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Nella catacomba di Priscilla sulla via Salaria la prima rappresentazione del Natale

I magi e la stella adorano la Madonna con il Bambino

La Natività della Catacomba di Priscilla |  | pd
La Natività della Catacomba di Priscilla | | pd
L'adorazione dei Magi nella Catacomba di Priscilla |  | pd
L'adorazione dei Magi nella Catacomba di Priscilla | | pd

“Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». […] Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. Questa scena descritta nel Vangelo di Matteo è una delle più celebri ed affascinanti della tradizione cristiana. Nel corso dei secoli, soprattutto nel periodo rinascimentale, il racconto della nascita di Gesù ha richiamato l’attenzione dei più gradi artisti, come Caravaggio, Botticelli, Raffaello e molti altri.

Ma la prima raffigurazioni della Natività risale al III secolo, e si trova a Roma, nelle catacombe di Santa Priscilla. Un cimitero sotterraneo che una donna, di nome appunto Priscilla, donò alla comunità cristiana dei primi secoli. Un’area cimiteriale che si estende circa 13 chilometri sulla via Salaria Nuova, abbracciando un ampio lasso di tempo che va dalla vita delle catacombe come luogo di sepoltura comunitaria sino alla stagione della devozione e del culto per i martiri e per i pontefici sepolti nel complesso (da San Marcellino a Papa Virgilio).   

Ed è proprio all’interno di questa aera cimiteriale, una delle più ricche sia dal punto di vista monumentale che storico, si conserva la pregiata pittura della Madonna con il bambino e il profeta Balaam che indica una stella, la stessa descritta nei libri dei Numeri: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele“ (Nm 24, 17).

Questa pittura posta sul soffitto di una nicchia, nel cosiddetto “nicchione della Madonna con il profeta”, è la più antica rappresentazione della natività. Situata nel cuore dell’arenario centrale della catacomba, questa immagine è collocata nel luogo dove i cristiani alla fine del II secolo - o agli inizi del III – pregavano e custodivano le spoglie dei fedeli delle prime comunità romane.

In essa si custodisce anche una delle prime rappresentazioni dell’Adorazione dei Magi. Queste tre misteriose figure che nel corso dei secoli sono entrate a far parte nella rappresentazione della Natività. Ma chi erano questi uomini venuti dall’Oriente che l’evangelista Matteo chiama con il nome di “Magi”? Ai vari significati che si possono attribuire al termine “mágoi”, essi erano molto probabilmente tre astrologi appartenenti alla casta sacerdotale persiana, e in seguito interpretatati come i “tre re” dei continenti allora conosciuti: Asia, Africa e Europa; identificandoli solo nel VI-VII secolo da Beda il Venerabile (673-735) con i nomi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare.

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Un dettaglio importante, nella pittura conservata nella catacomba di Santa Priscilla, è la stella, che nel racconto di San Matteo avrebbe spinto i Magi a mettersi in cammino verso Betlemme. Ma questa è veramente esistita? E che tipo di stella era? Nel XVII secolo Giovanni Keplero avanzò l’ipotesi, tutt’oggi riproposta anche da alcuni astronomi, che nell’anno 7 e 6 a.C. (data verosimile della nascita di Gesù) si è verificata una congiunzione dei pianeti, e si fece largo l’idea che si trattasse di una supernova. A questo ovviamente sono seguite varie teorie ed elaborazione nel corso della storia, ma come afferma Papa Francesco nella sua lettera apostolica sul significato e il valore del presepe - intitolata “Admirabile signum” - la stella narrata dall’evangelista Matteo deve essere osservata come il “segno che noi pure siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il Signore”. 

Un altro aspetto curioso è sicuramente il significato dei doni che i Magi portano a Gesù: Oro, mirra e incenso. Doni che sicuramente non servivano a soddisfare le necessità quotidiane, ma questi assumono un valore simbolico importante. San Leone Magno nel 461, in uno degli otto sermoni sull’Epifania, spiegava così i doni offerti alla Sacra Famiglia: “Certamente, oltre la luce di quella stella che eccitò la loro vista corporea, un raggio più fulgente della verità ammaestrò i loro cuori, affinché, prima di intraprendere il faticoso viaggio, comprendessero che era indicato loro colui al quale si doveva onore regale nell'oro, la venerazione divina nell'incenso, la confessione della mortalità nella mirra”.

Benedetto XVI, nel suo libro “L’infanzia di Gesù”, riferendosi al mondo contemporaneo e sull’attitudine da seguire nel periodo di avvento, parla dei Magi come “sapienti dell’Oriente”, e di come essi “rappresentano l’incamminarsi dell’umanità verso Cristo, inaugurando una processione che percorre l’intera storia”.

 

 

 

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