia i lavori nel 2007.
L’enorme opera musiva impiegato contemporaneamente 220 mosaicisti che lavorano secondo la tradizione artistica bizantina, ma attingendo anche a fonti greche, slave e latine.
Il progetto iconografico prevede, nella cupola centrale, il Cristo pantocrator, sull’abside l’immagine della Vergine e, nell’iconostasi, racconti dell’Antico e Nuovo Testamento. Nei quattro registri appaiono gli apostoli e – in particolare – i santi rumeni, fino a quelli canonizzati di recente. I nomi di 350.000 eroi del paese sono raccolti in una pergamena collocata sotto l’altare.
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