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«Se nella carità non diamo anche Cristo, non diamo abbastanza»

Il teologo austriaco Anton Lässer spiega come tenere viva la fede attraverso gioia e gratitudine

Padre Passionista Anton Lässer |  | ACN International
Padre Passionista Anton Lässer | ACN International
Padre Passionista Anton Lässer |  | ACN International
Padre Passionista Anton Lässer | ACN International

Da poco meno di due anni il Padre Passionista Anton Lässer è assistente ecclesiastico dell’Opera pontificia ACN International (Aiuto alla Chiea che Soffre). Prima di accettare questo incarico era rettore e direttore dei Pellegrinaggi del Monastero di Maria Schutz, membro del Consiglio dei Sacerdoti dell’Arcidiocesi di Vienna, docente presso il collegio Heiligenkreuz e dirigente di una piccola organizzazione caritatevole ad Augusta. Padre Lässer spiega ad Acistampa come tenere viva la scintilla delle fede nelle persone, che siano fedeli o impiegati in una organizzazione caritativa.

Il bisogno delle persone nel mondo è enorme. Come assistente spirituale, come cerca di ispirare i suoi colleghi di ACN?

La prima cosa che ho cercato di fare è stata quella di organizzare la Santa Messa quotidiana, qui nella sede centrale. Abbiamo il Rosario tutti i giorni. Abbiamo i Vespri e le Lodi quotidiane. Ho invitato due suore a lavorare qui con noi. È arrivato un secondo sacerdote che è già in pensione ma può essere presente quando sono in viaggio. E un terzo ha iniziato il 1° dicembre a occuparsi di Youcat. Da questo punto di vista, la vita spirituale nell’ufficio è diventata molto più forte. Fornisco sostegno e cura pastorale al personale e quello che dico loro più spesso è che se non portiamo Cristo nei progetti che, grazie alle donazioni, realizziamo nel mondo, non stiamo dando abbastanza. E se non proclamiamo la fede cattolica, nella nostra raccolta fondi, allora stiamo dando troppo poco anche ai donatori.

In che modo l’essere Passionista la ispira nel suo lavoro?

È un carisma molto adatto ad ACN, perché ovviamente cerchiamo di dare un aiuto materiale. Ma se consideriamo che realizziamo progetti in 1.400 diocesi di 140 Paesi, per un totale di 5,5 mila progetti all’anno, si può dire che nel complesso si tratta di una goccia nel mare, in termini di aiuti materiali. Alla luce del crescente bisogno nel mondo, si potrebbe quasi dire che non c’è speranza. Ma è esattamente ciò che non è. La spiritualità di base dei Passionisti è incentrata sulla Croce. Il fondatore del nostro ordine ci invita a contemplare le virtù e l’amore del Crocifisso sulla Croce, perché sulla Croce si vede il culmine dell’amore di Dio per l’uomo. E in questo senso, credo che ACN e il carisma passionista abbiano davvero qualcosa da offrire.

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Lo scorso novembre si è svolta la Settimana Rossa per i cristiani perseguitati, con una straordinaria partecipazione di persone e uffici nazionali in tutto il mondo. Come si spiega questa grande partecipazione?

In primo luogo, la gente sta sperimentando, attraverso i media, un mondo in difficoltà crescente, guerre e terrore in aumento ovunque. Si ha l’impressione che non ci sia molto che la persona singola possa fare, anche se ovviamente questo non è vero per chi è cristiano. Ma questa è l’impotenza che si sente. E questo della Red Week è un modo per esprimere solidarietà. Molti cristiani non sanno che il cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo. E credo che alcuni vogliano che questo aspetto sia maggiormente rappresentato nel dibattito pubblico. Infine sono convinto che tutti possano in qualche modo identificarsi con l’aiuto ai cristiani in difficoltà. E quindi questo tipo di apostolato ha anche un effetto unificante, per esempio all’interno di una parrocchia. Questo potrebbe essere un buon argomento per spiegare perché si celebra il Red Wednesday (il Mercoledì Rosso, ndr).

Secondo lei sta diventando più difficile professare la propria fede qui nell’Occidente cristiano? Vede segnali preoccupanti o, al contrario, segnali di speranza?

Per molto tempo siamo stati probabilmente una società cristiana e molti si sono lasciati trascinare dalla corrente. Oggi questo non è più possibile. Oggi dobbiamo prendere una decisione. “Voglio essere cristiano o no?“ Nelle scuole, oggi, quasi nessuno degli alunni ama dire: “Sono cattolico“. Ci si vergogna, si sa che si finirebbe per essere emarginati. Ma chi si fa valere sviluppa anche una nuova forza. Quindi bisogna vedere entrambe le cose. Senz’altro professare la propria fede diventerà più impegnativo. Alcuni pensano che stiamo entrando in una vera e propria situazione di persecuzione, anche nei Paesi cristiani. Vedremo come andrà a finire. Ma la nostra è una speranza soprannaturale, nessuno può cancellare la vittoria pasquale di Gesù.

Diamo uno sguardo alla situazione in Germania, dove lei vive. Ogni anno, sempre più persone abbandonano la Chiesa tedesca. Qual è la scintilla, per così dire, che riaccende la fede nelle persone?

È un argomento molto complesso e stratificato e non voglio dare risposte semplicistiche. Posso dire che la Chiesa viene dall’assolutismo. Abbiamo avuto 2000 anni di assolutismo. Nell’assolutismo, le virtù principali sono l’obbedienza e il compimento del dovere. Ma noi, oggi, non viviamo in una società di questo tipo. Viviamo in una società dell’arbitrio. Ciò significa che non posso più dire ad una persona: “Devi fare questo e quello, altrimenti sei un grande peccatore“. Questo non è più sufficiente. Oggi nella Chiesa di lingua tedesca abbiamo spesso una predicazione molto superficiale, con elementi sociali e psicologici orizzontali. Secondo la mia esperienza, quanto più chiaramente e decisamente professiamo la nostra fede con gratitudine e gioia, tanto più la fede stessa diventa attraente per gli altri.

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