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Dalle diocesi, le parole dei vescovi ai fedeli italiani per un 2021 nuovo

Nei messaggi dei vescovi diocesani speranza e voglia di combattere solitudine ed isolamento

Te Deum |  | Comunità parrocchiale Madonna dell'Aiuto Te Deum | | Comunità parrocchiale Madonna dell'Aiuto

Ieri si è aperto un nuovo anno tra incertezze - a causa di questo virus che nel mondo e in Italia non accenna a dare segni di miglioramento – ma anche di speranze dopo l’avvio delle vaccinazioni per combattere le infezioni da Covid 19.

La pandemia che stiamo affrontando “mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere”, ha detto il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, nel suo messaggio agli italiani: “il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto con gesti gratuiti, spesso da sconosciuti”. Auspici di speranza anche nelle diverse celebrazioni eucaristiche presiedute dai vescovi italiani alla vigilia e all’inizio del nuovo anno. 

“Non possiamo farci vincere dallo sconforto”, è stato il monito del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. E’ terminato un anno “lungo e travagliato, in cui abbiamo avvertito in modo speciale la nostra fragilità e quel sentimento, a taluni sconosciuto, che è la paura. Paura dei contagi, paura della malattia, paura della morte”, ha sottolineato il porporato che ha evidenziato come non siano mancati gesti di solidarietà da parte di tutti in questo periodo: con l’amore a Dio e al prossimo riusciremo a superare questo tempo calamitoso per dar vita a una Chiesa e a una società migliori”. 

“Ringraziare? Dopo tutto quello che è successo? Il nostro vittimismo porterebbe a lamentarci, a chiedere ragione e esigere soluzioni! Questa sera ringraziamo Dio per il tanto amore dimostrato nella pandemia. Non ci ha abbandonato nella prova e ci insegna ad affrontarla, vivendola con noi, insegnandoci che non c’è futuro per nessuno nel ‘si salvi chi può’ e trasformandola in opportunità di bene”, ha detto nel suo messaggio l’arcivescovo di Bologna, il card. Matteo Zuppi, che non ha potuto presiedere la celebrazione perché positivo al Covid 19 e isolato: “capisco quanto è importante che l’isolamento non si trasformi mai e per nessuno in solitudine e quanto sono importanti i legami di amicizia, il sentirsi parte di una comunità. La solitudine toglie, proprio come il virus, il gusto delle cose, l’olfatto che fa sentire il profumo dell’amicizia, spegne tutti i sensi della vita! Combattiamo la solitudine, con l’arma che Dio ci ha affidato: l’amore”. 

“È stato un anno di sconfitte: un organismo invisibile ha umiliato l’organizzazione, la scienza, i progetti, l’iniziativa di tutta intera l’umanità, ma l’organismo invisibile insensato e incosciente ha rivelato quanto gli uomini e le donne siano tragicamente grandi”, ha detto Mario Delpini, arcivescovo di Milano: in questi mesi “si è rivelata la grandezza della gente di questa nostra terra. Uomini e donne sono rimasti al loro posto. Non hanno fatto solo il loro lavoro. Hanno fatto di più. Hanno ritenuto irrinunciabile la solidarietà”. E ieri per la Giornata della Pace ha  detto che c’è “gente che si difende con l’indifferenza. Ecco come si costruisce la pace: ciascuno a casa sua. Estraniarsi, stare distanti, non immischiarsi nella vita altrui. L’indifferenza trasforma il pianeta in una gelida solitudine, lascia che i prepotenti saccheggino le risorse e i poveri siano consegnati alla disperazione”. La pace vera è invece quella “coltivata nella contemplazione”, sull’esempio di Maria, “la madre, modello per la Chiesa e per ogni persona credente, che riceve l’annuncio e lo custodisce come un seme da coltivare nel cuore”. 

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“Sono giunto a Genova in un momento importante e nello stesso tempo molto difficile: mi riferisco da un lato alla ricostruzione, seguita dall’inaugurazione, del Ponte Genova San Giorgio, e dall’altro alla pandemia”, ha detto l’arcivescovo di Genova,  Marco Tasca, che si è soffermato sui problemi legati al mondo del lavoro, acuiti dalla pandemia in corso, e sulla situazione sanitaria ancora in atto, che ha portato molti lutti nelle famiglie unitamente ad un senso di angoscia e smarrimento. Un  messaggio ha scritto il vescovo di Andria-Rovigo, Pierantonio Pavanello, in isolamento a causa del Covid: “nonostante le speranze importanti e oserei dire provvidenziali che ci vengono dai vaccini - scrive - abbiamo davanti ancora molti mesi di difficoltà  e fatiche da un punto vista sanitario, ma forse ancora di più in prospettiva sociale ed economica. Paura, rabbia, sfiducia sono i sentimenti che ci accompagnano in questo passaggio da un anno all’altro”.  

“Di una nuova nascita abbiamo bisogno e non semplicemente di una riedizione sbiadita del passato”, ha detto l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, che ha sottolineato l’urgenza al rispetto verso il mondo che ci circonda “lasciando da parte gli atteggiamenti predatori che ancora caratterizzano comportamenti individuali e modelli di sviluppo, favorendo invece comportamenti responsabili, come quelli indicati da Papa Francesco nell’ecologia integrale proposta nell’enciclica Laudato si’. Una rinnovata attenzione al creato come casa comune dovrà essere componente fondamentale di un progetto di rinnovata economia sociale”. E ieri, nella Giornata Mondiale della Pace  ha detto che “c’è da scegliere: o isolarci, difenderci, erigere barriere mai del tutto impenetrabili, o prendere su di noi i problemi degli altri, impegnarsi per la cura soprattutto dei più deboli, per tenere insieme l’edificio del mondo”.  La questione della pace “è questione di tutti e comincia dal prendersi cura gli uni degli altri, perché nessuno resti indietro, sia escluso, ritenuto uno scarto”.

