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Il Vescovo Dell’Oro racconta la convivenza tra le religioni in Kazakhstan

Abbiamo contattato il vescovo di Karaganda, mons. Adelio Dell’Oro, chiedendo di spiegarci il modello di convivenza tra religioni in Kazakhstan

Mons. Adelio Dell'Oro celebra la Messa a Karaganda |  | credonews.org Mons. Adelio Dell'Oro celebra la Messa a Karaganda | | credonews.org

Dal 13 al 15 settembre avrà luogo il viaggio apostolico di papa Francesco in Kazakhstan, che per varie ragioni si può definire storico. Il Papa ripercorrerà un itinerario del suo santo predecessore Giovanni Paolo II, giunto nel 2001 nella capitale kazaka Astana, oggi chiamata Nur-Sultan. Il pontefice polacco aveva trascorso tre giorni di incontri molti intensi, compreso un raduno con i giovani nell’università Eurasia, prima di recarsi in Armenia e concludere il viaggio con una gioiosa Messa nella sede della locale Chiesa apostolica a Echmjadzin.

E’ previsto un incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. I cambiamenti in atto nella società kazaka sono di interesse non solo interno, ma si propongono come la ricerca di un modello nuovo per tutti gli Stati nati dalla dissoluzione dell’impero sovietico.

Nella nuova Costituzione approvata a giugno ci sono elementi di apertura verso una maggiore partecipazione dell’intera società alla gestione della cosa pubblica, valorizzando non solo i meccanismi istituzionali della democrazia, ma anche e soprattutto le tradizioni e la cultura popolare a lungo soffocate da sistemi ideologici e principi formali.

Per capire questi elementi di apertura alle esperienze religiose abbiamo contattato il vescovo di Karaganda, mons. Adelio Dell’Oro, chiedendo di spiegarci il  modello di convivenza tra religioni in Kazakhstan: “Il Kazakhstan, essendo caratterizzato da una grande diversità etnica e religiosa, dovuta storicamente soprattutto al fatto delle grandi deportazioni del periodo staliniano, con i suoi 18 milioni di abitanti, da quando ha ottenuto l’indipendenza nazionale nel 1991, persegue una politica volta al raggiungimento dell’armonia sociale; e l’idea del presidente N.A. Nazarbayev - il Congresso dei leader religiosi, è forse il progetto più importante, più ambizioso, ma non l’unico, attuato in Kazakhstan come dialogo tra civiltà e tradizioni religiose. L’Assemblea dei Popoli del Kazakhstan, essendo una piattaforma speciale per il dialogo sulle questioni etniche, comprende più di 100 nazionalità.

Noi cattolici siamo una minoranza in Kazakhstan, ma come ci ha detto san Giovanni Paolo II, siamo contenti e orgogliosi di essere ‘come il lievito in un impasto, una piccola piantina piena di speranza’. E ha anche suggerito un metodo: ‘Alla forza della testimonianza, unite la dolcezza del dialogo’.

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Così, ad Astana, il 10 giugno 2015, al Quinto Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali, il Cardinale Jean-Louis Thoran, comunicando il saluto di papa Francesco, aveva definito Astana ‘la capitale mondiale del dialogo’, affermando che il Kazakhstan è un ‘esempio’ di come uno stato può essere laico, e allo stesso tempo rispettare il fenomeno della religione. Ha espresso l’auspicio che si possa sempre evitare l’estremismo e il fondamentalismo, da un lato, e il secolarismo, che esclude la libertà di esperienza religiosa, dall’altro.

Noi cattolici, secondo le nostre capacità, cerchiamo di cooperare a questo cammino di pace, armonia e sviluppo, principalmente in tre direzioni: attraverso la bellezza, l’aiuto disinteressato e la preghiera. Attraverso la bellezza, che è la porta del Mistero. I segni di bellezza, verità e bontà che si trovano nell’uomo, nelle sue espressioni (musica, arte, letteratura, scienza ...) e nella natura, hanno alla loro base finale l’Altissimo, la Verità, che per noi cristiani è Cristo.

