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Da Tolentino ad Andria, la missione di Padre Gabriele per i giovani e le vocazioni

Dopo 20 anni nelle Marche l'agostiniano racconta la sue esperienza di fede e pastorale

Padre Gabriele Pedicino |  | pd Padre Gabriele Pedicino | | pd

Padre Gabriele Pedicino è da poco parroco della basilica ‘Santa Maria dei Miracoli’ di Andria dopo 19 anni vissuti nella basilica di san Nicola da Tolentino come priore del convento di san Nicola. Ora racconta la storia del Santuario Madonna dei Miracoli di Andria. Intanto perché si chiama così?

“Ha questo nome, perché nel 1576 è stato trovato in una grotta, abitata in realtà dai briganti che si nascondevano lì per fuggire alle autorità, è stata ritrovata questa immagine della Madonna, da subito acclamata da molti come miracolosa, perché sono accorsi, malati ed infermi, in quella grotta a pregare quell’immagine, ricevendo miracoli e guarigioni. Nel 1855 Andria si salvò sia dal colera che aveva colpito la Puglia, sia dalla distruzione dei vigneti per una malattia parassitaria della pianta. Questo venne ritenuto un secondo miracolo e due corone d’oro furono poste sul capo della Madonna e del Bambino. Sul seno della Vergine venne inoltre posta una rosa d’oro offerta dal re, anch’egli devoto della Vergine, con una cerimonia che si tenne il 3 maggio del 1857. Nello stesso  anno il vescovo Longobardi ritenne che la Madonna avesse salvato Andria da un terremoto e la Madonna dei Miracoli venne dichiarata compatrona della città insieme a San Riccardo d'Andria”.

Domenica 30 aprile la Chiesa ha celebrato la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: come ha scoperto il ‘primato’ di Dio, di cui ha scritto papa Francesco nel messaggio per questa giornata?

“Se mi chiedi chi è Dio, non saprei dirlo, però posso raccontare quello che Dio fa. Nella mia vita ho scoperto il ‘primato’ di Dio, vedendo come operava e quello che mi faceva, ogni volta che mi affidavo a Lui. Ho scoperto veramente che ha il primato ed è un primato che salva ed è un primato che veramente ‘risolve’ la vita e te la realizza e te la rende completa”.

Allora, partendo dalla sua esperienza di vita, perché la vocazione è missione?

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“La vocazione è missione, perché è lasciare, come ho fatto in questi giorni, è lasciare qualcosa di sicuro, costruito intorno a me, per andare verso l’ignoto. Prima ho parlato delle ‘sorprese’ di Dio, che diventano un po’ anche una sfida. Quindi, ogni volta che si risponde alla chiamata quotidiana di Dio (qualche volta anche in maniera solenne come questa del trasferimento o di un evento particolare come la consacrazione del sacerdozio) in qualche modo ci si mette in cammino verso qualcosa che è tutto da scoprire e ci si mette in cammino con il presupposto di fare la volontà di Dio e non la nostra?

In quest’ottica come è possibile attrarre i giovani a Cristo, partendo dall’esperienza quasi ventennale a Tolentino?

“Non so se sono riuscito ad attrarre qualcuno a Cristo; comunque tanti giovani hanno ruotato intorno alla basilica di san Nicola. Ho accompagnati molti nella vita sacramentale, in modo particolare attraverso la confessione e l’accompagnamento spirituale. Ho visto tanti accostarsi con più frequenza all’eucarestia. Non con regole rigide né con moralismi, ma cercando di vivere una buona vita, che testimonia l’incontro con Gesù. Solo attraverso questa testimonianza personale dell’incontro con Gesù si può attrarre qualcuno. Cosa è il segreto che anima la vita dei credenti? Quando riesci a comunicare che c’è un ‘tesoro’ allora porti qualcuno a Cristo”.

La basilica di san Nicola sarà restaurata dopo il sisma del 2016: cosa significa per la comunità tolentinate?

“Per la comunità di Tolentino significa veramente ripartire in maniera importante, perché in questi 19 anni vissuti nella città ho fatto esperienza di come Tolentino è san Nicola. Molto di Tolentino è significato da questa presenza museale, artistica e spirituale, che è il Santuario. Quindi ripartire con la ricostruzione in maniera completa (la basilica è fruibile). Però con la ricostruzione si può riviverla completamente; si potrà rivivere il Cappellone e sarà una ripartenza per la città”.

Come viveva la città san Nicola da Tolentino?

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“San Nicola, un uomo di Dio e del prossimo, ha speso la sua esistenza nella preghiera e nella penitenza che poi si traducevano in attenzione ai malati, che visitava ogni giorno, ed ai poveri che in lui trovavano sempre un rifugio sicuro. ‘Angelo del conforto’, passava molte ore al confessionale ed a placare conflitti e contrasti tra le famiglie, conosciuto dalla Chiesa universale anche come intercessore per le Anime del Purgatorio”.