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L’appello di pace del vescovo Mina ad una giovane realtà sovrana

Il vescovo copto, canonico di Santa Maria Maggiore, interviene ad un simposio sulla pace della Casa Sovrana di Nabatea.

Casa Sovrana di Nabatea | I partecipanti al simposio. Al centro, S.A.S. Valerio Malco | Sovreign House of Nabatea Casa Sovrana di Nabatea | I partecipanti al simposio. Al centro, S.A.S. Valerio Malco | Sovreign House of Nabatea

C’è una giovane realtà sovrana che sta muovendo i primi passi nel mondo diplomatico e che ha organizzato un simposio su “La Cooperazione Internazionale per la Pace e il commercio panarabo” lo scorso 14 luglio. È la Casa Sovrana di Nabatea, discendente dall’antico popolo dei Nabatei, che recentemente ha avuto per una sentenza di arbitrato il riconoscimento come ente sovrano, con diritto di legazione attiva e passiva. Uno Stato senza territorio, un po’ come il Sovrano Ordine di Malta, che ad oggi sta muovendo i primi passi sulla scena diplomatica internazionale.

In attesa di accreditare anche un ambasciatore presso la Santa Sede, la Casa Sovrana di Nabatea ha promosso dunque un simposio, da una parte lanciando l’importanza di una maggiore collaborazione nel mondo panarabico, e dall’altro mostrando la volontà di inserirsi come attori nel lavoro per la pace e l’armonia tra le religioni.

Per questo, tra gli ospiti del simposio è stato invitato il vescovo Antonyos Aziz Mina. È nato a Minya, la città dei martiri copti di Egitto, che ora sono considerati martiri dalla Chiesa cattolica. Ed è copto anche lui, ma copto cattolico (e in fondo copto non è altro che la contrazione di ‘egizio’ in greco). Ed è oggi canonico di Santa Maria Maggiore, dopo aver servito diversi anni come eparca in Egitto ed aver rinunciato poi nel 2017.

L’intervento di Aziz Mina è partito proprio dall’idea di pace. “La pace è qualcosa che si coltiva, e dunque dobbiamo fare uno sforzo per arrivarci”. Ogni comunità, aggiunge, “vuole apparire meglio dell’altra. Ma se uno approfitta di questo sentimento per fare cose belle, non ci sarà bella. Al contrario, la competizione potrà diventare motivo di litigio e di conflitto di interessi”.

Il vescovo Mina sottolinea che le nazioni devono comprendere questa mentalità, perché le nazioni “crescono quando fanno crescere gli uni e gli altri”.

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Costruire la pace è dunque fondamentale, perché “si accende un focolaio, se ne accendono almeno altri due”. Ma il problema è interiore, prima di tutto: “Noi non abbiamo coltivato questa pace con noi stessi”.

L’intervento del vescovo Mina è stato parte di una serie di interventi istituzionali che hanno inquadrato anche il ruolo della Sovrana Corona di Nabatea, che guarda con particolare interesse, per origine geografica, al mondo arabo. In questo senso, l’intervento del professor Giuliano Lancioni, dell’Università di Roma Tre, che con efficacia ha spiegato il modo in cui si possa parlare di un mondo arabo, e come questo mondo arabo non sia necessariamente un mondo islamico. Si tratta, alla fine, di un milieu culturale molto ampio, che va compreso.
Tra gli altri interventi, anche quello del Console Gabriele Barucco, già sottosegretario per le Relazioni Istituzionali della Regione Lombardia, e quello di Federico Cardu, ministro per la Cooperazione Internazionale della Corona di Nabatea, che ha parlato dell’importanza della cooperazione commerciale quale strumento di dialogo tra le nazioni.

Ha concluso il simposio un breve indirizzo di Sua Altezza Valerio Malco, discendente della corona nabatea.

I Nabatei erano una antica popolazione con centro nella famosa città giordana di Petra. Provenivano dalla penisola arabica, e dopo il nomadismo il loro regno fu in un crocevia di carovane, facendone un popolo che ha vissuto a contatto con tanti altri popoli.

Il loro regno divenne parte dell’Impero Romano nel 106 d.C., e la dinastia regnante si sparse nel mondo, arrivando anche in Italia.

Solo recentemente, una Sentenza arbitrale emessa ai sensi della Convenzione di New York del 1958 ha stabilito che il Principe Reale successore della Dinastia già regnante venga riconosciuto quale Soggetto di Diritto Internazionale, con facoltà di legazione attiva e passiva.

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Al contempo, la Corona di Nabatea viene riconosciuta quale Organizzazione e Organismo extraterritoriale, costituendo la propria sede principale in Roma. Uno Stato senza territorio, insomma, che ha però tutte le possibilità di uno Stato, come già succede per l’Ordine di Malta.  

Per ora, si stanno avviando le relazioni diplomatiche, costruendo una struttura che aiuterà la Sovrana Corona Nabatea a trovare finalmente un posto nel mondo.