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Leader religiosi europei, il dialogo per superare il radicalismo religioso

Commissione Europea | Bruxelles, 21 novembre 2014 - ingresso della Commissione Europea | Andrea Gagliarducci / ACIStampa Commissione Europea | Bruxelles, 21 novembre 2014 - ingresso della Commissione Europea | Andrea Gagliarducci / ACIStampa

Abbattere i muri della divisione per costruire fratellanza. Theodorus Cornelius Maria Hoogenboom, vescovo ausiliare di Utrecht, traccia così le linee guida dell’Europa. E su questa linea si inseriscono tutti gli interventi alla Conferenza sul dialogo e la tolleranza svoltasi presso il Parlamento europeo a Bruxelles martedì 24 marzo. Un incontro che doveva rappresentare una sorta di indagine per comprendere dove nasce il radicalismo religioso e come il dialogo interreligioso possa rispondere a queste esigenze.

 

Un incontro che è ancora più importante se si considera che tra i 3 e i 5 mila combattenti dell’autoproclamato Stato Islamico sono stati arruolati in Europa. Immigrati di terza generazione, nati e cresciuti in Occidente. Cosa ha portato queste persone a diventare fondamentalisti? Cosa non ha saputo loro offrire l’Europa? E, dato che molti sono cittadini britannici, si può dire che il modello multiculturale britannico sia fallito?

 

Patrick Daly, irlandese, Segretario generale della COMECE, la Commissione delle Conferenze Episcopali delle Comunità Europea, sottolinea ad ACIStampa che “non penso che il modello interculturale inglese sia fallito. Ho lavorato per venti anni in un ambiente anglosassone,  e posso dire che è un ambiente molto multiculturale, dove c’è grande cooperazione e una tolleranza molto alta.”

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Sottolinea padre Daly che “alcuni non hanno purtroppo trovato una loro identità, ci sono giovani che non sono riusciti a identificarsi nella cultura in cui sono cresciuti, ed è una questione culturale, sociale, sicuramente da affrontare. Ma non dobbiamo troppo concentrarci sull’aspetto drammatico di questo fenomeno. Parliamo di una minoranza di giovani, non di una maggioranza di giovani. Dobbiamo ammettere che ci sono problemi, ma ci sono anche grandi successi da vivere insieme.”

 

Proprio sul dialogo si è concentrato l’intervento del vescovo ausiliare di Utrecht Hoogenboom. Il quale ha spiegato che il dialogo è basato sulla volontà delle diverse culture e religioni di “conoscersi, rispettarsi e procedere insieme per il bene comune,” ma che questo funziona se il dialogo è “regolare, non sporadico.” Per questo, il presule ha richiamato i leader religiosi al “al dovere di promuovere una cultura della pace mediante l’insegnamento, la predicazione, la cura delle persone che si trovano nel bisogno. Occorre abbattere i muri della divisione e costruire la fratellanza; serve un reciproco rispetto, senza pregiudicare la libertà di nessuno.”

Anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha invitato ad accogliere e valorizzare le diversità nel campo religioso. Ci vuole, ha detto il rabbino, il “rispetto dei diritti di chi crede in Dio”. Il Rabbino Di Segni ha messo in luce come "le cause di destabilizzazione in Europa sono molteplici, dalla crisi economica ai grandi di fenomeni di immigrazione. Ognuno deve fare la sua parte e anche le religioni devono farla. Si tratta di un processo reciproco, tra religione e religione, e  tra religioni e istituzioni e società. Le religioni possono e devono insegnare i valori della convivenza e del rispetto. Ma anche la società deve garantire il rispetto e l’equilibrio tra tutte le sue componenti accettando la diversità come un valore."