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Il Cardinale Cantalamessa: "Lo Spirito Santo è la caparra della nostra eredità eterna"

Seconda Predica di Avvento del porporato cappuccino alla presenza del Papa e della Curia Romana

Il Cardinale Raniero Cantalamessa, OFM Cap. |  | Vatican Media Il Cardinale Raniero Cantalamessa, OFM Cap. | | Vatican Media

“Consolate il mio popolo è un invito sempre attuale rivolto ai predicatori della Chiesa”. Così il Cardinale Raniero Cantalamessa ha esordito nella II Predica di Avvento pronunciata stamane alla presenza del Papa e della Curia Romana.

“La precarietà e la transitorietà delle cose – ha osservato il Predicatore della Casa Pontificia - dimostrano che tutto passa. Tutto si rivela fragile come una lastra di ghiaccio che si rompe mentre si pattina allegramente. La tempesta – diceva il Santo Padre – smaschera la vulnerabilità. La pandemia ha fatto riscoprire la roccia su cui fondare l’esistenza terrena”.

“La parola Pasqua – ha aggiunto il Cardinale cappuccino - significa passaggio, questa parola evoca qualcosa di passeggero. Agostino ha risolto la cosa: significa passare a ciò che non passa, passare con il cuore e non con il corpo. Ciò che non passa è l’eternità, dobbiamo riscoprire la fede in un aldilà della vita”. Con le altre religioni monoteiste “siamo in cammino verso una patria comune, abbiamo in comune non solo in cammino ma anche la meta. Chi si avvicina a Dio deve credere che esiste e ricompensa chi lo cerca, è il minimo denominatore comune  di ogni religione monoteista”.

Noi ci basiamo – ha detto ancora il Cardinale - sulla resurrezione di Cristo e la promessa che ci prepara un posto nella Casa del Padre. Allora vi prenderò con me perché dove sono Io ci siate anche voi. Nel nostro tempo l’ateismo si esprime come negazione dell’esistenza di un creatore, prima negava l’aldilà. La secolarizzazione ha fatto il resto, facendo apparire sconveniente che si parli di eternità tra persone al passo coi tempi. E’ un fenomeno complesso la secolarizzazione. Il secolarismo sta alla secolarizzazione come il razionalismo sta alla razionalità. Il secolarismo è sinonimo del temporalismo. Tutto questo ha avuto contraccolpo sulla fede dei credenti divenuta timida e reticente”.

“L’aldilà  - ha osservato Cantalamessa - sembra diventato uno scherzo, nessuno più lo rispetta. Noi la professiamo nel Credo, ma non ci soffermiamo mai sulle parole che riguardano la vita eterna. Il desiderio distorto di vivere sempre diventa il vivere bene, anche a spese altrui.  Senza fede nell’aldilà la sofferenza umana diventa assurda. La fede nella vita eterna è condizione della evangelizzazione. L’annuncio della vita eterna è il mordente della predicazione cristiana, nell’annunciare la vita eterna possiamo far leva sulla corrispondenza con il desiderio del cuore umano. Tutto tranne Gesù al mondo è vano”.

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“Una rinnovata fede nella eternità – ha concluso il Cardinale Cantalamessa - non ci serve solo per evangelizzazione ma anche per lo slancio del nostro cammino di santificazione. Non dobbiamo abbellire la casa terrena, senza pensare alle opere buone che ci serviranno nella casa dell’eternità. Noi dobbiamo fissare lo sguardo sulle cose invisibili e eterne. Il peso della tribolazione è leggero perché momentaneo, quello della gloria smisurato perché eterno. Che faremo tutto il tempo in cielo? Vivremo immersi senza fine nell’Amore trinitario. Per il credente l’eternità non è solo promessa, ma esperienza che in Cristo si è fatta visibile. Con Cristo ha fatto irruzione nel tempo. Ogni volta che ci comunichiamo o ascoltiamo il Vangelo che è parola di vita eterna. Questa presenza è lo Spirito Santo, caparra della nostra eredità eterna. La Chiesa deve smentire l’idea che pensare alla vita eterna non ci faccia pensare alla cura del creato.  La durezza della prova che viviamo dovrebbe aiutarci a infondere coraggio in chi non ha il conforto della fede. Consolate il mio popolo, era l’ordine di Isaia”.