Ogni uomo aspira ad “una pienezza di felicità nell’amore”, è questa fame dell’anima che spinge la folla a seguire Gesù, nell’intuizione che le sue sono parole autentiche – “parole di vita eterna” – che svelano e portano a compimento il mistero dell’esistenza. Ora, in ogni rapporto di comunione, soprattutto sponsale, viene il momento in cui – da sole – le parole non bastano più. Si fa allora prepotente l’esigenza del dono totale di sé, che quelle parole invera. L’Eucaristia è proprio questo dono, dove la Parola si fa Carne e Sangue, Pane che nutre di grazia la vita, principio e forza di un nuovo modo di stare nel mondo. Entrare nel dinamismo eucaristico significa lasciarsi plasmare da Cristo, affidarsi al suo amore obbediente, farsi condurre dallo Spirito. Mangiare questo Pane non può, quindi, ridursi a un’abitudine, né a un gesto di amicizia fraterna; è aprirsi a Colui che è così grande da farsi tanto piccolo! È divenire come la goccia d’acqua versata nel calice del vino fino a ritrovare se stessi nel mistero di Dio, capaci di nuove relazioni con tutti”. Così il Cardinale Angelo Bagnasco spiega il senso dell’Eucaristia nell’omelia della messa conclusiva del Congresso Eucaristico Nazionale che si conclude oggi a Genova.

L’Eucaristia - ricorda il porporato - è “nostro pane quotidiano”, perché “ci pone nel noi che è la Chiesa, comunità di fratelli che invocano il pane dell’anima per saper spezzare anche il pane materiale della giustizia e della pace.”

Nel banchetto eucaristico - aggiunge il Presidente della CEI - “abbiamo incontrato il Signore e non noi stessi; abbiamo adorato Dio e non il nostro io.  Le opere di misericordia, tanto raccomandate dal Papa in quest’Anno santo, sono infatti opere eucaristiche: scandiscono la lunga tradizione della Chiesa, ne rendono attuale la storia e interpellano tutta la nostra esistenza”. Tra queste opere vi è anche la colletta indetta in tutta Italia, oggi, destinata alle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto scorso.

Dall’Eucaristia - conclude il Cardinale Bagnasco - deve nascere una vita missionaria che deve coinvolgere ogni categoria della società e della Chiesa. A partire dai giovani “svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore”; le famiglie “Chiesa domestica e scuola accogliente di vita in tutte le sue fasi” a cui le diocesi guardano con “ammirata riconoscenza”; i “diseredati della vita” che devono trovare la nostra prossimità; i consacrati i cui voti dimostrano “che Dio basta a riempire il cuore”; i sacerdoti e i diaconi “in mezzo al nostro popolo ogni giorno”.