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Il Diario di Santa Gemma Galgani

Visse un'intensa esperienza mistica segnata dall'amore alla Passione di Cristo

Santa Gemma Galgani |  | gemmagalgani.it Santa Gemma Galgani | | gemmagalgani.it

Santa Gemma Galgani visse solo venticinque anni. Il suo esistere fu segnato dalla prematura scomparsa della madre (1886), del padre (1897), e dell'amato fratello Gino, seminarista scomparso di tisi, a diciotto anni e dalla precarietà economica.

In tutto che segna l'angoscia del vivere, la ragazza di Capannori visse, con straordinaria intensità, la Passione di Cristo.

Professando i voti di povertà, castità ed obbedienza, visse la spiritualità passionista, mettendo la parola amore su ciò che si delineava nei propri giorni.

Della santa resta l'Autobiografia, scritta per volere del proprio padre spirituale, il passionista  Germano Ruoppolo che vide in lei, il segno di Dio ed il Diario, nel quale racconta la propria vita mistica, vissuta con profondità e passione.

Questo narra l'esperienza che la santa sperimentò dal 19 luglio al 3 settembre 1900. E' un piccolo quaderno nel quale la giovane riporta, ogni sera o a cadenze quasi regolari, il proprio vissuto.

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Aprendolo, nella pagine scolorite dal tempo, si legge: il quotidiano della giovane, segnato dal lavoro per dare una mano in casa; i tempi che dedicava alla preghiera e le molte sofferenze patite.

La presenza di Cristo, della Madonna, che la giovane chiama la Mamma celeste e dell'Angelo custode sono i compagni del vissuto della ragazza.

Il demonio, spesso, la tenta la batte e la infastidisce, ma la Galgani ricorrendo all'Angelo custode e ed alla Madonna, sempre presenti nella sua vita, riesce a superare quanto le accade.

Oltre alle consolazioni spirituali, il suo cammino è segnato da moltissime prove interiori, come l'aridità spirituale ed altri momenti di buio, che le causano tristezza e difficoltà nella preghiera.

Questo stato d'animo, molto doloroso, fu  vissuto, anche, da  altri mistici come Santa Teresa di Avila, che, negli scritti, ne richiama la presenza ed è approfondito da Sant'Ignazio di Loyola che, nelle Regole su discernimento degli spiriti, offre dei consigli pratici per venirne fuori.

Nel Diario, domenica 12 agosto 1900, la santa scrive: ”Sono giunta a domenica. Che svogliatezza, che aridità! Ma pure non voglio lasciare le mie preghiere.”

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E' interessante notare come la mistica, non poggia la vita cristiana, sul sentire la gioia o la consolazione nella preghiera, ma sulla volontà, ferma e decisa, di unirsi al Padre, con lo sforzo del suo continuare a dedicarsi all'orazione.

Sant'Ignazio di Loyola, mistico ed uomo di grande introspezione personale, consiglia questo stesso modo di procedere.

Il Diario, ricco di spunti e preziose indicazioni , narra la partecipazione della donna alla Passione di Cristo vissuta, con tanto amore, da portarne i segni come ad esempio la corona di spine.

Il 20 luglio, annota:”Ieri? poi, alle quattro circa, mi venne un desiderio di unirmi un altro po' con Gesù; mi provai e mi unii subito con lui. Per dire il vero, sentivo tanta ripugnanza, perché mi sentivo stanca, e senza forza; mi trovai di nuovo davanti a Gesù. Si mise accanto a me, ma non era più triste come la notte, era più allegro; mi accarezzò un po', poi contento contento mi levò la corona dalla mia testa (un po' soffrii anche allora, ma meno) e se la ripose sul suo capo, e non sentii più nessun male; ritornai anzi subito in forze, e stavo meglio allora che avanti di soffrire.

Gesù poi mi domandò diverse cose; io pure gli dissi che non mi mandasse a confessare dal padre Vallini, ché non ci vado volentieri; Gesù allora si fece serio e un po' arrabbiato mi disse che, subito che ne avessi bisogno, ci andassi. Glielo promisi e ci vado volentieri.

Avevo sempre tante cose da dire a Gesù e lui sentivo che a poco per volta mi veniva a mancare; allora mi promise che più tardi, alle preghiere della sera, sarebbe tornato; ma allora era anche più

contento: mi aprì il suo cuore, che vidi scritte due parole che non capivo. Glielo chiesi di saperle; mi rispose Gesù: « Io ti amo tanto, perché molto mi somigli ». « In che cosa, o Gesù », gli dissi, « ché mi vedo tanto dissimile a te? ».

« Nell'essere umiliata », mi rispose.”.

Nel testo si legge, con vibrante passione, il desiderio della mistica di patire e soffrire unita a Gesù: questo è il segno dell'amore, in quanto quel sentire, unì il suo cuore a quello del Cristo, rivivendone la dolorosa salita al Gogota.

Ed è la gioia dell'amare il Cristo, che condusse Gemma Galgani sulle vette della mistica.

Nulla si frappose fra Dio e la santa: prove, tribolazioni, tentazioni, dolori, malattie, fastidi del demonio. La mistica, con perseveranza e forza, unì tutto ai dolori vissuti dal Cristo nella Passione.

Questo ed altri segni confermano la bellezza di quest'anima.

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La sua non fu una vita facile, anzi leggendo quel quotidiano, si resta turbati dalle tante tribolazioni affrontate, ma è anche motivo di gioia sentire l'amore, forte e profondo, della ragazza che le permise di camminare fino a quel 11 aprile 1903, giorno in cui salì al cielo.

Beatificata nel 1933, dal 2 maggio 1940 il suo esempio splende sulla gloria degli altari, dal quale la sua parvenza si fa presenza, in coloro che si affidano alla sua intercessione presso il Padre.