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Santa Maria del Rosario, la parrocchia romana a pochi passi dal Vaticano

Una storia antica di un luogo di culto che è un simbolo del neo gotico italiano

Santa Maria del Rosario a Prati |  | AT
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Pochi passi distanziano il Vaticano dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria del Rosario nel quartiere Prati di Roma: strade, vicoli e viuzze si diramano dalla vicina Piazza Risorgimento per portare all’entrata di questa chiesa, gioiello del neogotico del ‘900 italiano. Qui, tutto respira di un'aura antica: colonne, volte stellate, piccole cappelle laterali, diventano il fulcro della devozione popolare mariana che, come consuetudine, nel mese di maggio e di ottobre, trova una delle sue massime espressioni. 

Una data segna la storia di questa parrocchia: è quella del 25 giugno 1916, giorno della sua consacrazione. Il cielo, di un color rosa purpureo, colora l’alba di quel giorno; così come vuole essere un’alba di pace la stessa consacrazione di questa nuova chiesa: la Prima Guerra Mondiale è a metà del suo corso, e così la costruzione di una nuova chiesa diventa  - per tutti  i romani - segno di pace in un periodo travagliato come quello del conflitto mondiale. Ma per trovare l’origine della fondazione di Santa Maria del Rosario, bisogna fare un viaggio nel  tempo. 

Tutto nasce da una cappella voluta dal letterato romano Giovanni Vittorio De Rossi. E’ il 1641 quando il De Rossi - che aveva la sua abitazione nel quartiere Monte Mario - fa costruire, vicino la sua casa, una piccola cappella dedicandola alla Madonna del Rosario e della Febbre. La “febbre” a cui si fa riferimento nel titolo ci ricorda la malaria che imperversava nella piana sottostante, nella pianura romana. Questa piccola cappella, sarà poi l’inizio di qualcosa di più grande: dal 1651, con un lascito dello stesso De Rossi, iniziarono i lavori di costruzione di una vera e propria chiesa - non più una semplice    cappella - con il nome di Santissimo Rosario in Monte Mario; il progetto, realizzato completamente solo nel 1700, è dell'architetto Camillo Arcucci.  Nel 1828,  la chiesa e l’annesso convento, vengono affidati ai Padri Domenicani, divenendo parrocchia.  

Roma si trasforma, cambia aspetto urbanistico e la chiesa del Santissimo Rosario non è più in grado di contenere tutti i fedeli. Nasce così un altro luogo di culto, sempre retto dai Padri domenicani, in Via Leone IV, nel quartiere Prati. E’ un un periodo storico segnato da rapporti difficili tra chiesa cattolica e Regno d’Italia e così lo spazio che viene affidato ai Padri Domenicani risulta alquanto inadeguato. Sarà lo stesso Provinciale dell’Ordine, padre Giovanni Battista Embriaco, a denunciare - con una lettera al pontefice, Leone XIII - lo stato delle cose: “Questa cappella, simile a una spelonca e insufficientissima per la popolazione, è ridotta in uno stato tanto indecente che i parrocchiani si vergognano di intrattenervi alle funzioni di culto”. C’è bisogno di costruire una nuova chiesa. 

Questa, porterà il titolo di Santa Maria del Rosario;  che - all'epoca - aveva l’entrata in Via Ottaviano. La prima pietra sarà posata l’8 dicembre 1898, giorno dell’Immacolata Concezione. Con il trascorrere del tempo si registrerà, però, un ulteriore aumento della popolazione: la chiesa di via Ottaviano che raccoglieva circa 400 persone, risulterà troppo piccola per le nuove esigenze pastorali. Viene così decisa la costruzione di una nuova chiesa, ancora più grande; questa volta, l’aiuto verrà dato da Papa Pio X, e i Padri domenicani avranno, così, un nuovo luogo di culto: è l’attuale chiesa che ha l’entrata principale nella più stretta via degli Scipioni. Lo stile del nuovo luogo di culto, sarà quello gotico italiano: un ideale collegamento con  i grandi edifici costruiti dall'Ordine durante i secoli XIII e il XIV. La posa della prima pietra avverrà il 13 novembre 1911. I lavori avranno inizio solo il 17 giugno 1912. 

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L’entrata della chiesa, che affaccia direttamente sulla strada, è protetta da una cancellata in ferro battuto; la facciata presenta un magnifico rosone, con un mosaico posto nella lunetta. L’interno a tre navate è suddiviso da grandi pilastri bicromi (dipinti a strisce orizzontali grigie e rosa) e da cinque arcate. L’edificio è lungo 44 metri, largo 24,50, ed è alto - nella navata centrale - circa 22 metri.  

Nell’altare - sormontato da un bellissimo trittico, opera di Raffaele Gagliardi, che rappresenta la Vergine del Rosario, con accanto San Domenico di Guzman e Santa Caterina da Siena - sono racchiuse le reliquie dei martiri romani San Lorenzo e San Gallicano; dei domenicani: San Pietro Martire, Sant’Antonino, arcivescovo di Firenze; San Domenico di Guzman, il fondatore dell’ordine, e di Santa Caterina da Siena. I dipinti interni sono di Giovan Battista Conti. L’abside è impreziosita da tre vetrate policrome: effetti di luce che portano il fedele a una preghiera intima e silenziosa. Nella controfacciata un mosaico raffigurante la Madonna di Pompei ed un affresco con l’Albero delle profezie di Maria.

 In quel 25 giugno del 1916,  la “fabbrica di pietre, di centine, di arte” - come disse nella sua omelia per la consacrazione della chiesa, Padre Mariano Cordovani, una delle figure più rappresentative dell'Ordine domenicano e della Chiesa del secolo scorso - aveva “preso un aspetto solenne e raccolto, quasi un atteggiamento di preghiera e di meditazione” dove tutto “rivela e parla di Dio, non invita che a salire a Dio”. A distanza di centosei anni, l’invito in Santa Maria del Rosario in Prati è sempre vivo. 

 

 

 

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