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‘Generato e non creato’: un libro per capirne di più sull’utero in affitto

La maternità surrogata lede i diritti di tutti, in primis dei bambini

La copertina del libro |  | Libreria del Santo La copertina del libro | | Libreria del Santo

“La maternità è la genesi di ogni significato possibile. In quel ‘sì alla vita’ che la donna pronuncia davanti a sé stessa, aprendosi a quell’altro che è però dentro di lei, il tempo resta sospeso, l’eternità sfiora la carne del mondo, e l’uomo accade”: con queste parole, Simone Tropea, autore di ‘Generato e non creato. Mistica e filosofia della nascita: la maternità surrogata e il futuro dell’umanità’, introduce al ‘mistero della maternità’, un mistero che non può essere ‘ridotto’ alla compravendita di esseri umani.

L’autore è specializzato in ‘Storia del Pensiero Teologico e Filosofia Morale’, si è formato in Spagna (presso la Pontificia Università di Salamanca e alla ‘Rey Juan Carlos’ di Madrid), prima di tornare in Italia e studiare Bioetica presso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma. 

Nel libro si sofferma sul legame madre-figlio, citando testi come ‘Maternal Care and Mental Health’, di J. Bowlby, medico che curò un documento per l’OMS sul tema della maternità e dell’attaccamento del neonato alla madre: “Con Bowlby attraverso un approccio scientifico integrato, la scienza contemporanea afferma definitivamente che l’esperienza psichica fondamentale, per ogni individuo umano, è la relazione con la madre. Una relazione pre-culturale, che può risultare ferita o negativamente compromessa, quando viene alterata da un contesto storico e sociale, o da un evento biografico, che produce uno strappo violento e innaturale tra genetrix e generatus, trasformandosi così nell’origine inconscia di molte patologie psichiche e fisiche”.

All’autore del libro chiediamo di spiegarci il motivo per cui ha scritto un libro sulla maternità: “Perchè penso che il nostro tempo ci chieda una riflessione radicale sul senso e il significato dell’essere umano, e non ha bisogno di pensieri sparsi, né tantomeno di slogan o letture parziali. Mi spiego meglio. Viviamo un’epoca di trasformazioni molto profonde, e in tanti offrono prospettive e chiavi di lettura diverse, ma la maggior parte dei filosofi, dei sociologi, in generale dei pensatori, coglie uno o più aspetti di quest’epoca. Secondo me, invece, c’è bisogno di pensare le cose ‘alla radice’, e dal momento che la maternità è la genesi di ogni significato possibile, rappresenta l’unico evento a partire dal quale si può sviluppare, oggi, un nuovo sistema di pensiero, profondo e originale, in grado di aiutarci a organizzare praticamente e intellettualmente la nostra vita. 

Quando io parlo della maternità, non mi riferisco ad un’esperienza tra le altre, ma all’unica esperienza ‘antropologica elementare’. Tutti abbiamo una madre. La maternità è il luogo nel quale l’uomo accade e si manifesta come soggetto che precede il mondo. Prima di fare il suo ingresso nel mondo, infatti, l’uomo accade nel ventre di una donna. La madre, come indica il termine stesso, è la ‘mater-ia’ prima dalla quale e nella quale noi tutti siamo stati formati e in forza della quale, prima di ogni altra considerazione che dell’uomo si può avere, o di tutte le letture dell’umano che un determinando contesto culturale (cioè ‘un mondo’) può fornire, noi riconosciamo una verità permanente e universale rispetto a noi stessi: siamo figli. Sempre e per sempre figli. Da qui parte tutto il resto. Quello che tento di fare è sviluppare un nuovo paradigma antropologico a partire dalla più evidente delle evidenze”. 

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Quale significato ha il titolo ‘Generato non creato’?

