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Don Bernardi e don Ghibaudo dal martirio una strada di riconciliazione

Il vescovo di Cuneo- Fossano Piero Delbosco racconta la storia di due martiri del nazismo esempio di responsabilità

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“Oggi, a Boves (Cuneo), saranno proclamati Beati don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, parroco e viceparroco, uccisi in odio alla fede nel 1943. Nell’estremo pericolo non abbandonarono il popolo loro affidato, ma lo assistettero sino all’effusione del sangue, condividendo il tragico destino di altri cittadini, sterminati dai nazisti. Il loro esempio susciti nei sacerdoti il desiderio di essere pastori secondo il cuore di Cristo, sempre accanto alla propria gente”: così a conclusione dell’Angelus di domenica 16 ottobre Papa Francesco ha ricordato i martiri don Bernardi e don Ghibaudo, uccisi a Boves dai nazisti. I due prelati erano rispettivamente parroco e viceparroco in quel 19 settembre 1943 in cui la città di Boves è stata incendiata dalle forze nazifasciste, che hanno anche ucciso 24 persone. 

La celebrazione eucaristica, alla presenza di autorità religiose e civili e molti fedeli, provenienti anche da Schondorf, cittadina della Baviera dove è sepolto il comandante nazista della strage, Joachim Peiper, è stata presieduta dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, che nell’omelia ha affermato: “Potremo, dunque, considerare in questa prospettiva intercessoria il ministero sacerdotale e il martirio dei nostri due beati. Di don Giuseppe Bernardi una testimone ha dichiarato: ‘Non è fuggito per amore del suo gregge, per difendere la popolazione. Don Giuseppe era buono e generoso; è stato il buon pastore che dà la vita per le pecore’. Così pure, di don Mario Ghibaudo che fu ucciso proprio mentre esercitava il proprio ministero sacerdotale amministrando l’assoluzione a una persona morente, una teste ha affermato: ‘Era il sacerdote che svolgeva il suo ministero; stava aiutando la gente a mettersi in salvo e nel frattempo assolveva e benediceva’. E’ così che i nostri due beati hanno innalzato, come Mosè, le loro mani verso il cielo, intercedendo presso Dio”.

Al vescovo di Cuneo-Fossano, mons. Piero Delbosco, ci siamo fatto spiegare il significato della beatificazione di don Bernardi e don Ghibaudo: “Per la beatificazione la Chiesa prevede un lungo itinerario di discernimento che avviene prima a livello diocesano e poi nell’ambito del Dicastero delle Cause dei Santi. Nel caso dei nostri due sacerdoti l’itinerario, preparato da un intenso lavoro di recupero e ricostituzione della memoria, ha avuto inizio ufficialmente il 31 maggio 2013 a Boves ed è culminato il 9 aprile scorso con l’autorizzazione del Santo Padre al cardinale Semeraro a redigere il decreto di riconoscimento del martirio di don Bernardi e don Ghibaudo. L’aver studiato a fondo il ministero ed il martirio dei due preti ha permesso alla Chiesa di riconoscere autorevolmente il loro martirio”.

Per quale motivo sono stati beatificati?

“La Chiesa li ha riconosciuti martiri, cioè persone che hanno affrontato l’odio alla fede con una morte violenta per amore di Cristo. Il parroco don Bernardi, in occasione della festa dell’apostolo san Bartolomeo, patrono di Boves, nel 1940 aveva detto che il martire ‘dal suo patibolo grida a tutti che la sua fede, il suo amore a Dio è più forte della morte’. Questo ‘gridare’ non si ferma a quel momento, arriva ancora a noi oggi e porta frutto. Frutto evidente è il cammino di fraternità e riconciliazione intrapreso quasi 10 anni fa tra Boves e Schondorf, il paese bavarese dove è sepolto Joachim Peiper, il comandante nazista che guidò il primo eccidio di Boves”.

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Come è stata vissuta dal paese la beatificazione?

“Con molta emozione innanzitutto. E’ stato un giorno molto atteso, un giorno che ha visto una notevole e gioiosa partecipazione. Essa è dovuta certamente al fatto che il loro martirio incrocia e da luce ad una pagina tragica che ha segnato la storia di Boves. La preparazione dell’evento è stata portata avanti da un bel numero di volontari, ben motivati, che hanno dato da subito alla manifestazione un tono gioioso. Il momento della beatificazione è stato caratterizzato proprio dalla gioia, oserei dire un prender parte alla gioia del cielo: una gioia che era lode a Dio e tanta pace”.

‘L’intercessione, però, è compito di ogni cristiano… L’intercessione, vorrei aggiungere, è la forma ultima della responsabilità cristiana verso il mondo’. Con queste parole nell’omelia il card. Semeraro ha sottolineato l’importanza dell’intercessione: quanto è importante?

“Don Bernardi è stato un grande ‘intercessore’ per la pace: aveva visto gli orrori della Prima Guerra Mondiale; per questo non si stancava di far pregare per questa intenzione. Boves, a partire dall’ottobre 2015, ha dato vita alle ‘Lampade per la Pace’, una iniziativa di preghiera e di educazione alla Pace fatta propria da Schondorf poco dopo. Le parole del cardinale sono un prezioso incentivo a approfondire e valorizzare questa strada”.

In quale modo l’intercessione è una forma di responsabilità del cristiano verso il mondo?

“L’intercessione non può nascere sul nulla. Come la misericordia di Dio ha la radice nel cuore di Dio stesso, così l’intercessione nasce da un cuore che si lascia interpellare e trasformare dalla misericordia di Dio. Così è stato per i nostri due sacerdoti, i quali nel giorno stesso del loro martirio hanno cercato ancora il Sacramento della Confessione. Essi sono stati per quanti incontravano nell’ora della tragedia ‘intercessori’ benedicendo e assolvendo. Il cardinale pertinentemente annota che l’intercessione è ‘la forma ultima della responsabilità cristiana verso il mondo’, in quanto sempre ci rimane la possibilità di intercedere. E’ quanto è avvenuto per don Giuseppe e don Mario: come intercessori han saputo rimanere fino all’ultimo al loro posto”.

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In quale modo i due beati possono essere un esempio per noi?

“La vita e il martirio sono un esempio alto da cui ricavare molteplici spunti per la nostra crescita, sia umana che cristiana. Essi avevano ben chiaro quale era la loro responsabilità e sono stati al loro posto, anche a costo della vita. Questo messaggio lo ritengo assai valido oggi per ognuno di noi, qualsiasi sia la sua responsabilità. In questo modo supereremo le difficoltà del presente: se ognuno saprà far bene la sua parte rimanendo al suo posto”.