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DDL Cirinnà, il Senato inizia la discussione in Aula

Il Presidente del Senato, Pietro Grasso |  | Senato della Repubblica Il Presidente del Senato, Pietro Grasso | | Senato della Repubblica

Il tanto discusso disegno di legge Cirinnà che punta a regolamentare le unioni civili approda stamane nell’Aula del Senato della Repubblica. Ma il testo ha già subito un’importante frenata: questa mattina infatti è previsto solo l’incardinamento e la discussione su pregiudiziali e sospensive. Poi se ne riparlerà a partire dal 2 febbraio - dopo il Family Day del Circo Massimo – quando inizierà con le votazioni sulle pregiudiziali di costituzionalità e sulla richiesta di sospensiva (lo strumento parlamentare per ottenere la sospensione dell’esame del provvedimento). Solo allora, qualora fossero respinte sia le pregiudiziali sia la richiesta di sospensiva, si potrà iniziare a votare sui 23 articoli.

Che il voto non fosse comunque immediato lo si era capito dagli oltre seimila emendamenti presentati dai gruppi parlamentari. Circa l’80% sono a firma Lega Nord. Gli articoli del ddl dovranno essere votati dall’Aula uno ad uno, così come gli emendamenti. Non escluso poi il ricorso allo scrutinio segreto, elemento questo che potrebbe “azzoppare” il testo in più punti. Per ottenerlo bastano le firme di soli 20 senatori.

E sul testo della senatrice dem la maggioranza che sostiene il governo Renzi è tutt’altro che compatta: la componente Area Popolare – Ncd del ministro dell’Interno Alfano si schiera contro il provvedimento, che potrebbe però avere il via libera dal Movimento 5 Stelle purchè il disegno di legge non subisca – dicono i grillini – modifiche.

Il punto più controverso di tutto il ddl è la cosiddetta stepchild adoption per le coppie omosessuali, ovvero la possibilità che il partner possa adottare il figlio biologico o adottivo dell’altro. Su questo tema anche lo stesso Partito Democratico del premier Renzi è spaccato.

Nel caso in cui il disegno di legge Cirinnà dovesse essere approvato dal Senato, servirà un voto senza modifiche alla Camera dei Deputati in seconda lettura. Poi il testo andrebbe al Quirinale per la firma del Presidente della Repubblica. Che, secondo alcuni giuristi e tecnici, non sarebbe poi così scontata.

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