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Delpini alla sua Milano chiede ragionevolezza e ripropone la Costituzione come guida

Il discorso alla Città nella Basilica di sant' Ambrogio dell' Arcivescovo Delpini  |  | Chiesa di Milano
Il discorso alla Città nella Basilica di sant' Ambrogio dell' Arcivescovo Delpini | | Chiesa di Milano
Il discorso alla Città nella Basilica di sant' Ambrogio dell' Arcivescovo Delpini  |  | Chiesa di Milano
Il discorso alla Città nella Basilica di sant' Ambrogio dell' Arcivescovo Delpini | | Chiesa di Milano
Il discorso alla Città nella Basilica di sant' Ambrogio dell' Arcivescovo Delpini  |  | Chiesa di Milano
Il discorso alla Città nella Basilica di sant' Ambrogio dell' Arcivescovo Delpini | | Chiesa di Milano
L' Arcivescovo Mario Delpini sotto il ritratto di sant' Ambrogio |  | Chiesa di Milano
L' Arcivescovo Mario Delpini sotto il ritratto di sant' Ambrogio | | Chiesa di Milano

“Le pretese indiscutibili, il consenso emotivo, le procedure esasperanti”. Da queste tre realtà parte l’analisi che l’arcivescovo di Milano Maro Delpini ha proposto alla sua città, il discorso alla città per la festa di Sant’ Ambrogio. Inizia così il Natale a Milano, con la festa del santo Patrono Ambrogio. E con il discorso alla città del vescovo la sera della vigilia il 6 dicembre. Alle 10.30 di oggi 7 dicembre festa del santo l'Arcivescovo celebra la messa.

Siamo autorizzati a pensare” dice Delpini, ma per farlo bene occorre tenere presente ad esempio che l’emotività non è un male ma occorre arrivare alla ragione: “In questo momento l’intensità delle emozioni è particolarmente determinante nei comportamenti. Ciascuno si ritiene criterio del bene e del male, del diritto e del torto: quello che io sento è indiscutibile, quello che io voglio è insindacabile”, ma per chi “presta un servizio pubblico alla comunità” ci vuole pazienza ed empatia, avere comprensione. Ma la  “cultura post-moderna” che “esalta l’emozione, lo slogan gridato, stuzzica la suscettibilità e deprime il pensiero riflessivo”.  Sarebbe bene, dice Delpini ai milanesi, se “potessimo essere tutti più ragionevoli, comprensivi, realisti nel considerare quello che si fa, quello che si può fare per migliorare e anche quello che non si può fare. Ecco: siamo autorizzati a pensare, a essere persone ragionevoli”.

Dominare l’impazienza non per giustificare i disservizi ma per non confondere ragioni ed emozioni per non può complicare la convivenza civile.

Una questione che si estende al pubblico consenso. Quello “costruito con un’eccessiva stimolazione dell’emotività dove si ingigantiscano paure, pregiudizi, ingenuità, reazioni passionali” non fa bene alla democrazia.

E del resto i milanesi sono diffidenti verso i fanatismi e invece “la ragionevolezza che si può anche chiamare “buon senso”.

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Servono però anche delle semplificazioni: “Forse che “la patria del diritto”, come si può definire l’Italia, sia diventata un condominio di azzeccagarbugli litigiosi?”. Occorre però anche un “recupero di una fiducia tra i cittadini, e tra cittadini e pubblica amministrazione”.

L’Arcivescovo chiede l’aiuto del mondo della cultura, dell’università : “Credo che saremmo tutti fieri se proprio qui a Milano si approfondissero riflessioni, si promuovessero confronti, si potessero riconoscere scuole e programmi, prospettive e responsabilità” e aggiunge “Mi sembra significativo il contributo che a questa impresa hanno offerto e offrono i cristiani presenti nelle accademie della città».

E pensare non è solo analisi e calcolo e ci vogliono idee per costruire il futuro, l’Europa intesa “come convivenza di popoli”. E oggi “sono persuasi che siano da preferire l’unione alla divisione, la collaborazione alla concorrenza, la pace alla guerra”.

Delpini propone la Costituzione come guida: “Non si potrebbe prendere l’abitudine di aprire ogni Consiglio comunale con la lettura e il commento di qualche articolo della prima parte della Costituzione?”.

Attenzione poi a cercare i capri espiatori per i mali della città: “talora, per esempio, il fenomeno delle migrazioni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono discorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano l’unico problema urgente”. Ma ce ne sono ben altri: “la crisi demografica che sembra condannare la popolazione italiana a un inesorabile e insostenibile invecchiamento; la povertà di prospettive per i giovani che scoraggia progetti di futuro e induce molti a trasgressioni pericolose e a penose dipendenze; le difficoltà occupazionali nell’età adulta e nell’età giovanile e le problematiche del lavoro; la solitudine il più delle volte disabitata degli anziani”.

Una soluzione viene dalla famiglia e dall’affrontare con coraggio “le sfide, nella persuasione che questo territorio ha le risorse umane e materiali per vincerle. E nella mia responsabilità di vescovo di questa Chiesa confermo che le nostre comunità sono pronte, ci stanno, sono già all’opera”.

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Il testo integrale del discorso sarà in libreria nei prossimi giorni.