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Bach, Pergolesi, Rossini e Verdi davanti alla Croce di Cristo

Un viaggio nelle composizioni sacre: Le "Passioni" di Bach e lo Stabat Mater dei grandi musicisti italiani

Giotto, Crocifissione | Giotto, Crocifissione | Credit pd Giotto, Crocifissione | Giotto, Crocifissione | Credit pd

La Passione di Cristo, nel corso dei secoli, ha ispirato non pochi musicisti. In una nota, il dolore della Vergine, in una pasusa musicale tutto il silenzio del Cristo davanti alla morte. Attimi, struggenti, che sul pentagramma divengono note, tempi in 3/4 o in 2/4: dipende dal tempo che il musicista ha scelto. Oratori barocchi e composizioni più moderne si intrecciano per narrare la Passione di Cristo, cioè gli avvenimenti inerenti agli ultimi momenti della sua vita: arresto, morte e resurrezione. 

 

Fra i tanti nomi, certamente, è impossibile non ricordare il compositore tedesco Johann Sebastian Bach che ci ha donato due composizioni: la “Passione secondo Giovanni”, del 1724; e quella “secondo Matteo", del 1727. Quest’ultima, forse la più famosa, è la trasposizione musicale dei capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo in traduzione tedesca, preceduta e inframezzata da cori, recitativi, arie e corali su testi di Picander (pseudonimo di C. F. Henrici) che svolgono il ruolo di “commento”. L'opera si articola in 68 numeri musicali divisi in due parti. Con un salto funambolico, nel nostro vicino Novecento, troveremo il compositore polacco  Krzysztof Penderecki alle prese, nel 1966, con la composizione “Passio et mors Domini nostri Jesu Christi secundum Lucam”.

 

Ma il Venerdì Santo richiama alla memoria un’altra composizione assai famosa: è lo “Stabat Mater”, il dolore della Madre davanti al Figlio sulla croce. In questo caso, i nomi da annoverare sono molti: fra tutti, tre, Giovanni Battista Pergolesi, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi. 

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Nello “Stabat Mater” di Pegolesi (1735) troviamo tutto il gusto del barocco.  Tutto respira di una divina armonia impregnata di un gusto musicale tipico del ‘700 napoletano. Lo schema dell’organico impegnato nel suo Stabat Mater è molto semplice ma di grande fascino: la presenza del soprano e del contralto, ad esempio, conferisce a questa composizione un certo senso “fenminile”:  la Vergine Maria è protagonista delle note di Pergolesi che sembrano quasi danzare fra loro, accanto a questa Madre che piange il Figlio sulla Croce. 

 

Nello Stabat Mater di Rossini (1831-1841), il compositore pesarese ha musicalmente come il desiderio di andare oltre, di superare alcuni schemi dell’Ottocento in cui però, alla fine, rimane ancorato. Il suo è un romanticismo “composto” - così si potrebbe definire - che mai si addentra fino in fondo nel dolore di Maria anche se lo sviluppa in maniera molto profonda e intima.

 

In quello composto da Verdi (1897) troviamo uno dei più affascinanti Stabat Mater mai composti. La composizione fa parte dei suoi Quattro pezzi sacri: un Te Deum, un’Ave Maria, il Salve Regina di Dante Alighieri, e appunto, lo Stabat Mater. Colpisce, di tutta la composizione, soprattutto il finale: il dolore di Maria sotto la Croce trova poi la luce del Paradiso del Cristo Risorto. La sofferenza di Maria si trasforma grazie a un crescendo di tutta l’orchestra e poi i violini - con l’arpa - che sembrano accompagnare Cristo nella Resurrezione.

 

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