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Donne di Rita, la storia di Anna Jabbour, profuga siriana che prega la santa di Cascia

Una delle tre donne premiate per il loro impegno per la riconciliazione e il perdono

Anna Jabbour durante la sua testimoninza in Vaticano |  | Vatican Media Anna Jabbour durante la sua testimoninza in Vaticano | | Vatican Media

A Cascia nella festa di santa Rita tre donne riceveranno il riconoscimento del premio internazionale ‘Donne di Rita’: Cristina Fazzi, che da medico nello Zambia cura i bambini che sono gli ultimi della società; Virginia Campanile, che ha perso suo figlio ma è mamma per tanti genitori e ragazzi in difficoltà, e Anna Jabbour, profuga siriana che per sua figlia ha attraversato la guerra divenendo testimone di pace. ‘Donne di Rita’, sono chiamate le donne scelte per il prestigioso Riconoscimento Internazionale Santa Rita, che dal 1988 premia donne che come Rita da Cascia sanno incarnare i valori su cui si fonda il presente, che lunedì 20 maggio alle ore 10.00 nella Sala della Pace del Santuario di Santa Rita a Cascia condivideranno le loro testimonianze; mentre martedì 21 maggio alle ore 17.30 nella Basilica, riceveranno il Riconoscimento:

Cristina Fazzi, medico di Enna (Sicilia), che riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per il rispetto, la giustizia e l'amore con cui nei suoi 24 anni di servizio, professionale e umano, nello Zambia, in Africa, ha protetto la vita e costruito il futuro di tante persone nelle aree di estrema povertà, con un'attenzione speciale ai bambini e ai giovani, in una società dove sono ultimi tra gli ultimi, spesso abusati e maltrattati: ha creato il primo centro di salute mentale del Paese per i minori e progetti formativi, per generare opportunità di cambiamento e realizzazione;

Virginia Campanile vive a Otranto (Lecce) e riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 perché dal dolore indescrivibile per la perdita del figlio Daniele e dalla libertà e pace acquisite grazie al perdono offerto a chi ne ha causato la morte in un incidente stradale, ha fatto nascere un ‘investimento d’amore’ che condivide con gli altri: ascoltando e aiutando tanti genitori toccati dal lutto a ritornare a vivere e impegnandosi coi giovani per tutelarli nella fragilità sociale e psicologica, accompagnandoli a riscoprire la bellezza della vita.

Anna Jabbour, nata ad Aleppo (Siria) ma oggi vive a Roma, riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per la testimonianza di pace, fratellanza e fede che incarna con la sua storia, da profuga di guerra a mamma di speranza e coraggio per sua figlia e allo stesso tempo per tutti coloro che incontra, non avendo mai perduto il forte desiderio di sognare e impegnarsi per un futuro di umanità e unione che possa cancellare ogni odio e sofferenza:

“Sono Anna, sono una cristiana di Aleppo. Penso molto spesso alla mia città, era bellissima. Con Subhi, mio marito, non volevamo lasciarla, abbiamo resistito fino al 2016. Avevamo la nostra vita tranquilla lì: le famiglie, il lavoro, gli amici, la parrocchia, i nostri sogni erano lì.  Speravamo che la guerra finisse invece peggiorava di giorno in giorno. Uscivamo di casa e non sapevamo se saremmo tornati. Abbiamo visto morire vicini e amici, le bombe cadevano nell’ultimo periodo come una pioggia, tutte le persone urlavano, le sirene, i morti, i feriti, la distruzione ovunque, era un incubo. La nostra piccola Pamela era appena nata, aveva un mese, e per salvare lei abbiamo deciso di lasciare tutto e partire”.

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Quale è stato il vostro ‘viaggio’ per giungere in Italia?

“Siamo andati verso il Libano ma anche lì la situazione era in peggioramento. Poi c’è stata l’esplosione del porto il 4 agosto 2020. Beirut è stata per metà distrutta, anche noi siamo rimasti un'altra volta senza casa. Non potevamo più vivere nemmeno in Libano. Ci siamo messi a cercare. Abbiamo sentito parlare dei corridoi umanitari, ci sembrava un sogno: la possibilità di vivere in pace, tranquillità, lavorare e impegnarci nella società, la possibilità per Pamela di vivere una vita ‘normale’.

Quando abbiamo fatto il primo colloquio, finalmente vedevamo un pò di luce, si era riaccesa la speranza. Siamo arrivati in Italia pochi giorni prima di Natale di quattro anni fa, veramente per noi era Natale, una nascita nuova per noi. Erano già passati quattro anni… Tutto era diverso: fin dall’arrivo. Le persone ci sorridevano, ci accoglievano con i fiori, erano preoccupati per noi. Nei mesi seguenti abbiamo iniziato a scoprire Roma e l’Italia, imparando la lingua. Mia figlia ha iniziato subito la scuola. Non ci siamo mai sentiti soli, gli amici della Comunità di Sant’Egidio ci hanno preso per mano e ci hanno insegnato a camminare. Fanno la cosa più bella del mondo: ti danno speranza, la cosa fondamentale per chi ha vissuto nel buio della guerra”.

