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Fra' Paolo: "Il Papa ha portato coraggio alla comunità cinese"

Fra'Paolo |  | Andrea Gagliarducci Fra'Paolo | | Andrea Gagliarducci

È arrivato in Italia da sette mesi, e subito è andato ad occuparsi della vasta comunità cinese di Prato. Padre Paolo Jianbing Hou, francescano, è uno delle poco più di cinquanta persone che hanno potuto salutare Papa Francesco a Prato.

Come è stato il suo incontro con il Papa?

Non ci siamo detti niente, né io né lui. Ma abbiamo parlato con un abbraccio.

Quali sono le più grandi difficoltà della comunità cinese a Prato?

La comunità cinese è soprattutto dispersa sul territorio. Abitano lontani dal centro. E soprattutto sono costretti a turni di lavoro molto duri, anche nei week end. Per questo, non ci può essere una vera partecipazione alla Messa, non tutti possono venire. Noi cerchiamo di tenere questa comunità coesa, e di fare in modo che si inseriscano sul territorio.

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Come è stato per lei l’impatto sulla realtà di Prato?

Io sono arrivato sette mesi fa, sto ancora imparando l’italiano. Dico Messa in cinese, per la nostra comunità, e c’è partecipazione.

Alcuni a Prato hanno definito la comunità cattolica cinese come qualcosa che vive separatamente dalla comunità cattolica di Prato…

Sì, perché c’è il problema delle distanze, c’è il problema del lavoro… è molto difficile partecipare alla vita della città.

Il Papa ha parlato di corruzione, di sfruttamento. Lei come si è ritrovato in queste parole?

Perché il Papa ha guardato non solo alla popolazione cattolica cinese. Ha guardato ai problemi del lavoro, i problemi della società.

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Che effetto ti ha fatto che il Papa abbia parlato anche dell’incendio nella fabbrica cinese di due anni fa?

Quando il Papa ha parlato di queste cose mi sono sentito molto toccato. Perché ci ha fatto capire che il Papa è vicino a noi, cinesi che lavoriamo e che siamo a Prato.

 Ma è cambiato qualcosa dopo quella tragedia? 

Dopo quella tragedia umana è cambiato molto nella comunità cinese. Si è capito che viene prima la vita, e dopo il lavoro.