Inoltre, negli ultimi 30 anni, a noi cattolici è stato permesso di costruire templi del Signore, e qui, a Karaganda, è stata eretta una cattedrale cattolica, dedicata alla Beata Vergine Maria di Fatima, il cui aspetto esteriore offre l’opportunità di ‘predicare attraverso la bellezza’; un tempio in memoria delle vittime del ‘Karlag’ (Lager di Karaganda), questo è un luogo di preghiera per l’espiazione degli enormi e mostruosi crimini del regime comunista.

Ogni fine settimana, attratte dalla sua bellezza, tante giovani coppie di ogni religione, il giorno del matrimonio, si recano qui per farsi fotografare con lo sfondo della cattedrale in questo giorno così importante per l’inizio della loro vita coniugale. I segni di bellezza sono percepiti da ogni persona, di qualsiasi luogo, di qualsiasi tradizione etnica e religiosa; infatti, il cuore di tutti è lo stesso ed è la vera fonte di una visione positiva di tutto. La dinamica della conoscenza umana spinge ogni persona ad andare avanti attraverso un segno, come la bellezza di un’alba nella steppa infinita, fino a raggiungere il significato finale, fino a raggiungere il Mistero.

Attraverso un aiuto disinteressato. In ogni nostra parrocchia le porte sono aperte a tutti coloro che bussano per chiedere cibo o aiuto per le cure. Non chiediamo a nessuno di che nazionalità o di che religione siano. Gesù ci dice: ‘In quanto l’avete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’. Personalmente, sono sempre pieno di stupore quando vado a Temirtau per visitare le suore di Madre Teresa di Calcutta, che accolgono i poveri, lasciati a vivere per strada, nella loro casa. Queste persone, solo per il fatto stesso della loro accoglienza, acquisiscono una nuova dignità umana.

Attraverso la preghiera. La pace, l’armonia e lo sviluppo del Paese, essendo il risultato del lavoro quotidiano di vere relazioni, dai più alti organi di governo ai comuni cittadini, è, prima di tutto, un dono di Dio. Pertanto, nella preghiera personale, come in quella comune, c’è sempre un posto importante per la preghiera per chi è al potere, perché sappia mantenere la pace e la stabilità nel nostro Paese. Infine, cerchiamo di porre grande attenzione all’educazione delle giovani generazioni, a partire dalla famiglia, dai luoghi di istruzione, ma anche in altri ambiti. Un piccolo esempio potrebbe essere un torneo di calcetto organizzato da noi cattolici tra squadre di giovani di diverse tradizioni religiose, che si è svolto nella nostra città.

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Sono stato inviato da papa Francesco a servire la diocesi cattolica della Comunità di Karaganda e il mio grande desiderio è stato quello di stabilire e sviluppare rapporti, non ufficiali, ma genuini, con coloro che servono diverse comunità religiose in questo territorio. Questo rapporto è stato stabilito da tempo e desidero che continui. L’apertura e la cordialità di questo Paese alle varie tradizioni religiose contribuisce all’immensa ricchezza morale e spirituale che può derivare da un confronto sincero tra religioni e culture diverse. La religione, infatti, quando è autentica e non strumentale, non è certo causa di conflitti, ma parte della soluzione”.

In cosa consiste il Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali?

“Questo Congresso era stato organizzato per la prima volta nel 2003, in coincidenza con il secondo anniversario del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II (22-27 settembre 2001), dall’allora presidente della Repubblica Nursultan Abievich Nazarbaev, proprio su ispirazione di papa Karol Wojtyła, che due anni prima, rivolgendosi alla gioventù kazaka, aveva invitato musulmani e cristiani a costruire una ‘civiltà basata sull’amore’ e a fare del Kazakhstan, ‘un Paese nobile, senza confini ... e aperto all’incontro e al dialogo’, la centrale elettrica dell’ecumenismo religioso e del dialogo interculturale.

Infatti, era stata presa a modello la ‘Giornata di preghiera per la pace’ nel mondo convocata ad Assisi da papa Giovanni Paolo II nel gennaio 2002, il cui scopo era di riaffermare il contributo positivo delle diverse tradizioni religiose al dialogo e alla concordia tra popoli e nazioni dopo le tensioni seguite agli attentati dell’11 settembre 2001. Il VII Congresso interreligioso avrà come tema ‘Il ruolo dei leader delle fedi mondiali e tradizionali nello sviluppo socio-spirituale dell’umanità nel periodo dopo la pandemia’.

