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Corpus Domini e Sacra Sindone, un legame indissolubile

La solennità del Corpus Domini chiude il ciclo delle feste del periodo post pasquale e celebra il mistero dell’Eucaristia istituita da Gesù nell’Ultima Cena.

La Sacra Sindone |  | Wikimedia commons La Sacra Sindone | | Wikimedia commons

La solennità del Corpus Domini chiude il ciclo delle feste del periodo post pasquale e celebra il mistero dell’Eucaristia istituita da Gesù nell’Ultima Cena. La ricorrenza è stata istituita grazie ad una suora che nel 1246 per prima volle celebrare il mistero dell’Eucaristia in una festa slegata dal clima di mestizia e lutto della Settimana Santa. Il suo vescovo approvò l’idea e la celebrazione dell’Eucaristia divenne una festa per tutto il compartimento di Liegi, dove il convento della suora si trovava.

Per comprendere meglio la grandezza della festa, abbiamo incontrato a Tolentino il sindonologo, dott. Fabio Quadrini, a cui abbiamo chiesto di spiegarci il motivo per cui la Chiesa celebra la festa del Corpus Domini: “La festa del Corpus Domini è inseparabile dal Giovedì Santo, dalla Messa ‘In Coena Domini’, nella quale si celebra solennemente l’istituzione dell’Eucaristia: ‘Mentre nella sera del Giovedì Santo si rivive il mistero di Cristo che si offre a noi nel pane spezzato e nel vino versato, oggi, nella ricorrenza del Corpus Domini, questo stesso mistero viene proposto all’adorazione e alla meditazione del Popolo di Dio, e il Santissimo Sacramento viene portato in processione per le vie delle città e dei villaggi, per manifestare che Cristo risorto cammina in mezzo a noi e ci guida verso il Regno dei cieli’, così, papa Benedetto XVI, iniziava la sua omelia, in occasione della Solennità del Corpus Domini il 23 giugno 2011.

Ecco, in qualità di studioso ed esperto della Sindone, questo incipit è spunto che ci porta ad una profonda meditazione proprio sul Sacro Telo. La Sindone, infatti, riesce a parlare anche di Giovedì Santo. Pensiamo, dunque, al Giovedì Santo e pensiamo all’istituzione dell’Eucaristia, e, ancor più nello specifico, pensiamo al pane. In quel Giovedì, all’interno di quel Cenacolo di Gerusalemme, Gesù non solo ha offerto un pane materiale, ma si è fatto egli stesso Pane.

Gesù, infatti è il Pane donato, è il Pane donatosi, per la Salvezza del mondo. Ebbene, è usanza per gli Ebrei coprire il pane con un panno, panno che si chiama mappàh (e, comunque, credo di non dire una cosa strana anche per la nostra esperienza. Infatti, chi fa il pane a casa, conosce e usa questa pratica. Invero, affinché la massa possa raggiungere una completa lievitazione, questa la si copre proprio con un panno). Bene: gli Ebrei, dunque, per coprire il pane usano un panno detto, appunto, mappàh. Ecco. E’ interessante scrutare la Sindone: proprio come una mappàh, proprio come il panno che ha coperto il ‘Pane della Vita’; come il panno che ha coperto il ‘Pane diventato Vita’; il panno che ha coperto il Pane ‘lievitato’ nella Gloria della Risurrezione”.

Per quale motivo Gesù ha dato il Suo corpo ed il Suo sangue al ‘piano superiore’?

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Pensiamo ancora al Giovedì Santo e, nello specifico, pensiamo al Cenacolo. Il Vangelo ci dice come questa stanza fosse collocata ‘al piano superiore’. Ebbene (ed anche in tal caso la nostra esperienza ci viene di aiuto, soprattutto quella dei nostri anziani che hanno vissuto nelle case rurali) usualmente gli spazi al piano terra di una abitazione erano in uso per gli animali, ovvero per una vita promiscua con gli animali. La stanza al piano superiore, invece, era uno spazio più riservato, più intimo e, nello specifico, rappresentava la stanza per eccellenza, ovvero la camera nuziale.

Ed infatti, in quel Giovedì, all’interno di quel Cenacolo di Gerusalemme, Gesù, che è lo ‘Sposo’ per eccellenza, ha celebrato la ‘Nuova Alleanza’, il ‘compiuto matrimonio’ tra Dio e l’uomo. Ebbene, è usanza nel matrimonio ebraico, che gli sposi stiano sotto un panno, sotto un lenzuolo che li com-prende, cioè che li abbraccia, panno-lenzuolo chiamato chuppàh, il quale è ad invocare ed a simboleggiare l’unione sponsale”.

