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Nosiglia, il metodo di Don Bosco è quello di Gesù, nessuno si perde

La omelia dell' arcivescovo di Torino per la festa di Don Bosco, servono educatori convinti di quello che propongono

La Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco |  | basilicamariaausiliatrice.it La Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco | | basilicamariaausiliatrice.it

"Nessun ragazzo e ragazza considerato “morto”, perduto per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: “Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio!””

Nella omelia del 31 sera per la festa di San Giovanni Bosco nella Basilica Maria Ausiliatrice di Torino l'Arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia ha ripetuto la teoria educativa del santo dei ragazzi.

““Ragazzi difficili”, come vengono chiamati, ma pur sempre ragazzi, che attendono da noi segnali concretidi prossimità, di amore nella verità e di dialogo sincero e attento alle loro esigenze più profonde, che manifestano a volte anche con modi, linguaggi, scelte e comportamenti giudicati paradossali e trasgressivi da noi educatori” ha detto.

Ragazzi che, come insegna don Bosco, di fatto sono sempre presenti anche se sembrano assenti: “lo fanno con linguaggi inusuali, forse, ma molto chiari per chi sa interpretarli e se ne fa carico. Solo accogliendo ed intercettando questi linguaggi possiamo sperare di entrare nel loro mondo interiore e stabilire un contatto non solo esteriore ma profondo ed amicale. Il problema è non lasciarsi fermare o scandalizzare dalle loro volute e cercate provocazioni verso il mondo degli adulti e verso tutto ciò che contestano. Nel profondo, restano ragazzi in ricerca del senso della vita, di affetti sinceri, di gioia e speranza per il futuro”.

 

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Del resto il metodo di Don Bosco nasce alla scuola del più grande dei maestri: Gesù. Così come Cristo davanti alla morte della figlia di Giairo, ha spiegato Nosiglia, dice quell’ TalitàKum, alzati ragazzina l’educatore deve anche “ dare da mangiare” come ha fatto Gesù e “rapportarsi con loro, sapendo bene che cosa dire e come dirlo, perché passino contenuti ed esempi di vita.

Così, è importante fare esperienze con i ragazzi, ma è anche importante saper riflettere con loro sulle esperienze fatte e cogliere in esse i valori positivi o critici. Quello di cui siamo oggi più carenti sono proprio le convinzioni ed i contenuti che dobbiamo comunicare ai ragazzi. E del resto se pure le metodologie sono utili e indispensabili i ragazzi  si accorgono subito, “quando siamo incerti nella proposta e timidi nell’offerta di valori e messaggi convincenti.Gesù Cristo resta il contenuto centrale di ogni educazione, perché solo Lui può veramente affascinare e interessare fino in fondo i ragazzi. Tra Gesù ed ogni ragazzo c’è un rapporto profondo ed intenso, che non dobbiamo mai sottovalutare”.

Oggi ci sono tanti esperti che si occupano del mondo giovanile, ma “Gesù, e chi lo segue, sa bene che sta nei ragazzi stessi la fonte prima del loro risveglio e fa leva sulle loro risorse interiori, per ridare loro la voglia di vivere, di amare, di gioire. Sia questa la convinzione profonda che ci anima: non ci sono solo ragazzi difficili; ci sono, e siamo noi, adulti difficili e complicati, incerti nella nostra testimonianza, indecisi e tiepidi nella fede e paternalistici nell’amore. Solo l’educatore che sa mettersi in crisi, a partire da se stesso, può trovare nell’umiltà la via che apre all’incontro con i ragazzi e comunicare con il loro mondo interiore”.