All’inizio di ogni anno i Tribunali ecclesiastici inaugurano l’Anno Giudiziario per fare il punto della situazione e dare i dati relativi alle cause introdotte e pendenti. Quest’anno la loro inaugurazione riveste una particolare attenzione dopo la promulgazione, nel settembre 2015, della riforma voluta da papa Francesco con il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, e con la quale ha istituito, fra l’altro, un “processo più breve” davanti al vescovo diocesano, in aggiunta a quello documentale precedentemente vigente, “da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti”. “La carità e la misericordia esigono che la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano separati”, ha scritto il papa nel testo.

Giovedì scorso, aprendo l’anno giudiziario a Bologna, il Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Flaminio, mons. Massimo Mingardi (competente per Bologna e la Romagna) ha sottolineato che la riforma “aiuta a sentire i nostri vescovi ancora più vicini e partecipi, e forse aiuta loro a prendere maggiore consapevolezza del lavoro del Tribunale, nel quale peraltro noi esercitiamo in modo vicario la potestà giudiziaria che di per sé nella Chiesa è propria dei Vescovi”. Facendo poi alcune osservazioni sui dati locali e, in particolare riferimento all’esame delle cause di primo grado, ha detto che nel tribunale si è registrato un calo nel numero delle cause introdotte: 62 nel 2016, contro le 80 del 2015. “Il dato è sicuramente inatteso nel senso che dopo la riforma ci si sarebbe aspettati un incremento delle domande; in realtà, anche dai riscontri avuti dai Patroni stabili e dagli avvocati, la riforma – forse anche per il modo non sempre corretto con cui è stata presentata dagli organi di informazione – ha suscitato un certo interesse, e quindi ha mosso le acque, ma con aspettative non sempre realistiche”. Questo forse “può spiegare come mai, ad un accresciuto numero di persone che manifestano interesse per il procedimento di nullità e richiedono informazioni, non corrisponda un incremento nel numero dei libelli che vengono concretamente presentati”.

Per quanto riguarda la procedura più snella nel 2016 nel Tribunale ecclesiastico Flaminio hanno chiuso il loro iter cinque cause di questo tipo, quattro con sentenza affermativa e una con rinvio al processo ordinario; altre quattro cause sono state fino ad oggi istruite, e di esse due sono state decise nel 2017 e due sono ancora in attesa di decisione; di un’altra infine è imminente l’istruttoria. “Certamente – ha detto don Mingardi - si tratta di un’innovazione interessante, e lo dimostra il fatto che queste cause hanno avuto una durata media di 3,6 mesi”.

L’esperienza di questi primi casi evidenzia “come si tratti di un percorso abbastanza delicato, da richiedere non superficialmente ma con attenta e prudente valutazione”. Questa mattina inaugurazione dell’Anno giudiziario a Bari per il Tribunale Ecclesiastico Pugliese. Una regione dove si sono registrate molte iniziative per far conoscere il testo della riforma voluta da papa Francesco: incontri regionali con gli uffici di pastorale familiare, con i Consultori familiari, incontri nelle parrocchie con i giudici del tribunale ma anche – ha detto il Vicario giudiziale don Pasquale Larocca - convegni in varie città della regione dove i vescovi hanno deciso di affidarsi al Tribunale ecclesiastico regionale. In una nota i presuli pugliesi hanno spiegato che “in questa delicata fase di attuazione della normativa processuale” hanno ritenuto che “l’esperienza e la competenza maturata nel corso di una storia pluridecennale può garantire la più compiuta attuazione di quanto previsto dalla recente normativa pontificia”. Anche in Calabria – esclusa la diocesi di Cosenza-Bisignano – la conferenza dei vescovi ha deciso di affidarsi al Tribunale ecclesiastico interdiocesano di Reggio Calabria, sede del precedente Tribunale Ecclesiastico regionale.

In Calabria – ha detto inaugurando l’Anno Giudiziario il Vicario Giudiziale, mons. Vincenzo Varone – si evidenzia come nei fedeli siano presenti delle “carenze psico-strutturali ma anche la necessità di formazione umana e cristiana: per questo richiamiamo il necessario sostegno della Pastorale familiare, così come già precedentemente sostenuto e auspicato dal recente Sinodo per la Famiglia”. Rispetto alle “nostre precedenti statistiche la vita del matrimonio è diminuita di un anno rispetto al 2015 e di 7 anni rispetto al 2010: ciò – ha detto - interpella la nostra Chiesa di Calabria a una maggiore attenzione alla formazione dei fidanzati per condurli ad una scelta matrimoniale più consapevole e responsabile”. E in una intervista al settimanale diocesano mons. Varone ha detto che la riforma, scritta nel Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, evidenzia che è nella pastorale familiare ordinaria, nelle singole diocesi, “la collocazione più idonea per verificare l’eventuale proposta di verifica della nullità del matrimonio e l’indagine preliminare alla preparazione del libello. Questo significa che una pastorale familiare ‘in uscita’, e che si pone alla ricerca delle persone nelle loro concrete situazioni, presti attenzione non solo alla preparazione al matrimonio o al seguire le famiglie nelle loro vicende ‘ordinarie’, ma anche alle coppie in crisi”.