Come si trova in Italia?

“Oggi siamo sereni, mio marito lavora in una ditta di pulizie e io lavoro con una signora anziana, abitiamo vicino a lei. Pamela è felice di studiare e di avere gli amici della scuola. Abbiamo pensato di restituire il dono che abbiamo ricevuto e allora ci siamo impegnati. Un mese fa il terremoto che ha colpito la Siria e la Turchia ci ha buttato di nuovo nell’angoscia, ho pensato alla gente di Aleppo che aveva già sofferto tanto, ci chiediamo perché? Perché tutto questo male? alcuni miei amici qui hanno perso familiari, tanta gente vive per la strada e ha perso quel pochissimo che aveva.

Prego e vorrei aiutare per dare loro una speranza. Santità, la ringrazio perché lei vuole bene ai migranti, prega e lavora per la pace.  in Siria tutti sappiamo che Lei non ci ha dimenticato e ci ama.

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Alla fine posso dire che ho lasciato il mio amato paese, ma Dio mi ha mandato in un Paese che mi rispetta e mi dà sicurezza.

Vedo mia figlia felice. Stiamo andando avanti poco a poco ed abbiamo speranza per un futuro migliore non dimenticando mai ciò che il Signore e santa Rita hanno fatto per me La mia piccola famiglia... questa è la mia umile storia.  Io lavoro, mio marito lavora e mia figlia va a scuola; abbiamo fatto tante amicizie e ci sono giorni in cui andiamo ad aiutare i poveri con i ‘Corridoi Umanitari’, in quanto i volontari della Comunità di Sant’Egidio hanno molto a cuore i poveri e li aiutano; e stanno vicino anche a molti anziani soli”.

Dopo 14 anni la guerra in Siria ancora continua: cosa significa credere nella pace?

“Come persona cristiana, sono ancora viva perché credo che il mio Dio è un Dio di pace e di amore. La pace è una cosa reale. Prego sempre per il mio caro Paese, la Siria. Ho una grande speranza di vederla vivere in pace e desidero che i bambini vivano felici”.

Cosa vuol dire lasciare il proprio Paese?

“Lasciare il mio Paese è stata una delle cose più difficili che ho fatto nella mia vita... E’ difficile lasciare il tuo Paese, la tua casa, la tua chiesa e la tua famiglia: è stato difficile lasciare il posto dove sono cresciuta, ho studiato, ho vissuto e ho avuto tante persone che amavo. Quando lasci la tua terra, lasci lì un pezzo della tua anima e del tuo cuore: questo purtroppo è tutta colpa della guerra”.

In quale modo la fede può trasformare il dolore?

“La fede ha un ruolo importante nell’alleviare il dolore: durante la guerra molti dei nostri amici e parenti sono morti. Il dolore era indescrivibile, ma la preghiera e la fede ci hanno aiutato molto ad alleviare il dolore. Infatti quando metti le tue ferite, il tuo dolore e le tue paure nelle mani di Dio tutto diventa migliore nella tua vita”.

Come si viveva ad Aleppo?

“Vivere ad Aleppo è stato molto bello: eravamo molto felici! Tutti erano felici con un solo cuore e un’anima sola... E’ un paese di cultura, bellezza e storia: le sue chiese, moschee e strade, tutto è bello.. La sua gente è buona, istruita, lavoratrice... Aleppo è veramente speciale”.

Quale è il suo rapporto con santa Rita da Cascia?

“Il mio rapporto con Santa Rita è un rapporto molto bello. Dal primo momento in cui ho visto la sua foto ed ho chiesto di Lei ad uno dei sacerdoti. Quando ho conosciuto la sua storia, sono rimasta molto colpita. Ho iniziato a indossare il suo abito nel mese di maggio ogni anno e vado nella sua chiesa a pregare per lei... Durante la guerra e nei momenti di estrema paura, pregavo sempre Gesù e Lei, che ci ha aiutato e ci ha protetto molto in tante situazioni. Vorrei dire che l’intercessione di santa Rita per le cose impossibili mi ha toccato in molte situazioni della mia vita. Nelle mie preghiere ringrazio sempre il Signore,e Santa Rita ...per dove siamo oggi(la cosa più importante é vivere in pace”.

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Cosa ha provato per questo riconoscimento internazionale?

“Il mio sentimento di felicità non si può descrivere. Santa Rita continua a mandarmi doni; sono sicura che mi ascolta sempre e sa cosa c’è nel mio cuore e nei miei pensieri. Questo riconoscimento internazionale significa molto per me e per mia famiglia. Santa Rita, mi hai rafforzato; mi ha reso paziente e capace di sopportare le difficoltà con gioia e fede”.