Da allora, dal 2003, il Congresso si è tenuto regolarmente ogni tre anni, con l’eccezione della settima edizione, rimandata di un anno a causa della pandemia, e si svolgerà nel Palazzo della Pace e della Riconciliazione. Questo Congresso è divenuto nel tempo un momento catalizzatore del dialogo tra fedi e culture a livello mondiale, per favorire la risoluzione delle controversie religiose e politiche. Il Congresso precedente si è tenuto quattro anni fa, nell’ottobre 2018. Il numero totale delle delegazioni era di oltre 80 da 45 paesi del mondo.

Il Congresso dei Leader delle Religioni tradizionali e mondiali è attualmente la più grande piattaforma di dialogo del mondo. Convoca i principali esponenti di credi religiosi, del mondo politico, oltre che scienziati e rappresentanti delle Organizzazioni internazionali, per trovare soluzioni risolutive riguardo alle questioni più urgenti in ambito religioso e politico, tra cui il terrorismo e gli estremismi religiosi.

In primo luogo, c’è bisogno che i capi religiosi di stabiliscano relazioni di prossimità più forti e più strette in un tempo nel quale le religioni stesse sono sfidate: il grande tema dell’esclusione di Dio dalle società moderne sta investendo in modo significativo le religioni, che devono ritrovare la capacità di essere credibili in questo tempo. C’è poi la questione dell’interesse delle nuove generazioni, sempre meno attratte dall’elemento religioso e dalle tradizioni che le religioni rappresentano. C’è dunque il tema della credibilità delle religioni a partire dall’assunto fondamentale: come si fa esperienza di Dio? Come si fa esperienza di fede? Come si può apprezzare il valore delle religioni? Le religioni sono per la pace. Pensiamo anche alle grandi sfide educative di questo nostro tempo.

Cosa è l’opera caritativa ‘Il faro’?

“Il Centro ‘Il faro’ (in russo ‘Mayak’) non è nato da un’astratta idea a tavolino, ma è il frutto di un reale miracolo. Il miracolo è qualcosa che si può vedere e toccare, ma che ha la sua origine nel Mistero, in Dio, che agisce nella nostra storia. Nell’autunno del 2018, alla nostra amica Galia fu fatta una diagnosi: cancro. All’inizio tutti provavano compassione per lei, ma poi lentamente, attraverso questa situazione, ci è stato rivelato il disegno del Signore su noi stessi e per gli altri.

Galia è stata abbandonata in un orfanotrofio subito dopo la nascita e fin dalla stessa infanzia sentiva che non era utile a nessuno, nemmeno a Dio. A 18 anni non più stare in quel luogo, esce e per sopravvivere comincia a fare la ‘muratrice’ e farà questo lavoro per 26 anni. Nel 2003 ha incontrato la comunità cristiana e, colpita nel cuore stesso del suo io, dopo un anno, ha chiesto e ricevuto il Battesimo, che è stato l’inizio di una grande avventura. La vita con Gesù è diventata per lei realtà e adagio adagio ha cominciato ad aver fiducia nella gente.

Nel 2018, dopo la scoperta della malattia, è iniziato il difficile percorso di cura, chemioterapia e radioterapia. Abbiamo cercato di accompagnarla da vicino, con la consapevolezza che era vicina all’incontro con Dio. Galia viveva in un orrendo casermone, dove ognuno aveva una piccolissima cameretta e cucina e bagni in comune. Allora gli amici, che le erano vicini, hanno pensato alla possibilità di affittare una casa presso la Caritas, che il direttore ha concesso. In questo luogo dignitoso e tranquillo, Galia ha vissuto gli ultimi due mesi e mezzo della sua vita terrena e da qui è partita per il suo ultimo viaggio.

Abbiamo cercato di guardare a Galia, prima di tutto, con tutto il suo bisogno di Cristo e non solo per la malattia. Negli ultimi giorni è diventato sempre più evidente, che Galia aveva pochissimo tempo prima dell’incontro definitivo con il Padre. L’addio a Galia, il 31 agosto 2020, è stato pieno di una misteriosa bellezza e di pace. Vedendo come Galia era stata accompagnata al suo destino ultimo, il diretto della Caritas diocesana ha chiesto a queste sue amiche di continuare un gesto caritativo.

