“Mi interessano l’ingegno umano, l’idea del bene e ritengo importante il dialogo costruttivo tra persone e popoli. Padre Matteo Ricci rappresenta questo per tre motivi: è missionario in Oriente, scienziato, scrittore, sinologo, cartografo, matematico; contribuisce al confronto tra fede e scienza, teorizza il dialogo e l’amicizia tra popoli e persone. L’opera travalica i generi classici di scrittura (per esempio poema, teatro), esplora nuove forme espressive basate su un interscambio tra nuovo linguaggio e rimandi alla classicità. La precede un saggio di Andrea Fazzini: ‘La dimensione teatrale dell’opera’. Autore della postfazione è Dario Grandoni, presidente della ‘Fondazione p. Matteo Ricci’, con la quale si è collaborato per la pubblicazione e la presentazione”.
Per quale motivo ha cercato un dialogo con l’Oriente?
“Matteo Ricci, uomo onnisciente e conoscitore del Rinascimento europeo, favorisce la relazione tra le due civiltà più importanti della storia del tempo: l’Europa cristiana, impregnata di Umanesimo e di Rinascimento, e la Cina, sotto la dinastia dei Ming. Porta avanti con tenacia questo incontro di culture, che si estende, in particolare, a temi di astronomia, costumi, governo, principi etici e verità rivelata”.
In quale modo ha cercato di coniugare la sapienza occidentale con la sapienza orientale?
“E’ un grande merito del gesuita aver fatto conoscere alla Cina la cultura europea, coinvolgendo importanti ‘literati’ e funzionari cinesi a lui contemporanei e contribuendo ad abbattere il muro di reciproco sospetto. Egli riesce a conquistare rispetto e ammirazione attraverso la conoscenza del pensiero cinese e mettendo a disposizione il sapere occidentale, in particolare l’arte della memoria, la matematica, la geografia e l’astronomia. Ricci rileva delle somiglianze tra la cultura confuciana e le filosofie greca e latina. Al tempo stesso, il tema dell’amicizia è fondamentale anche nel confucianesimo, in cui i rapporti con gli uomini e i familiari sono la base, secondo Confucio, su cui si costruisce uno Stato solido e duraturo”.
E’ possibile una ‘conciliazione’ tra culture?
“E’ possibile attraverso il dialogo. Nella scena ‘Dialogo sulla dottrina del Signore del Cielo’, si riporta il dialogo tra il pensiero di un letterato cinese e quello di un letterato occidentale, in parte tratto dall’opera di Matteo Ricci ‘Il vero significato del Signore del Cielo’. E’ anche possibile attraverso l’unità di armonia, sapienza e bellezza. Nell’Epilogo le parole finali della Madre del Cielo cercano di descrivere lo stato di bellezza, gioia, sapienza e amore, di un aldilà, che ricorda la vita nella terra secondo virtù. E’ proprio partendo dai principi di unità, sapienza e armonia che la cultura cinese e quella europea possono trovare un punto di incontro. E’ partendo dalla diversità come risorsa e dalla combinazione di diverse arti, che con amicizia e armonia, le due società possono dialogare sui diversi piani culturale, antropologico, teleologico e scientifico”.
Negli anni scorsi ha pubblicato anche un oratorio sacro su p. Ricci (‘Alla corte del signore del cielo’): quanto è importante il gesuita maceratese per il dialogo interreligioso?
“Padre Matteo Ricci è consapevole che il dialogo con la Cina sia importante per la convivenza pacifica tra i popoli e per la diffusione del cristianesimo nel mondo, per questo non crea dei cortocircuiti né sminuisce la grande cultura di quel popolo, imponendo una visione occidentale. Capisce che in Cina deve confrontarsi con una civiltà grande al pari di quella europea. E’ consapevole della sfida e l’accetta, utilizzando, oltre la Bibbia, la mediazione del pensiero confuciano, del pensiero umanistico e in particolare del pensiero scientifico”.
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