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Il Papa a Milano, la preghiera nello "scurolo"

Scurolo di San Carlo | Lo scurolo di San Carlo nel Duomo di Milano | Wikimedia Commons Scurolo di San Carlo | Lo scurolo di San Carlo nel Duomo di Milano | Wikimedia Commons

In dialetto lombardo “scurolo” significa “luogo scuro”. Ed è questo il nome che è stato dato alla cripta del Duomo di Milano, lì dove sono sepolte le spoglie di San Carlo Borromeo. Come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI prima di lui, Papa Francesco scenderà nello “scurolo”, arriverà davanti alla tomba di San Carlo, e vi sosterà in preghiera, sotto una decorazione d’argento di 15 quintali che fu donata da Alessandro Manzoni. È lì, nello “scurolo”, che la Chiesa ambrosiana prega.

Lo spiega ad ACI Stampa monsignor Claudio Fontana, Maestro delle cerimonie dell’Arcidiocesi di Milano. “Il termine scurolo – dice – è tipico dell’italiano lombardo della post riforma del Concilio di Trento viene indicato un ambiente sotterraneo annesso ad una Chiesa, quello che altrimenti con un termine più usato si potrebbe definire una cripta”.

Lo scurolo non fu immaginato nella Cattedrale - nel progetto iniziale non si prevedeva una cripta - , ma deve la sua presenza proprio a San Carlo Borromeo, che – nominato arcivescovo nel 1565 – chiese a Pellegrino Tibaldi, suo architetto di fiducia – di prevedere lo scavo di una cripta. La cripta era inizialmente sotto il coro, e poi si andò ad allargare, fino alla forma attuale.

La presenza del Papa lì è importante per la Chiesa ambrosiana. “Ci sarà – racconta monsignor Fontana – prima una preghiera silenziosa del Santo Padre, poi un momento di raccoglimento e venerazione davanti la tomba di San Carlo”.

San Carlo, infatti, “alla sua morte, nel 1584, desiderò essere seppellito sotto il pavimento della Cattedrale, davanti ai gradini che conducevano all’altare maggiore, cosicché tutti i sacerdoti, calpestando la sua lapide, potessero ricordarsi di lui con una preghiera”.

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Nel tempo, la tomba di San Carlo è stata “messa in onore”, isolata rispetto all’altra zona del pavimento, e quando San Carlo fu canonizzato nel 1610 la tomba era diventata “una cappella ottagonale sotterranea”. Da allora – racconta monsignor Fontana – “questo luogo in Duomo che si trova esattamente sotto l’altare maggiore è un luogo molto caro ai milanesi. San Carlo divenne, insieme a Sant’Ambrogio, il più venerato dei santi vescovi di Milano, e sono una ventina!”

Lo “scurolo” è dunque un luogo di riferimento e preghiera “non solo per i fedeli, ma anche per i visitatori illustri”.

“Già dal 1610 – ricorda il liturgista milanese - iniziarono ad esserci queste visite, il Ducato di Milano apparteneva al regno di Spagna, visite anche di personaggi reali, e ciascuno portava un dono da lasciare. I duchi di Baviera lasciarono un corona, Maria Teresa d’Austria lasciò una croce, Giovanni Paolo II nel 1984 lasciò sul corpo di San Carlo il suo pallio papale usato poco prima per la celebrazione della Messa e dunque attualmente il corpo di San Carlo. Anche gli ultimi pontefici in visita a Milano vissero questo momento di raccoglimento e di preghiera che proprio la natura stessa dell’ambiente consente. Custodito nel silenzio, dove brilla la santità”.

Perché San Carlo è così amato? Perché la sua scelta di essere vescovo residente a Milano fu accolta con gioia, dato che da 50 anni i milanesi non conoscevano il loro arcivescovi, da prassi cooptati al servizio della Santa Sede e residenti a Roma, sostituiti da un vicario. Racconta monsignor Fontana che “quando si seppe che Carlo Borromeo primo tra tutti i vescovi dopo il Concilio di Trento volle andare a risiedere nella sede di cui era diventato vescovo i milanesi si meravigliarono molto e accolsero con uno straordinario entusiasmo la figura di un pastore che ritornava in messo al suo gregge”.

E poi, “la personalità di Carlo, molto dinamica, con il piglio del riformatore e dell’organizzatore, fece anche presa sul clero e sul popolo di Milano. Seppe riorganizzare tutta la diocesi e potremmo dire la Chiesa lombarda perché le altre diocesi ne furono a sua volta contagiate con questa opera di ricostruzione del tessuto ecclesiale. Nei suoi venti anni – non solo a livello centrale, riorganizzazione della Curia, fondazione di seminari, decine di collegi, le scuole della dottrina cristiana, raggiungendo tutte le parrocchie della diocesi, fino in Svizzera, andando ai confini Nord dell’Italia, nei cantoni svizzeri allora molto movimentati dalla riforma protestante, visitando anche le diocesi lombarde e questo lo faceva ogni anno dedicando circa metà dei mesi dell’anno a queste visite che portava i fedeli a vedere il loro”.

Molti seminari portano il suo nome anche in America Latina, ed è questo uno dei motivi per cui San Carlo non è un santo sconosciuto a Papa Francesco. E tra l’altro San Carlo è pure legato a Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della compagnia di Gesù, con il quale intratteneva corrispondenza.

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“Oggi – conclude il monsignore - lo scurolo di San Carlo si trova all’incrocio della visita dei fedeli e di quella dei turisti perché entrambe le categorie, cui sono riservati degli spazi appositi nella Cattedrale, trovano nello scurolo un punto comune. Qualche turista si meraviglia di trovare un personaggio di cui ha sentito parlare negli studi di storia, mentre i milanesi non mancano di scendere per una preghiera a San Carlo. Dopo San Carlo tutti gli arcivescovi sono stati sepolti in Duomo. Questo comporta che un Milanese che viene in Duomo si ferma davanti ad uno degli arcivescovi che ha conosciuto – dal Cardinale Schuster al Cardinale Martini – e questo è un aspetto molto bello: i fedeli si ricordano dei loro pastori visitando la Cattedrale”.