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I vescovi del Myanmar chiedono la cessazione delle violenze nel Paese

Il regime militare in Myanmar è arrivato a bruciare anche una chiesa storica. L’appello dei vescovi in un Paese la cui situazione è sempre più tragica

Chiesa dell'Assunzione, Chan Thar, Myanmar | La chiesa dell'Assunzione di Chan Thar distrutta | Asia News Chiesa dell'Assunzione, Chan Thar, Myanmar | La chiesa dell'Assunzione di Chan Thar distrutta | Asia News

Quando Papa Francesco visitò il Myanmar nel 2017, sembrava ci fossero speranze per il ritorno alla normalità. Su suggerimento del Cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, il Papa fece la prima visita al capo dei militari, gettando così un ponte di dialogo verso la giunta che aveva da poco aperto ad una prima democratizzazione. Tre anni dopo, però, un nuovo colpo di Stato militare, con l’imprigionamento del ministro degli Esteri Aun San Suu Kyi, ha rigettato il Paese nel caos.

A farne le spese, in particolare, la comunità cristiana. Le violenze sono arrivate a colpire anche la chiesa dell’Assunzione nel villaggio di Chan Thar, luogo simbolo della comunità cattolica locale perché uno dei più antichi insediamenti cristiani. Il Papa ha rinnovato il suo appello per la pace in Myanmar all’Angelus dello scorso 22 gennaio.

È in questo contesto che il Cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, insieme all’arcivescovo Marco Tin Win di Mandaly e l’arcivescovo Basilio Atthai di Taungyy, hanno lanciato a nome di tutti i leader religiosi del Paese un appello intitolato “La pace è un pellegrinaggio, percorriamolo insieme”.

I tre arcivescovi hanno esortato tutti a “riprendere il pellegrinaggio della pace”, ricordando che “gli ultimi mesi hanno visto grandi minacce alla sacralità della vita umana, vite perse, vite sfollate, vite che muoiono di fame. In un Paese benedetto da tante grandi risorse, la distruzione di vite umane è una tragedia straziante”.

I vescovi aggiungono che “sempre più spesso i luoghi di culto e i monasteri, dove le comunità hanno cercato pace e riconciliazione, sono esse stesse oggetto di attacco e massacro”.

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I vescovi fanno riferimento alla Convenzione dell’Aja e altri strumenti internazionali che “invitano proteggere i luoghi di culto, i luoghi di insegnamento e i luoghi di cura”, e invece questi luoghi sono “attaccati e distrutti”.

L’appello nota la necessità di guarigione della nazione, che viene dalla relazione reciproca, e che quando i di culto, promotori di pace, vengono “bruciati senza pietà”, diventa ancora più difficile “tornare alla normalità”.

Concludono i vescovi: “Come leader delle diverse tradizioni religiose, il nostro appassionato appello a tutte le parti in conflitto in Myanmar è che abbiamo sofferto a sufficienza come popolo: lasciamo che tutte le armi tacciano, raggiungiamo tutti, come fratelli e sorelle iniziamo il sacro pellegrinaggio della pace, uniti come nazione e come popolo”.