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Subito, a settembre, un gruppo di una dozzina di adulti (tra cui alcune insegnanti di un ginnasio di Karaganda), insieme a un gruppetto di giovani ha iniziato un’attività con adolescenti “speciali” (cioè che presentavano diversi tipi di invalidità fisiche e psichiche) tre volte la settimana, presso i locali della Caritas. Hanno chiamato questo centro ‘Il Faro’. Viene offerta la possibilità di una amicizia vera attraverso attività di aiuto allo studio e attività espressive (canto, danza, gioco, cucina, composizioni floreali, disegno, grafica, informatica, teatro di marionette, recitazione).

Questi ragazzi e ragazze, a 16 anni finiscono le loro attività negli Istituti ‘speciali’ a loro dedicati, e poi non hanno più nulla e sono costretti a stare “nascosti” in casa. E questa è una profonda ferita per la loro dignità umana e causa una grande sofferenza ai loro genitori. E’ un’attività meravigliosa e, per chi se ne è assunto l’iniziativa, è un’esperienza di caritativa, di gratuità, ma purtroppo, a causa della pandemia, sono costretti a limitare il numero di questi adolescenti con problemi. Ci sono tante richieste, ma per ora sono circa 20 gli adolescenti che lo frequentano e molti altri chiedono di potervi partecipare.

La cosa stupefacente è che le mamme di questi adolescenti ‘speciali’ (come tutti chiamano) hanno scoperto che questo luogo era soprattutto per loro. Hanno ritrovato la speranza e la gioia in una società, che non è ancora pronta ad accogliere queste persone. Nel maggio dello scorso anno mi sono rivolto alla Congregazione delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, con sede a Torino, perché la superiora generale, madre Elda Pezzuto, potesse inviarci alcune sue suore a far diventare questo gesto di gratuità un’opera, che valorizzasse, oltre a uno sguardo cristiano verso questo adolescenti, anche la loro esperienza professionale.

Per noi cristiani poi un’opera ha il suo pieno valore in questo: rispondendo gratuitamente a un bisogno urgente delle persone incontrate, offrire attraverso le risposte anche tecniche (psicologiche, mediche, ecc.) ‘la’ risposta al bisogno totale dell’uomo, cioè Gesù. Come Gesù che vuole rispondere al bisogno di guarigione dei 10 lebbrosi, ma il miracolo vero e totale lo riceve soltanto l’unico, che avendo capito Chi glielo ha fatto, torna a ringraziare Gesù.

Madre Elda ha risposto positivamente alla mia richiesta e nel luglio di quest’anno è venuta, con una sua collaboratrice italiana e con altre tre suore dell’India a Karaganda. A novembre verranno stabilmente tre suore a iniziare quest’opera, che ha come scopo di aiutare questi giovani a sviluppare le loro capacità fisiche e psichiche e, nel futuro, secondo le loro possibilità, a poter svolgere un lavoro semplice, ma utile nella società, remunerato anche in termini economici.

I genitori di questi adolescenti ‘speciali’, che sono anche loro coinvolti attivamente in questa attività, e che anch’io ho voluto incontrare, sono contentissimi e hanno grandi aspettative, affinchè i propri figli possano continuare uno sviluppo umano fisico e psichico, fino, un domani, ad arrivare a poter svolgere anche un lavoro. Ora si tratta di costruire, su un terreno vicino alla Cattedrale di Karaganda, che la diocesi aveva acquistato tanti anni fa, un edificio con i locali adatti a tale attività. Sarà realizzato in due tappe, a causa dei costi del progetto e della non totale disponibilità finanziaria a realizzarlo completamente da subito.

Stiamo anche cercando degli aiuti economici, rivolgendoci sia alle organizzazioni che alle semplici persone, che condividono questo progetto e sono molto grato per qualunque aiuto possano darci, perché, come diceva santa Teresa di Calcutta, sono le tante tante gocce che insieme formano l’oceano della carità”.