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"E vidi un nuovo cielo e una nuova terra", il programma del Festival biblico

Il festival tornerà dal vivo con un programma di oltre 150 eventi che quest’anno coinvolgeranno le città e le diocesi di Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, Vittorio Veneto, Treviso

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"Quest’anno abbiamo scelto come criterio tematico il testo dell’Apocalisse per indagarne alcuni degli aspetti più salienti e approfondire alcune questioni che segnano il nostro tempo. Pensiamo, infatti, che Apocalisse sia un libro che offre delle chiavi interpretative per decifrare questo presente ambivalente, con coraggio, senso di responsabilità e con uno sguardo di speranza".

Così si legge sul sito del Festival Biblico che si svolgerà dal 5 al 29 maggio. I promotori sono la Diocesi di Vicenza e Società San Paolo che ebbero l’intuizione di unire lo stile, quello tipico di un festival, al contenuto, ovvero le Sacre Scritture, per rileggere la contemporaneità e i fatti dell’attualità.

Il festival tornerà dal vivo con un programma di oltre 150 eventi che quest’anno coinvolgeranno le città e le diocesi di Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, Vittorio Veneto, Treviso – e Alba nella formula del fuori festival – e 21 città nelle province delle prime quattro.

Si legge sul sito ufficiale che a Vicenza gli eventi del Festival Biblico saranno ospitati anche quest’anno nel Brolo del Palazzo Vescovile – una piccola oasi di pace e tranquillità nel cuore del centro storico della città – mentre, nella vicina piazza Duomo, tornerà dopo due anni di pausa lo spazio del dAbar, il café culturale del Festival Biblico, con la sua consueta proposta che unisce cultura e territorio. Tra gli ospiti: cardinale Dieudonné Nzapalainga, Gabriella Caramore, Georgi Gospodinov, Dario Fabbri, padre Bernardo Francesco Maria Gianni, Benedetta Tobagi, Josep Maria Esquirol, don Claudio Doglio, Aristide Fumagalli, Matteo Meschiari, Kurt Appel, Marinella Perroni, Antonio Grillo, don Dante Carraro, Nunzia De Capite, Matteo Caccia.

La sede di Padova del Festival Biblico ha scelto di leggere l’Apocalisse di Giovanni attraverso linguaggi che permettessero di parlare di questo libro affascinante senza essere – come raccomandava Giovanni XXIII – “profeti di sventura”, ma evidenziandone, invece, gli spunti di riflessione interessanti per l’uomo e la donna contemporanei, così come la luce di speranza che innerva questo testo.

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