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Arcivescovo Pezzi: “La Chiesa russa può dare all’Europa il dono del perdono”

Come vivono i cattolici in Russia questo periodo difficile? L’arcivescovo Paolo Pezzi dell’arcidiocesi della Gran Madre di Dio a Mosca, definisce le sfide di oggi

Arcivescovo Paolo Pezzi | L'arcivescovo Paolo Pezzi durante i lavori della plenaria del CCEE, che si è tenuta a Malta dal 27 al 30 novembre | Archdiocese of Malta / Ian Noel Pace Arcivescovo Paolo Pezzi | L'arcivescovo Paolo Pezzi durante i lavori della plenaria del CCEE, che si è tenuta a Malta dal 27 al 30 novembre | Archdiocese of Malta / Ian Noel Pace

La guerra in Ucraina ha avuto un impatto anche sui cattolici che vivono in Russia, una piccola minoranza nel Paese. I quali però hanno risposto alle difficoltà causate dalla situazione con voglia di costruire, di ripartire, con nuovo slancio. Con spirito cristiano si potrebbe dire. E l’arcivescovo Paolo Pezzi, che guida l’arcidiocesi della Gran Madre di Dio che copre i territori di Mosca e San Pietroburgo non ha dubbi nell’indicare nel senso del perdono il più grande contributo che la Chiesa cattolica in Russia può dare all’Europa oggi.

Dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina, si è avvertita molta tensione, sia politica che religiosa. Ma come stanno i cattolici in Russia? Come avvertono questa tensione?

Devo dire che ho trovato da parte dei cattolici in Russia più desiderio di rispondere e costruire che non di lamentarsi e di chiudersi. È evidente che c’è una voglia di prendere l’iniziativa, anche se va ammesso che in alcune realtà prevale di più la sfiducia. Ma in generale, è più la tendenza ad una risposta responsabile e costruttiva che non il lamento o il rinchiudersi nella situazione.

Come si possono descrivere i cattolici in Russia?

Abbiamo cattolici ovunque, ci sono molti giovani. In particolare, ci sono molti giovani studenti stranieri, che non vengono a studiare solo a Mosca o a San Pietroburgo, ma anche in altre città, dove ci sono università importanti.

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L’attuale situazione ha fermato il flusso degli stranieri?

No, gli stranieri continuano a venire. Sono cambiati i Paesi da cui provengono. C’è un aumento di migranti che provengono dal Medio Oriente e dall’Africa, e c’era un flusso importante dall’Ucraina, ora ovviamente in diminuzione. In generale, è diminuito il flusso di studenti dal mondo occidentale, mentre sta aumentando il flusso di studenti che proviene da diversi Paesi dell’Africa, soprattutto dell’Africa Centrale, e dell’Asia. In particolare, per quanto riguarda la Chiesa cattolica, c’è un aumento di vietnamiti e filippini.

Lo scorso settembre, Papa Francesco è intervenuto in videoconferenza alla fine di un raduno di giovani russi. Cosa ha portato questo incontro?

Ha portato grande entusiasmo. I giovani si sono sentiti accolti, si sono sentiti interessanti, hanno percepito un profondo interesse per le loro persone, per il loro destino, per la loro storia, per la loro vita. È questo l’aspetto più forte. Io, per esempio, il mese dopo l’incontro sono stato al Sinodo, e chi curava la pastorale giovanile era con me al Sinodo, e questo ha rallentato le attività. Però vedo che c’è un fervore, un proliferare di iniziative e soprattutto una gran voglia di incontro. Durante il Sinodo, i giovani stessi mi hanno chiesto di incontrarli online, volendo un confronto sul cammino sinodale. Mi ha colpito come fossero interessati al destino non solo della Chiesa, ma della loro vita. Ci sono vari in contro. È un momento di effervescente vivacità.

Cosa può portare la Chiesa cattolica in Russia alla Chiesa in Europa oggi?

Io penso che il contributo maggiore che noi possiamo portare è che il perdono. Solo una esperienza di perdono e riconciliazione può realmente superare e vincere ogni divisione e il rancore e l’odio che c’è tra fratelli. Penso che questo sia il contributo più potente che possiamo portare.

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E la comunità cattolica riesce a perdonare?

C’è una esperienza di conversione che ho fatto in questi ultimi due anni di cui parlo sempre, ed è una esperienza che mi ha cambiato profondamente. Questa esperienza è emersa in confessionale durante la Settimana Santa dello scorso anno, dove normalmente passo alcune ore il Giovedì Santo e il Sabato Santo. Dopo la Messa in Coena Domini del Giovedì Santo di due anni fa, dunque, ho ricevuto una donna che mi disse che non riusciva nemmeno a confessarsi perché tale è l’odio che mi divora. E diceva di come odiasse anche se stessa, e tutte le cose che la circondavano. Io le risposi che non avevo risposte da darle, ma che avremmo potuto pregare insieme. Così abbiamo detto una Ave Maria insieme e poi sono uscito e la ho abbracciata. Dopo qualche tempo, questa donna è tornata e mi ha detto: “Adesso posso confessarmi”. E io le ho detto alla fine: “Lei ha trovato veramente l’antidoto all’odio che è proprio in questa riconciliazione e nel perdono”. Oggi, per poter offrire questo antidoto, lei va adesso a parlarne, a spiegare come abbia perdonato se stessa, perdoni Dio, perdono il mondo che le è intorno. Lei questo lo ha trovato ed è questo che va diffondendo. Ed è bellissimo.