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Letture, ripercorrere la vita del grande scrittore Charles Dickens

Ecco il racconto di Mario Iannaccone nel libro dedicato a Charles Dickens e appena pubblicato da Ares

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Iniziando il racconto della sua vita travagliata, piena di svolte, di abissi e di risalite, David Copperfield comincia da dove comincia tutto, per un uomo, su questa terra: la sua nascita, in una notte fosca,
tempestosa, un venerdì a mezzanotte, e la tradizione vuole che chi nasce in queste ore ha la vita segnata da eventi straordinari, presenze dell’altro mondo, segnata insomma dal mistero e dall’inesplicabile.

E così inizia anche l’esistenza del suo creatore, Charles Dickens, e parte proprio da questo momento il racconto di Mario Iannaccone nel libro a Dickens dedicato e appena pubblicato da Ares.

Del resto è noto che Copperfield sia un personaggio d’invenzione ma non completamente inventato; Dickens, ricorda
Iannaccone, "scrisse il libro dopo un periodo di crisi e nostalgie, quando si risvegliarono in lui ricordi infantili relativi ai primi anni della sua vita che erano rimasti a lungo sepolti, e che sentì il bisogno di far
vivere sulla carta".

Charles Dickens è nato di venerdì, proprio come David, il 7 febbraio 1812 e, probabilmente, vicino alla mezzanotte. Fantasmi e presenze dall’oltretomba per Dickens non sono stati solo una suggestione letteraria, creativa, affabulatoria. David Copperfield non è di certo un’autobiografia, ma contiene molti fatti autobiografici: a dimostrazione che la vita ricchissima di fatti, incontri, eventi ha fornito
costantemente materia per romanzi e racconti, ha rappresentato il terreno fertile in cui hanno germinato i capolavori dickensiani. Romanzi ed esistenza si sono costantemente intrecciati, generando, a loro volta, ad un universo “parallelo” in cui milioni di lettori si sono persi, o meglio ancora, si sono ritrovati, e si sono riconosciuti.

Quello che Dickens racconta, dunque, è quasi tutto vero, nel senso che lui l’ha vissuto, l’ha visto, o comunque l’ha rielaborato e reinventato. E la storia della sua vita, così come la descrive come Iannaccone, si lege come una sorta di romanzo.

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Amare il prossimo, soprattutto quando è debole, povero, emarginato, credere nella Divina Provvidenza: sono queste le linee portanti della visione dello scrittore sulla vita, come messo in rilievo nella nuova
biografia. A lungo si è discusso sulla fede del grande scrittore, la sua posizione rispetto al cattolicesimo. Sipuò approfondire il tema, ad ogni  modo è interessante quello che Iannaccone ricorda nel percorrere le vicende del suo “protagonista”. Durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Genova. La famiglia Dickens
ha trovato una splendida sistemazione in un palazzo del XVI secolo chiamato Villa delle Peschiere, ufficialmente Villa Pallavicino, nel centro della città, circondata da giardini splendidi e larghi terrazzi.

Secondo Dickens la casa era però infestata da fantasmi. Una delle prime notti sogna uno spirito, una visione femminile, una giovane vestita di azzurro: lui pensa subito che sia Maria Vergine. Poi invece considera l’idea che possa trattarsi di Mary, l’amata cognata diciannovenne defunta. A ogni modo, tende le braccia
verso l’apparizione e le chiede qualche segno più eloquente della sua presenza: lo spirito lo induce ad esprimere un desiderio. Al risveglio si ricorda di ogni dettaglio, a cominciare dallo scambio di battute che
riporta fedelmente per iscritto: "La signora Hogarth è assediata da grandi sofferenze. Potresti liberarla? Sì. E la sua liberazione mi garantirà che è tutto finito? Sì. Ma ti prego, rispondi a un’altra domanda! Qual è la vera religione? Pensi anche tu, come me, che la religione non abbia molta importanza se si cerca di
compiere il bene? O forse la Chiesa cattolica è la migliore? Forse induce a pensare a Dio più spesso e a credere in lui con maggiore fermezza? È la migliore per te.

"Era Mary Hogarth o era la Madonna? Dickens aveva il dubbio, ma propendeva per la seconda. Spiegò alla moglie che cosa aveva visto: lei lo fece ragionare dicendogli che la sera precedente aveva visitato una cappella e udito delle campane e che quelle sensazioni dovevano aver avuto un influsso sul suo spirito stanco e sovraeccitato per la novità del luogo. In una lettera a Forster, tuttavia, si chiedeva ancora se fosse stato davvero solo un sogno o un’autentica
visione. In quel momento Dickens rischiò davvero una conversione, ma la moglie e l’amico lo trattennero da ogni passo ulteriore e lo convinsero che il suo sogno non aveva nulla di soprannaturale", si legge nel libro. Un episodio che incuriosisce e che comunque apre altre prospettive, nella lettura più profonda delle
opere dickensiane.

Anche se quanto capita di vivere allo scrittore, come la crisi della sua numerosa famiglia che in qualche modo si disgrega soprattutto sotto i “colpi” di una passione travolgente per una giovanissima donna, con il
matrimonio finito dopo decenni di convivenza e molti figli, Dickens fino alla fine descrive e sostiene il potere salvifico, indistruttibile della famiglia, dell’amore che tiene insieme la famiglia e che, per estensione,
si propaga agli altri. Speranza che viene dalla fede. Passione per l’umano, lotta contro le ingiustizie sociali, per sconfiggere la
piaga della prostituzione e del lavoro minorile, che lui stesso aveva dolorosamente sperimentato. Al di là di ogni considerazione, quel che sempre continua ad attrarre verso Dickens è quella sua capacità di creare mondi, di generare storie, di far sentire il lettore al centro delle storie che, mutando i tempi storici e le situazioni, sono eterne ed eternamente parlano al nostro cuore.

Mario A.Iannaccone, Charles Dickens. Una vita, Edizioni Ares, pp.360, euro 22