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Non solo Leonardo. L’Ultima cena di Gesù nell’arte pittorica

Dai mosaici di Ravenna a Salvador Dalì

Plautilla Nelli, Ultima cena, dettaglio |  | www.smn.it Plautilla Nelli, Ultima cena, dettaglio | | www.smn.it

Giovedì santo, il ricordo dell’Ultima cena di Cristo: i dodici Apostoli sono accanto a Lui. Il momento è importante, solenne: in questa cena, l’istituzione dell’Eucaristia. “Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”, così descrive la scena l’evangelista Matteo.

E a descriverla con colori e forme ci hanno pensato, nel corso della storia dell’arte, innumerevoli artisti: nel corso dei secoli, infatti, sono tanti i pittori che si sono confrontati con queste parole, cercando di immaginare quel momento. L’umanità si sposa con il divino in quell’atto che ha tutto il sapore di quotidianità, se vogliamo. Ma non è una “semplice cena” perché è l’Ultima cena di Gesù con gli Apostoli prima di vivere la sua Passione.

Il viaggio all’interno di queste raffigurazioni che AciStampa propone ai suoi lettori inizia con quella che è considerata dalla critica dell’arte come una delle più antiche rappresentazioni dell’episodio evangelico. E’ L’Ultima cena, conservata nell’antica basilica di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, databile intorno al VI secolo. Cristo - vestito con abito purpureo, il viso con barba folta, il capo con il nimbo crucisegnato - è rappresentato con i dodici Apostoli attorno ad un tavolo tricliniare a forma di ferro di cavallo. Sullo sfondo, un bellissimo oro. Un elemento va evidenziato: manca il vino, mentre al centro della tavola, su un vassoio, trovano posto due grossi pesci, chiaro riferimento al miracolo della moltiplicazione.

Facciamo un salto di secoli. Ci troviamo di fronte a una delle più famose rappresentazioni sacre di tutti i tempi, divenuta icona dell’episodio evangelico in tutto il mondo. E’ L’Ultima cena di Leonardo da Vinci, capolavoro indiscusso dell’arte pittorica del Rinascimento - commissionato a Leonardo nel 1494 da Ludovico il Moro per abbellire il refettorio del convento attiguo al Santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano - divenne ben presto un modello imitato e studiato da generazioni di artisti.

Da Leonardo al Perugino: la sua Ultima cena è un affresco, databile al 1493-1496,  conservato nel Convento di Fuligno a Firenze. La grande opera mostra una tavola a ferro di cavallo: attorno a questa vi sono Gesù e gli Apostoli, seduti su uno scranno continuo; la spalliera degli scranni è di colore verde. A questo impianto fa eccezione, ovviamente, Giuda Iscariota che si trova dall'altra parte della tavola; è di spalle, con lo sguardo rivolto allo spettatore dell’opera. Di sfondo, dietro ai personaggi principali dell’opera, si apre un vasto loggiato, inscritto nell'architettura reale del refettorio dove è conservato l’affresco: sono rappresentate  tre campate di archi a tutto sesto; sullo sfondo di questa architettura si apre un vasto paesaggio naturale nel quale troviamo la scena dell'Orazione nell'orto del Getsemani.

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Dalle tinte scure e colma di pathos è L’Ultima cena del Tintoretto, realizzata intorno al 1592-1594 e conservata nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia. Un impianto profondamente teatrale è quello che predomina nell’opera: il tavolo al quale sono seduti Gesù e gli apostoli non è posto di fronte allo spettatore, bensì in una prospettiva angolare che riesce a dare vasta profondità a tutto il dipinto. Vi è poi anche un altro dettaglio: al cospetto di quella di Leonardo, L’Ultima cena del Tintoretto presenta il momento dell’istituzione dell'Eucaristia; non c’è spazio all’episodio del tradimento. E’ affascinante il gioco di luci che l’artista crea nella scena: da una parte, in alto a sinistra del quadro, una lampada ad olio illumina flebilmente la scena; mentre la luminosità è data soprattutto dalle aureole dei personaggi coinvolti. A sinistra, accanto a un altro tavolo che s’intravede appena, troviamo diverse figure che animano il quadro: sono i servitori della taverna nella quale Tintoretto ambienta il tutto.

Fra tanti nomi di artisti, spicca quello di una donna, Plautilla Nelli (1524-1588). Stiamo parlando dell’unica Ultima cena conosciuta di una pittrice d’età moderna. L’opera è lunga quasi sette metri ed  fra le più grandi opere al mondo eseguite da una donna. L’artista, una religiosa domenicana, sfidò le convenzioni sociali dipingendo le figure della sua Ultima cena a grandezza naturale.  La scena: Cristo rivela che sarà tradito e lo fa emulando la leonardiana idea di ritrarre gli Apostoli nel dinamismo delle loro emozioni.

Roma, Galleria Borghese. Qui troviamo uno dei capolavori della pittura italiana del XVI: è L’Ultima Cena di Jacopo Bassano. L'artista, seppur si sia ispirato al famoso dipinto leonardesco, se ne differenzia per la drammaticità della scena, caratterizzata da pescatori scalzi nel momento decisivo in cui Cristo denuncia il tradimento di Giuda. Colpisce che sulla bianca e linda tovaglia si trovi un’ombra rossa: è determinata dalla brocca del vino che si trova al centro della tavola. Un’ombra, il simbolo del sangue che da lì a poco sarà versato da Cristo sulla Croce.

Anche il Novecento ha la sua Ultima cena: è una delle più enigmatiche, “immaginata” dall'eclettico artista Salvador Dalì. Il dipinto è assolutamente del tutto originale, innovativo, e provoca allo spettatore anche un certo sconcerto, a cominciare dall’ambientazione. La scena è ritratta  all’interno di un ambiente con pareti trasparenti a forma di dodecaedro, poliedro a dodici facce, dodici come il numero degli apostoli. Al centro della bianchissima tavola - spoglia, che accoglie soltanto un pane spezzato e un bicchiere di vino - c’è Gesù Cristo; intorno a Lui, i dodici apostoli che, a capo chino, sono in silenziosa preghiera. Il tutto è avvolto da una luce che si irradia sopra Cristo e che illumina anche tutta la scena: sembra quasi già di essere avvolti dalla Luce della luminosa alba della Pasqua.