Quale rapporto esiste tra la Sindone e l’istituzione dell’Eucarestia?

“Nella Sindone ci sono le impronte di Gesù vero uomo, le impronte cioè della sua morte (una su tutte il sangue); e unite, e potremmo dire ‘sposate-coniugate’, ci sono le tracce di Gesù vero Dio, le tracce cioè della sua Risurrezione (una su tutte l’immagine, la quale sembrerebbe essersi impressa sul lino, proprio a causa di un lampo di luce, brevissimo e potentissimo)

E recuperando puntualmente l’episodio del Cenacolo: è interessante scrutare la Sindone proprio come una chuppàh, proprio come il lenzuolo sotto il quale lo Sposo per eccellenza ha portato a pieno compimento l’unità sponsale con l’umanità (dopo averla già compiuta nella sua Persona). Nella Sindone, infatti, è deposto il sangue del completo Sacrificio di Gesù, sangue col quale Gesù, morendo, ha riscattato definitivamente l’umanità dalla morte. E nella Sindone, poi, è avvenuto il tripudio della Risurrezione, Risurrezione con la quale Gesù ha associato definitivamente a sé l’umanità; ha unito definitivamente l’umanità alla Salvezza, alla Vita Eterna.

Pietro, e poi l’altro discepolo, una volta entrati, videro prima di tutto la Sindone ‘sgonfiata’: cosa significa questa parola?

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“Significa che la Sindone, che era chiaramente svuotata del cadavere che aveva tenuto avvolto, non era stata per nulla manomessa in occasione di questo suo indubbio svuotamento. Il cadavere, per così dire, si era come smaterializzato. E la Sindone, quindi, si era ‘sgonfiata’, cioè era svuotata ma composta. Per capirci: la Sindone, rimanendo composta, si era afflosciata, sul vuoto creatosi al suo interno.

Ma dopo aver visto la Sindone sgonfiata, Pietro, e poi l’altro discepolo, videro il sudario. E se la Sindone, sgonfiata era sufficiente, già da sola, per sbalordire i due discepoli, il sudario rese tutto ancora più sconcertante. Il sudario, infatti, posizionato ancora al suo posto, cioè sopra il capo del cadavere, pur se vedovo era escresciuto”.

Cosa significa?

“Significa che il sudario, che era chiaramente ‘vedovo’ del capo, cioè sotto il sudario chiaramente non c’era più il capo, eppure era escresciuto, cioè era corrugato, era indurito e gonfiato, come se quello stesso capo, che chiaramente non c’era più, invece era. Capiamo meglio lo sconcerto che derivò dal sudario. Il cadavere era indubbiamente assente (così come osservato dalla Sindone sgonfiata). Il sudario, rimasto composto ancora al suo posto, ribadiva la sbalorditiva smaterializzazione del cadavere.

Il sudario, insomma, stava ribadendo quell’effettiva e sbalorditiva assenza; ma allo stesso tempo stava indicando, nel più assoluto sconcerto, la rivelazione di una presenza. Ed il Vangelo dice: ‘E vide e credette’. Ecco: Pietro, e poi l’altro discepolo, giunti proprio a ridosso dell’istante della Risurrezione (il sudario indurito, in escrescenza, indica anche come la Risurrezione fosse avvenuta da pochissimo tempo), proprio perché videro siffatta assenza, riconobbero la presenza del Risorto”.

Come contemplare il volto di Gesù?

La contemplazione del volto di Gesù, è esperienza che ciascun uomo vive in maniera unica e differente. La Sindone aiuta certamente il fedele ad avvicinarsi a questa meravigliosa ed ineffabile esperienza. Ecco: il volto sindonico, il volto dell’Uomo della Sindone è stato considerato in tanti modi e con diverse, e stupende, partecipazioni descrittive.

Io, più che definirlo, più che cercare di definirlo, vorrei contemplarlo alla luce di un versetto evangelico; vorrei scrutare in questo volto la luce di un versetto evangelico. E, nello specifico, vorrei trarlo dal Vangelo secondo Marco, il quale, lasciando l’aramaico nel testo, sembra avere tutta l’intenzione di volerci far ascoltare proprio la stessa voce di Gesù: Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”.