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A Venezia torna a splendere il trittico della "Cappella d'oro"

Un restauro del gotico veneziano nella chiesa di San Zaccaria ripercorre la storia artistica della città lagunare

Il lavoro di restauro delle tavole del Trittico della Vergine  |  | Patriarcato di Venezia
Il lavoro di restauro delle tavole del Trittico della Vergine | | Patriarcato di Venezia
Il Trittico della Vergine  |  | Patriarcato di Venezia
Il Trittico della Vergine | | Patriarcato di Venezia
Uno dei tre trittici  |  | Patriarcato di Venezia
Uno dei tre trittici | | Patriarcato di Venezia
Uno dei tre trittici  |  | Patriarcato di Venezia
Uno dei tre trittici | | Patriarcato di Venezia

Il dolce sguardo di Maria e il confortante viso del Figlio nella sia braccia e poi i santi e l'oro dei legni emergono nella penombra di nuovo nello splendore che devono aver avuto nel momento in cui sono stati collocati nella Cappella di San Tarasio, nella Chiesa di San Zaccaria a Venezia.

Un lungo restauro  del Polittico della Vergine, di Antonio Vivarini e di Giovanni d’Alemagna e dell’intagliatore Ludovico da Forlì per la preziosa cornice lignea, realizzato tra il 1440 e il 1443  ha concluso un lungo e complesso intervento dell’ICR, che ha portato al risanamento dell’intero gruppo di tre preziosi polittici, realizzati secondo un progetto unitario dalla bottega di Antonio Vivarini per la Cappella di San Tarasio. 

Cinque tavole con la Vergine in trono con il bambino, San Marco, Santa Elisabetta, San Biagio e San Martino compongono la grandiosa struttura che all’interno di una complessa cornice lignea dorata, dipinta e arricchita da busti di santi scolpiti in legno, che sul verso sono  un grande armadio-reliquiario, dove sono dipinti, sugli sportelli, i santi dei quali erano conservate le reliquie. 

In realtà, solo 2 delle 5 tavole restaurate nei laboratori ICR appartengono all’originario assetto del polittico Vivarini e sono di mano del pittore di Murano e del suo socio Giovanni d’Alemagna: sono quelle raffiguranti San Marco e Santa Elisabetta, collocate alle due estremità del polittico. Le altre 3 tavole, quelle centrali raffiguranti la Vergine in trono con il bambino, San Biagio e San Martino, provengono da un altro polittico smembrato e sono opera del pittore Stefano “pievano di Sant’Agnese”, come lo stesso artista si firma nella tavola centrale raffigurante la Vergine, datando al contempo l’opera al 1385.

Un inserimento che si deve ad un altro restauro eseguito nel'800 nel quel si sostituirono le 3 tavole originali della bottega Vivarini, ormai in pessime condizioni, con le opere di Stefano recuperate da un altro polittico della Scuola dell’Arte dei Forneri a Santa Maria dell’Orto. 

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Si tratta di un'ultima tappa del restauro di tre polittici, quello del Corpo di Cristo, quello di Santa Sabina , concepiti secondo un progetto unitario quale corredo del polittico maggiore o della Vergine.

Il Polittico del Corpo di Cristo, era destinato ad accogliere l’ostia consacrata, che veniva allocata nello sportellino centrale decorato con la rappresentazione dell’Imago Pietatis, ossia del Cristo a mezza figura con il corpo offeso dai segni della Passione. Nel polittico di Santa Sabina, era invece custodita la preziosa reliquia del sangue di Cristo, che trovava posto nello sportello individuato dalla figura di un Angelo a mezzo busto colto nell’atto di svolgere il cartiglio recante l’iscrizione Hic est sanguinis Christi. 

A differenza del Polittico della Vergine, dove le tre tavole centrali sono state sostituite nell’Ottocento sia nel Polittico del Corpo di Cristo che in quello di Santa Sabina i pannelli figurativi sono tutti originali e riconducibili alla mano di Antonio Vivarini e di Giovanni d’Alemagna. 

A custodire questi capolavori è la Cappella di San Tarasio detta anche “Cappella d’oro” costruita e decorata tra il 1440 e il 1443 su iniziativa della potente badessa Elena Foscari, sorella del celebre Francesco, il doge più longevo nella storia della Serenissima. La magnifica decorazione celebrava l’importanza della Chiesa di San Zaccaria, che, per il fatto di essere prossima alla Basilica di San Marco e di possedere il più importante patrimonio di reliquie di Venezia, era considerata di fatto una sorta di seconda cappella dogale, meta di processioni e visite che coinvolgevano gli stessi dogi.

Antonio Vivarini del resto rappresenta uno dei massimi esponenti della pittura tardogotica veneziana nella sua fase finale, quella successiva al passaggio in laguna di Gentile da Fabriano. 

Il progetto di restauro era iniziato nel 2013 e in nove anni l’Istituto Centrale per il Restauro ha recuperato i tre trittici.

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