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Al Teutonico i funerali di Cesar De Vroe, il “barbone di Dio”

La tomba di Cesar De Vroe | I funerali di Cesar De Vroe presso il Cimitero Teutonico mercoledì 11 gennaio 2018 | Marina Testino, Cimitero Teutonico
La tomba di Cesar De Vroe | I funerali di Cesar De Vroe presso il Cimitero Teutonico mercoledì 11 gennaio 2018 | Marina Testino, Cimitero Teutonico
Cesar de Vroe |  | P.B/ Campo Santo Teutonico
Cesar de Vroe | | P.B/ Campo Santo Teutonico

Cesar De Vroe era uno dei tanti clochard che possiedono come casa la strada e come tetto il cielo. De Vroe: niente averi, niente famiglia, niente casa e niente salute. Ma con una caratteristica speciale: la fede. Cesar era chiamato infatti il “barbone di Dio”. I suoi funerali sono stati celebrati al Cimitero Teutonico, in Vaticano, da Monsignor Dirk Smet.

“Come Giobbe finisce nella polvere – osserva Monsignor Dick Smet nella sua omelia - così Cesar finisce sulla strada, barbone, senzatetto. Ma c’era una cosa che Satana non riusciva a rapinare a infrangere a Giobbe: il suo spirito, la sua capacità di riflettere, la sua dignità umana interiore, la sua anima e finalmente neanche la sua fede, la sua fiducia in Dio”.

Si, perché Cesar credeva. Nonostante le sue numerose prove, lui stesso amava definirsi il “barbone di Dio”.

Monsignor Smet lo ricorda: “Anche Cesar era simile a Giobbe: nelle condizioni le più dure, nella sua totale povertà e nel suo più grande abbandono, egli sapeva mantenere sempre una certa intelligenza, un’anima sensibile, una grande dignità umana”.

Monsignor Dirk Smet ha scelto come Vangelo per la celebrazione quello che racconta la storia dei Re Magi, perché Cesar si è spento nel giorno dell’Epifania: “I tre Magi, non sono loro “barboni di Dio”? Uomini per strada, uomini in cerca del senso della vita, in cerca di un Dio, che può dargli la pienezza di vita e di felicità. I tre Magi sono uomini di tutti colori e razze, di tutte convinzioni e religioni, di tutti ceti e classi, dotti e semplici, grandi e piccoli, ricchi e poveri, barboni e malati. I tre Magi insomma siamo noi. E come i Magi del Vangelo, così anche noi stiamo guardando una stella che ci guida verso il Bambino di Betlemme, incarnazione dell’infinito amore di Dio per noi uomini”.

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“Un quarto Mago poteva essere il nostro barbone di Dio, Cesar”, conclude Monsignor Smet.

Così per ora finisce la storia di Cesar, con una tomba nel cimitero che per tradizione accoglie i pellegrini, circondato dal suo unico amore: Dio. Una vita, solo apparentemente, ai margini.