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Il dogma dell'Immacolata Concezione alla luce del pensiero di Duns Scoto

Un colloquio con il Presidente della Commissione Scotista Internazionale, il Padre francescano Josip B. Percan

Josip B. Percan ofm, Presidente della Commissio Scotistica |  | www.scoto.net Josip B. Percan ofm, Presidente della Commissio Scotistica | | www.scoto.net

Otto dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione. Ogni volta che ci troviamo di fronte a questo dogma, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla “Ineffabilis Deus”, ci sentiamo un po’ smarriti. Dobbiamo confessarlo. Di fronte alla grandezza dell’Immacolata, ci sentiamo piccoli.

Aci Stampa ha chiesto a Padre Josip B. Percan , Presidente della Commissione Scotista Internazionale, di aiutarci a comprendere meglio questo ineffabile mistero. E lo facciamo attraverso l’approfondimento della teologia di Duns Scoto, una delle figure più illustri che si è addentrato nella spiegazione dell’Immacolata Concezione.

Presidente Percan, Giovanni Paolo II definì Duns Scoto il “Cantore del Verbo Incarnato e difensore dell’Immacolato Concepimento di Maria”. Il verbo cantare ricorda - in una certa misura - la "lode". E nel pensiero francescano, tale termine, ha una connotazione ben precisa. In sintesi: non poteva che essere francescano il "cantore dell'Immacolata"?

A questo proposito mi sembra utile fare alcune puntualizzazioni. È innegabile l’esistenza secolare d’una coltivazione piuttosto intensa della devozione verso la Vergine Immacolata nelle comunità d’ispirazione e guida francescana, il che, ovviamente, non vuol dire che anche gli altri non abbiano ammirato ed onorato colei che meritò il celestiale saluto dell’angelo Gabriele: “Ave, piena di grazia...”. Parallelamente alla fede e alla devozione popolare, il Medioevo, in particolare la scolastica aurea (nella seconda metà del XIII secolo), sviluppò la tendenza o forse meglio l’ambizione di dare una spiegazione o giustificazione teologica (quindi razionale) della devozione mariana radicata nel popolo cristiano. In altre parole, il “sensus fidelium” ha alimentato il pensiero teologico dei grandi Maestri, il che, di certo, (lo ripeto) non è stato un’esclusiva della “scuola francescana”, la quale tuttavia primeggiò, ed in essa il pensiero del Beato Giovanni Duns Scoto rappresentò una vera punta di diamante! La formula “potuit, decuit, ergo fecit”,  maturata nella tradizione francescana medievale permette agli occhi del credente cristiano di abbracciare in uno solo sguardo tutto lo splendore dell’Amore eterno di Dio, che creò il mondo e le sue meraviglie per mezzo del suo Verbo, di cui la più sublime opera è proprio l’Incarnazione stessa del Verbo divino, nato da Maria, Madre Immacolata, “piena di grazia”, ossia preservata da ogni ombra del peccato...

“Cristo esercitò il più perfetto grado possibile di mediazione relativamente a una persona per la quale era mediatore. Ora per nessuna persona esercitò un grado più eccellente che per Maria. Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale”. Così Duns Scoto, nei suoi scritti. Dunque, affrontiamo - insieme - il tema del peccato. Uno temi più "scottanti", diciamo pure così. Possibile una spiegazione in poche parole, possibile riassumere un concetto così grande?

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In concetti portanti dell’“algoritmo” scotiano, del nucleo logico che Duns Scoto utilizza per sviluppare la sua dottrina sull’Immacolata, sono: Cristocentrismo; peccato umano; Incarnazione del Verbo e Redenzione preventiva di Maria. Come ci ricorda S. Giovanni Evangelista nel Prologo: “In principio era il Verbo”..., che diventò il dono della Vita nella meravigliosa creazione, in cima alla quale sta la creatura umana dotata di potentissimo “software” dell’anima razionale, che rende l’uomo capace di interagire con Dio e con il creato, e di continuare l’opera divina della creazione per mezzo della forza spirituale della ragione che per il dono Dio portiamo in noi. La libertà razionale di cui l’uomo è stato dotato spiega, però, anche l’incidente di percorso – nel peccato di Adamo ed Eva – che permise l’introduzione del subdolo “virus” del peccato nel sistema della vita umana. L’Onnipotente non poteva non prevedere la caduta dell’uomo (senza per questo volerla!), e quindi ne preparò un adeguato rimedio, non modificando per questo l’ordine divino precostituito.  Dio fin dall’origine previde anche Maria quale Madre degna del Figlio divino, e quindi la preservò anche – in vista dell’affasciante Incarnazione del Verbo divino – da ogni ombra dell’inquinamento peccaminoso. La bellezza e la grandezza dell’Immacolata non sta però solo nella sua predestinazione per il ruolo della Madre purissima del Figlio di Dio. La prescienza e la predestinazione di Dio non limitano e non condizionano la creatura umana dotata di volontà razionale, e quindi, agli occhi dell’anima cristiana, Maria è ammirevole anche per la sua Fede che la fece accogliere liberamente nel suo cuore – Immacolato ma umano – le parole dell’Angelo di Dio!

Devozione popolare e mariologia: come poter coniugare queste due "onde" della scia di Maria.   E' facile passare da un estremo all'altro. E allora, chiedo, possibile una via “di mediazione” fra questi due poli, o è bene lasciarli ben distinti?

Come è già stato sottolineato la devozione del popolo di Dio è quel humus sul quale si regge anche la struttura razionale di ogni ragionamento mariologico. Sono quindi convinto che non sia bene, anzi che non sia possibile scinderle, perché ogni discorso teologico, per quanto razionale e logico possa essere, non si regge a lungo in piedi se gli viene a mancare il supporto della fede vissuta del popolo di Dio, quel sentire intuitivo dell’animo cristiano della gente semplice, che è da sempre il vero bastione della fede della Chiesa, e quindi anche della sua dottrina mariologica. D’altronde, neppure la riflessione speculativa, assai fine e profonda, del Beato Maestro francescano, è comprensibile per chi tenta di leggerla al di fuori del suo naturale contesto della ricchissima coltivazione della fede e della devozione popolare ed ecclesiale!

Un'ultima domanda, A che punto si trovano, oggi, gli studi della Commissione Scotista? Può darci qualche spunto di riflessione su come vedere questa importante istituzione calata  nel nostro presente?

La Commissione Scotista è stata istituita nel 1938 presso il Collegio Internazionale di S. Antonio, in Roma, con lo scopo di organizzare una nuova edizione critica dell’intero opus teologico e filosofico del Beato Giovanni Duns Scoto. Negli otto decenni della sua attività la Commissione ha editato 20 volumi (circa 12000 pagine di testo in formato A 4) dell’Ordinatio e della Lectura, le due opere fondamentali del commento autentico del Dottore francescano al Libro delle Sentenze di Pietro Lombardo. Si tratta di testi fondamentali per conoscere il vero pensiero del Maestro. Attualmente la Commissione è impegnata nella preparazione di un grande indice analitico del commento scotiano, che faciliterà l’orientamento e la ricerca di chi oggi si accinge allo studio del suo pensiero. È già prevista la prossima edizione del Quodlibet scotiano, che è l’ultima opera autentica del Beato Maestro, morto in fama sanctitatis, a Colonia sul Reno a soli 43 anni, dove, nella Minoritenkirche, riposano – onorate – le sue spoglie mortali.

 

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