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La missione italiana in Svezia, cattolici immigrati fin dal 1700

Monsignor Furio Cesare  |  | Missione italiana di Svezia Monsignor Furio Cesare | | Missione italiana di Svezia

In Svezia molti cattolici sono immigrati da altri paesi. Una delle comunità più forti è quella italiana che ha una sua missione con la sede a Stoccolma.

Monsignor Furio Cesare è la guida della missione. Italiano di nascita, svedese di formazione don Furio è Vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico della diocesi di Stoccolma, ci spiega un po’ la storia degli italiani in Svezia:

“Una presenza italiana in Svezia risulta già nel 1700: si tratta, per lo più, di stuccatori, figurinai di Lucca, cantastorie. Nel 1875 si registrano forse un migliaio di italiani presso la parrocchia cattolica di Götgatan  a Stoccolma.

L’inizio della emigrazione italiana nel dopoguerra ci riporta al 1947 quando, l’industria svedese conosce una grande crescita dovuta al fatto che il paese non aveva subito danni bellici non avendo  partecipato alla guerra. L’emigrazione italiana in Svezia non fu di manovali generici, bensì di operai specializzati, e la loro provenienza era soprattutto del Nord con una forte consistenza dall’Emilia-Romagna. A Västerås, cittadina non molto distante da Stoccolma  nel 1948 troviamo il primo missionario italiano in Svezia, don Pietro Tagliaferri  della diocesi di Bergamo. Il suo invio presso gli operai della ASEA di Västerås è stato abbastanza problematico e difficoltoso perché né sindacato né Governo prevedevano una assistenza religiosa, esigenza abbastanza estranea alle loro sensibilità. Tutto venne superato facendo perno sui risvolti sociali di tale assistenza.

Mentre don Tagliaferri operava a Västerås si insedierà a Stoccolma Don Piero Damiani della diocesi di Udine. In questo modo egli diviene il primo missionario italiano nella capitale svedese. Seguiranno poi altri Missionari, Padre Giulio Masiero OFM, Padre Umbero Cerutti MSF, Don Eraldo Carpanese, Don Efrem Gobbo, Don Luciano Epis, Don Josef Krol, Don Wojciech Waligorski, e oggo io.

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Come è stato l’adattamento pastorale degli italiani in Svezia ?

I primi inizi della pastorale etnica italiana in Svezia, e si può dire in Scandinavia, hanno richiesto ai missionari grossi sacrifici di adattabilità e di apertura mentale e religiosa. E ciò è avvenuto per una lodevole tenacia sacerdotale. Ne è una cartina al tornasole la precarietà per alloggio e sede. La Svezia era un paese finanziariamente prospero, non la Chiesa Cattolica in Svezia. Che tra l’altro stentava ad essere accettata e riconosciuta.     

Ma quei sacerdoti  facevano fatica a sbarcare il lunario con il modesto contributo da Roma e con qualche sporadico sostegno dalla Chiesa locale. Eppure non si sono scoraggiati, tanto meno hanno rinunziato, ma si sono dati da fare a creare un sistema di sostegno  rivolgendosi agli stessi italiani e ad amici in Italia o hanno lavorato in fabbrica. La situazione è migliorata quando la Svezia venne unita alla Germania perché i missionari italiani di questa nazione si sono autotassati per dare ai confratelli di Svezia un regolare sostegno economico per le loro attività.

Un cammino non facile ?

La Chiesa Cattolica in Svezia ha avuto pure un difficile cammino a causa della antica e perdurante ostilità protestante contro Roma e il Papa: lo si nota anche dal suo riconoscimento giuridico avvenuto soltanto nel 2000, ma anche nella mancanza di mezzi finanziari che, quando venivano, non erano dalla Svezia, ma dai cattolici tedeschi o americani.

Inoltre  la Chiesa  Cattolica in Svezia era prevalentemente formata da gruppi stranieri immigrati per ragioni politiche o economiche. Anche il clero era, ed è tuttora, in massima parte di altra nazionalità od almeno origine. Ciononostante in mezzo secolo con impegno encomiabile e sforzi pazienti e fiduciosi è riuscita in buona parte a rimuovere la un tempo impenetrabile diffidenza verso il cattolicesimo, anche facendo  molte opere caritative o sociali (asili, ospedali, case di ritrovo ecc.) .

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Forse anche per questo verso i cattolici immigrati c’è stata una grande fretta a chiedere un’ appartenenza alle comunità locali che passava attraverso la svedizzazione. Forse pesava la convinzione comune svedese che la Chiesa Cattolica era “la Chiesa degli stranieri” e quindi “la Chiesa dei poveri” (che chiedevano alla Svezia un riscatto civile).

Era questa un po’ l’angustia dei missionari italiani manifestata apertamente nel Convegno dei Direttori di Europa di Desenzano del Garda, 13-15 febbraio 1968.

E oggi qual è la situazione ?

 Oggi la Comunità italiana conta 15 associazioni unite nella F.A.I.S. Federazione Assistenza Italiani in Svezia. Gli italiani di passaporto sarebbero stati nel 2002 ca. 7.700 che con gli oriundi ammonterebbero a 19-20mila. 

La partecipazione degli italiani un tempo molto forte sta diminuendo sempre più: la prima generazione è comprensibilmente composta da anziani, la seconda sembra assorbita nell’ambiente svedese, la terza sta ricercando una propria identità.

Gli italiani sono una comunità comunque non formata più solamente né principalmente da operai, bensì ed in continuo aumento da studenti, diplomati (ingegneri, medici…) che  di per sé chiedevano una specifica assistenza italiana.

Forse è anche il momento di un serio “impegno cristiano laicale” che sappia vivere in pienezza ed originalità la propria fede cristiana nella Chiesa locale. E’ quindi il momento di un ”laicato spiritualmente ed ecclesialmente maturo” che sappia fare sintesi fruttuosa ed efficace della esperienza originale e della vitalità locale.