“E’ una formula del credo niceno-costantinopolitano, che indica una verità di fede e di ragione rispetto alla natura di Gesù Cristo, un grande paradigma antropologico per tutta la cultura occidentale, anche nelle sue varianti più atee e materialiste, come ho tentato di mostrare nel libro. Ma è una formula che indica qualcosa di assolutamente vero rispetto all’essenza profonda di ogni uomo, di ogni figlio di donna. Ogni uomo infatti è generato nel corpo di una donna. Non è quindi un prodotto, una cosa che si può vendere e comprare, ma è un soggetto che accade nel perimetro di una relazione esclusiva tra due persone, e che accade all’interno di un grembo. Questo grembo è una persona, non un laboratorio, nè tantomeno un computer, è un evento di nascita anch’essa. 

Parlare della generazione, quindi, significa segnalare lo scarto che esiste tra l’uomo e ogni altro ordine di realtà, sia esso un prodotto artificiale o il cucciolo di un animale. L’uomo nasce, mentre l’animale è partorito e le cose sono create. La generazione è il primo momento di questo grande evento, che dura per tutta la vita, della nascita. Dalla generazione infatti si comprende l’uomo come un ‘nascente’, qualcuno che sta nascendo, permanentemente. 

Questo è il salto antropologico che la coscienza della nostra epoca sta vivendo e che le varie derive antropologiche in atto, come la maternità surrogata, per contrasto segnalano anch’esse. Il punto è che la coscienza dell’uomo come ‘nascente’, che è presente in tutte le grandi tradizioni culturali,  va ancora sviluppata e strutturata nella nostra cultura attuale, figlia dei cambiamenti che viviamo”. 

Quale filosofia sottostà alla maternità surrogata?

“In senso stretto non c’è una filosofia, perché la filosofia è amore per la sapienza, mentre nella maternità surrogata la sapienza della vita è completamente ignorata e tradita. Anche l’amore è tradito e ridotto ad un capriccio, ma io in questo aspetto non entro. Mi interessano l’evidenza scientifica e la razionalità stringente. Certamente, se per filosofia si intende genericamente qualche corrente di pensiero, allora è chiaro che dietro alle teorie che legittimano la maternità surrogata troviamo il relativismo etico, l’edonismo, il tecnicismo, l’economicismo, e soprattutto una forma di ‘sentimentalismo dogmatico’ che confonde i diritti con i desideri. Insomma un’ideologia complessa che è una perdita di contatto con la realtà e causa grandi ferite personali e sociali, volte irreparabili”.

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Esistono basi scientifiche per affermare che la maternità surrogata non ‘elimina’ la relazione con la madre?

“Esistono basi scientifiche per affermare esattamente l’opposto. Tutte le scienze, sia quelle naturali sia quelle positive, infatti, confermano (e non può essere altrimenti) che il rapporto madre-figlio è unico ed esclusivo”.

 Quali diritti lede la maternità surrogata?

“Lede i diritti di tutti, in primis dei bambini, e lede anche, se posso dire così, il ‘Diritto’ in quanto tale, perchè lo riduce ad una sorta di delirio strutturato che si vorrebbe come fondamento della vita sociale, per cui la convenzione dovrebbe essere considerata più forte dell’evidenza.  Questo è un problema molto serio, perchè è la base di tutti i totalitarismi. Sicuramente la maternità surrogata, come provo a spiegare attentamente, è un passaggio sociale che tenta di porre le basi per una forma di totalitarismo, quantomeno, culturale. 

I veri diritti partono da dati di realtà, non da allucinazioni, per quanto collettive o generalizzate esse possano essere. In ultima battuta, vorrei fare presente che dietro la cosiddetta cultura dei diritti, si nasconde un’economia malata e spietata, che riduce le persone a oggetti di consumo. Se si riconosce l’uomo come figlio, questi non sarà mai una cosa, se invece lo si intende come un prodotto che si può acquistare, o anche solo cedere, a chi ne fa richiesta, stiamo scivolando nel baratro di un sistema economico perverso e autoreferenziale che ha assoggettato anche il Diritto, e contro il quale ben poco potrà difenderci. Solo, forse, il continuare a pensare con libertà e con grande impegno, a prescindere dal successo e dal plauso della maggioranza”.