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Padre Mauro Armanino racconta la vita in Niger dopo il golpe

Il missionario della Società Missioni Africane (SMA) a Niamey, capitale del Niger, che ci ha raccontato l’attuale situazione nel Niger

P. Armanino in Niger - Società Missioni Africane |  | P. Armanino in Niger - Società Missioni Africane P. Armanino in Niger - Società Missioni Africane | | P. Armanino in Niger - Società Missioni Africane

“Se scoppia la guerra, il Niger sarà distrutto. I proiettili non risparmieranno la popolazione, che sarà la più colpita. Sappiamo quando una guerra inizia, ma mai quando finisce. Guardate la Libia. Questa guerra distruggerà la coesione sociale e il Niger diventerà ingestibile, chiunque lo governi», avverte capo della Diocesi della capitale nigerina”: Così dichiarava l’arcivescovo di Niamey, mons. Laurent Lompo, a pochi giorni dall’avvenuto golpe di Stato nel Niger nella scorsa estate.

Ed al giornale ‘La Croix’ mons. Lompo aveva confermato l’appello delle Conferenze Episcopali Unite dell’Africa Occidentale ad inizio agosto: “E’ in gioco il futuro del nostro Paese e della regione. Il ruolo della Chiesa non è quello di dire se questo colpo di Stato è giusto o sbagliato, e tanto meno di sostenere una parte. Ma di difendere gli interessi del popolo. Il nostro ruolo è quello di vegliare e accompagnare il popolo…

Ogni parte deve ascoltare l’altra e rinunciare a ciò che può. Anche la comunità internazionale deve mettere acqua nel suo vino e mostrare flessibilità, in modo che la popolazione non soffra ulteriormente. Purtroppo l’Ecowas non ha consultato noi leader religiosi”.

Trascorsi alcuni mesi abbiamo contattato p. Mauro Armanino, missionario della Società Missioni Africane (SMA) a Niamey, capitale del Niger, che ci ha raccontato l’attuale situazione nel Niger: “Difficile generalizzare per un Paese così vasto e dalle frontiere differenti...la parte che confina col Ciad et nella zona del Lago Ciad non ha visto molti cambiamenti e forse neppure la zona che confina con la Libia e l’Algeria. Invece la parte del Paese che confina con Benin e la Nigeria è estremamente penalizzata dalla chiusura delle frontiere e dunque dell'impossibilità di importare tutto quanto arrivava dalla costa atlantica, lo sbocco al mare. Quindi, per un Paese già povero e dipendente dal commercio col Benin, Togo, Costa d'Avorio, Ghana....la situazione è a di dir poco allarmante per la penuria di derrate alimentari, medicine e altre mercanzie necessarie per far funzionare l’economia, luce elettrica compresa. Un Paese economicamente in ginocchio e con problematiche prospettive future se non saranno ripristinate le vie commerciali”.

Quanto ‘pesa’ la guerra in Ucraina?

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“Geograficamente e politicamente lontana non rappresenta poi molto neppure dal punto di vista economica se si eccettuano forse alcuni prodotti per l’agricoltura. Una guerra che, vista la tragica situazione del Sahel e le nuove alleanze geopolitiche (con l’allontanamento della Francia) semmai mette in rilievo il ruolo accresciuto delle Russia come controparte più accettabile nella lotta al terrorismo”.

La Conferenza Episcopale del Niger-Burkina Faso, alcuni mesi fa, aveva chiesto di fermare i conflitti armati: è possibile?

“Ciò che i vescovi hanno chiesto, congiuntamente ad altre conferenze episcopali, è stato di evitare un intervento armato che al momento sembrava imminente. Col passare delle settimane questo rischio sembra essere passato di attualità...rimane semmai la preoccupazione per la situazione, sempre drammatica, nel Sahel!”

Quale è l’impatto del conflitto nella comunità cristiana?

“Le nostre comunità cristiane sono composte soprattutto da fedeli originari da Paesi limitrofi. I locali nigerini sono una minoranza. I fedeli sono naturalmente colpiti, come tutti gli altri cittadini, per la situazione socio-economico.politica. In più, come stranieri, hanno il timore che presto o tardi siano presi come bersaglio o capro espiatorio per la situazione che si vive nel paese. Le chiese bruciate nel 2015, il rapimento di p. Pierluigi Maccalli per due anni e la persecuzione di alcune zone delle diocesi di Niamey non lasciano adito alla tranquillità! Ci sono timori che i cristiani siano presi come bersaglio in quanto portavoci di una religione ‘straniera’ ed ‘occidentale’...”

Quanto è importante per il Paese il dialogo interreligioso?’

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“Lo si è coltivato con cura anche nei momenti difficili! Esiste una commissione diocesana islamo-cristiana che cerca di stabilire contatti a livello ufficiale e informale coi musulmani. Non mancano le iniziative comuni e gli incontri di giovani di ambo i ‘campi’. Mancano forse ‘cantieri sociali’ comuni attraverso i quali lavorare assieme su obiettivi concreti nell’ambito dei diritti umani”.

In Niger svolge anche un servizio per i migranti, a cui ha dedicato alcuni libri: in quale modo la Chiesa affronta la situazione?

“Il tema dei migranti, nel mezzo delle varie crisi del Paese e dello spazio saheliano, sembra essere passato in secondo piano, Se aggiungiamo la problematica dei rifugiati e degli sfollati interni capiamo che questo ambito non è prioritario. Inoltre le frontiere chiuse (o difficili a passare) rendono problematici o pericolosi gli spostamenti, Se a questo aggiungiamo le espulsioni della Tunisia, Algeria e Libia allora il quadro si avvicina al drammatico. Si cerca di essere presenti e di offrire un luogo di ascolto, aiuto e ‘riumanizzazione’ nel contesto di una violenza che mortifica l’umano”.