Roma , venerdì, 18. aprile, 2025 14:00 (ACI Stampa).
La Passione di Cristo, nel corso dei secoli, ha ispirato non pochi musicisti. In una nota, il dolore della Vergine, in una pasusa musicale tutto il silenzio del Cristo davanti alla morte. Attimi, struggenti, che sul pentagramma divengono note, tempi in 3/4 o in 2/4: dipende dal tempo che il musicista ha scelto. Oratori barocchi e composizioni più moderne si intrecciano per narrare la Passione di Cristo, cioè gli avvenimenti inerenti agli ultimi momenti della sua vita: arresto, morte e resurrezione.
Fra i tanti nomi, certamente, è impossibile non ricordare il compositore tedesco Johann Sebastian Bach che ci ha donato due composizioni: la “Passione secondo Giovanni”, del 1724; e quella “secondo Matteo", del 1727. Quest’ultima, forse la più famosa, è la trasposizione musicale dei capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo in traduzione tedesca, preceduta e inframezzata da cori, recitativi, arie e corali su testi di Picander (pseudonimo di C. F. Henrici) che svolgono il ruolo di “commento”. L'opera si articola in 68 numeri musicali divisi in due parti. Con un salto funambolico, nel nostro vicino Novecento, troveremo il compositore polacco Krzysztof Penderecki alle prese, nel 1966, con la composizione “Passio et mors Domini nostri Jesu Christi secundum Lucam”.
Ma il Venerdì Santo richiama alla memoria un’altra composizione assai famosa: è lo “Stabat Mater”, il dolore della Madre davanti al Figlio sulla croce. In questo caso, i nomi da annoverare sono molti: fra tutti, tre, Giovanni Battista Pergolesi, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi.





