Perché fare impresa sociale in carcere?
“La nostra sfida è stata quella di organizzare il lavoro di una cooperativa sociale (e quindi non-profit) come una qualsiasi impresa commerciale (produzione, logistica, marketing…). Ma con una differenza: ogni settore può (e deve) soccorrere gli altri in caso di bisogno. Ognuno di noi è cliente e fornitore dell’altro. Fare impresa sociale non è un ossimoro e persino in carcere lo abbiamo sperimentato”.
Quanto è importante il lavoro per chi vive in carcere?
“E’ fondamentale. Fa sentire le persone vive e soprattutto consente loro di riacquistare dignità e con il tempo una nuova identità. Ricevere una busta paga per chi vive in carcere rappresenta un motivo di riscatto ed autostima. Le persone riescono a mantenere i figli fuori, ad avere una vita più decorosa e non sono un peso per chi sta fuori dal carcere. La percezione del tempo è completamente diversa tra le donne in stato di detenzione che lavorano e quelle che non lavorano: per le prime il tempo vola, per le altre il tempo non passa mai”.
In cosa consiste questa economia ‘circolare’?
“Abbiamo dimostrato che in un contesto di disagio si può fare qualcosa di impossibile. Dalla prigione si può creare un’economia circolare, dove tutti gli attori vincono coniugando etica ed estetica. Non solo vincono quelle donne che riacquistano una dignità ricostruendo il loro percorso di vita, ma diventa protagonista anche il mercato, che acquista oggetti rigenerati e sostenibili”.
In quale modo ‘Made in carcere’ può diventare un modello di giustizia riparativa?
“Made in carcere è un modello che dà spazio a tante altre realtà, perché è pieno di sfaccettature, perché esso è un metodo. Anche la consapevolezza che queste persone hanno commesso un reato e stanno ‘pagando’ aiuta a capire che hanno commesso un reato con la possibilità di riparare al danno”.
Con i ragazzi ha scelto anche di dare vita ad una linea che si chiama ‘pane di vita’?
“Realizziamo nel carcere di Bari una forma di panettone con fichi secchi, mandorle e nocciole tostate ed ha un sapore fantastico combinato con il lavoro di questi ragazzi, che vivono un momento difficile, in quanto non hanno riferimenti di adulti, che li aiutano ad imparare a sognare, sperare ed avere fiducia in se stessi. Con ‘Pane di vita’ facciamo questo”.
Onorificenza al merito della Repubblica Italiana, Premio ‘Madre Maria Teresa Fasce’ a Cascia e premio ‘La Fornarina’ a San Ginesio sono alcuni riconoscimenti ricevuti in questi anni: cosa si prova a ricevere questi premi?
“Sono forti emozioni perché ripagano di tutta la fatica quotidiana fatta ed avere riconoscimenti così importanti e profondi. Dedico questi riconoscimenti a tutte le colleghe e colleghi, partner, ambassador, imprenditori, manager e altri stakeholder di questo lungo viaggio che continua con tanti prossimi progetti”.
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