“La pace che il Signore dona, in questo particolare momento storico assume i caratteri della serenità, di fronte alla paura di una pandemia che ci ha travolto; della condivisione, nel tempo di una povertà diffusa; del perdono, nelle nostre famiglie e nelle relazioni; della cura per le persone malate e fragili; dell’amicizia sociale e della fraternità, come ci ha ricordato Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti”, ha detto l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego, che ha sottolineato che ogni cristiano in famiglia, nella scuola, nel luogo di lavoro, in parrocchia, nel tempo libero, nel territorio in cui vive è chiamato ad essere un “artigiano di pace”, un “educatore della pace”. 

“È stato un anno speciale, straordinario che ci porta comunque a ringraziare Dio per quello che abbiamo avuto. Restiamo vicini a quanti, per diverse ragioni, stanno più soffrendo per le conseguenze fisiche ed economiche della pandemia”, ha detto il vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino, che ha ringraziato per le “tante espressioni di solidarietà che si sono manifestate soprattutto in coloro che sono stati impegnati in prima linea ad alleviare le sofferenze degli altri. La fatica comune di quest’anno ci ha spinto al recupero di alcuni valori, quali la famiglia e la stessa preghiera nelle mura domestiche. Augurandoci di uscire presto da questa prova, dobbiamo far tesoro per il futuro di quanto essa ci ha fatto riscoprire”. L’arcivescovo dell’Aquila, il card. Giuseppe Petrocchi, ha pregato per “i benefici ricevuti nel 
corso dell’anno trascorso e per le vittime e gli ammalati in particolare a causa della pandemia così come per coloro che sonoimpegnati per debellarla” che ha voluto “raggiungere, con l’affetto e la preghiera, le persone  colpite dal contagio e le loro famiglie, in particolare – ha detto -  affidiamo al 
Signore le vittime dell’epidemia e i loro cari”. Una “vicinanza speciale” l’ha voluta assicurare a tutti coloro che “vedono  compromesso il loro lavoro e quanti faticano a vivere per ristrettezze 
di ogni tipo”.  

“Ho avvertito il desiderio, il bisogno di ritrovarmi, qui ed ora, con Voi tutti che state a rappresentare il popolo di Dio, l’intera Città, tutta la comunità territoriale della nostra Diocesi. E’ un incontro tradizionale, ma anche un bisogno del cuore”, ha detto il card. Crescenzio Sepe, amministratore apostolico e arcivescovo emerito di Napoli: “volevo ritrovare il calore dell’appartenenza e rivivere il senso profondo della famiglia che si riunisce per parlarsi, confrontarsi, capire le scelte da fare e gli strumenti da utilizzare, sapendo che in quest’anno c’è stato qualcosa di imprevedibile e di grave che, per tanti versi, ha cambiato il corso della storia dell’umanità, seminando malattia, sofferenza, dolore, morte e tanta nuova povertà”. Il porporato ha invitato a “guardare innanzi con fiducia e speranza. Un altro modo di essere e di vivere è possibile. Una società migliore e più giusta si può realizzare”. 

“L’augurio è che il nuovo anno ci aiuti a sviluppare la ‘cultura della cura’, illuminati dalla figura di Maria e dall’esempio del personale medico e sanitario in prima linea per fermare l’epidemia”, ha detto in un messaggio alla diocesi il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo:  “Anche noi, nel nostro presepe, abbiamo voluto inserire la statuina dell’infermiera, a rappresentare il personale sanitario, medico e scientifico - in prima linea per liberare l’umanità da questa epidemia - che è stato al fianco delle tante persone che, in questo periodo, hanno vissuto nella sofferenza”.

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 “Le mura fortificate della desolazione, della paura e della noia, dovranno essere abbattute dall’impeto della vita e dell’amore”, ha scritto Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio (anche lui positivo al Covid 19), in un messaggio dal titolo “Il tempo generativo della gentilezza”. Un momento di preghiera appena dopo la mezzanotte è stata proposto dall’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini: “Che il Signore ci dia la grazia che le sofferenze e le ansietà di questo anno possano essere storia passata. Preghiamo tutti per questo. Auguri per il nuovo anno, lo Spirito Santo guidi i nostri passi”, ha detto. 

“Veniamo da un anno difficile, pieno di restrizioni, di sofferenze, privazioni, paure e desiderio di libertà. Malgrado ciò – ha scritto ai giovani l’arcivescovo di Matera-Irsina, Giuseppe Caiazzo -  all’inizio di questo nuovo anno ci rendiamo conto che siamo tutti più ricchi perché abbiamo imparato molto dalla vita. Vita che ci ha chiesto di essere accolta, apprezzata, vissuta, riempita di contenuti”. Questo tempo di pandemia “ci ha fatto capire che dobbiamo lavorare per una società completamente nuova”.  E oggi la Pastorale giovanile di Urbino-Urbania e San’Angelo in Vado, ha organizzato una veglia di preghiera che sarà trasmessa sulla propria pagina Facebook.