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Padre Matteo Ricci, il missionario del dialogo

Un colloquio con il vescovo emerito di Macerata Claudio Giulodori

Padre Matteo Ricci  |  | pd Padre Matteo Ricci | | pd

Prima di Natale la Chiesa ha ‘promulgato’ nuovi venerabili e beati, tra cui una famiglia polacca di 9 componenti, Ulma, sterminata dai nazisti. L’altro prossimo beato è Jacinto Vera (1813-1881), primo vescovo di Montevideo, in Uruguay, che lasciò un ricordo indelebile per il suo zelo apostolico; ed è stato proclamato venerabile anche il gesuita maceratese Matteo Ricci (1552-1610), uno dei maggiori protagonisti dello slancio missionario della Chiesa in Asia, pioniere dell’evangelizzazione della Cina.

Tale notizia è stata accolta con ‘soddisfazione’ dal vescovo di Macerata, mons. Nazzareno Marconi: “Con questo atto molto importante il processo per la beatificazione di p. Matteo raggiunge l’ultimo traguardo: la Chiesa dichiara che tutte le indagini svolte in questi anni, prima a livello diocesano poi vaticano, confermano la santità di Padre Matteo. Ora si attende solo una conferma ‘più alta’ con le prove di un miracolo avvenuto per intercessione di p. Matteo Ricci”.

Ricordiamo brevemente le tappe di questo processo di beatificazione: il processo per la beatificazione fu aperto, una prima volta, nel 1982. Nel 2010, in occasione del 400° anniversario della morte di Ricci l’allora vescovo della diocesi di Macerata, mons. Claudio Giuliodori riaprì il processo, affidando a p. Gianni Criveller la presidenza della commissione storica, la quale fu responsabile di tracciare il profilo del missionario maceratese, mostrando non solo l’eroicità delle virtù, ma anche la fama di santità della quale fu circondato fin dalla sua morte. Nel 2013 la documentazione venne trasferita a Roma.

Al vescovo emerito di Macerata ed assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Episcopale perl’educazione cattolica, la scuola e l’università e presidente della Commissione Giovani del CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa) chiediamo di spiegarci il significato di questa venerabilità: “La Chiesa, fin dalla sua origine, accogliendo le parole della Sacra Scrittura: ‘Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo’ (Lv 19,1) e l’invito di Gesù: ‘Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste’ (Mt 5,48), riconosce e presenta come modelli da imitare coloro che hanno vissuto in modo esemplare il Vangelo.

Pertanto, possono essere segnalate persone che hanno vissuto la fede in modo particolarmente significativo e hanno testimoniato il loro amore verso il Signore e i fratelli donando totalmente se stessi, in alcuni casi fino al martirio. Attraverso una lunga procedura che parte dalle realtà locali e arriva fino al Santo Padre, attraverso la valutazione del Dicastero per le Cause dei Santi, si giunge a riconoscere prima la sussistenza di motivazioni serie e documentate (Servo di Dio), poi l’esercizio delle virtù eroiche (Venerabile), infine dopo un primo miracolo avviene la proclamazione come ‘Beato’ e poi, dopo un secondo miracolo, come ‘Santo’. P. Matteo Ricci ora è venerabile perché sono state riconosciute le virtù eroiche, soprattutto per i lunghi anni trascorsi come missionario in Cina. Per cui, se ci fosse un miracolo, come ci auguriamo, potrebbe essere proclamato beato”.

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Come intendeva la missione il gesuita maceratese?

“Dal punto di vista della visione e dell’impostazione missionaria, p. Matteo Ricci fu un grande innovatore. In una prima fase, entrando in Cina nel 1583, pensò di utilizzare le modalità classiche di semplice trasferimento dell’insegnamento della Chiesa con la sua lingua e la sua dottrina, poi comprese che per far penetrare il Vangelo in una società e in una cultura ricche di tradizioni e di pensiero filosofico, soprattutto di matrice confuciana, occorreva entrare in dialogo e cercare, con grande rispetto, i punti di contatto. Ha così cambiato completamente il modello di evangelizzazione, facendosi prima di tutto cinese tra i cinesi, con la lingua, lo stile di vita, le relazioni di amicizia. Attraverso questo nuovo metodo, adottato dopo dieci anni che si trovava in Cina, ha ottenuto risultati formidabili, sia in termini di apprezzamento per la fede cristiana sia rispetto alla considerazione e alla stima per la cultura occidentale. E’ stato il grande anticipatore e maestro di quel metodo che oggi chiamiamo di ‘inculturazione della fede’ e di ‘evangelizzazione della cultura’”.

Papa Benedetto XVI ha indicato in p Matteo. Ricci un modello di trasmissione della fede: è possibile seguire questo modello?

“Papa Benedetto XVI stimava moltissimo p. Matteo Ricci. Quando per la prima volta, appena nominato vescovo a Macerata nel 2007, parlai con lui della preparazione delle celebrazioni per il IV centenario della morte (11 maggio 1610 - 2010), subito mi incoraggiò a dare grande risalto all’evento, perché mi disse: ‘Si tratta di una delle figure più importanti e geniali nella storia e nella missione della Chiesa, un modello da studiare perché è ancora attualissimo’. Riteneva così importante la figura e l’opera di p. Matteo Ricci che subito mi scrisse una lettera per promuovere le celebrazioni e il 29 maggio 2010 ci concesse un’udienza speciale e fece un discorso che ancora risuona nel cuore degli 8.000 fedeli che parteciparono all’evento in Aula Nervi.

In quell’occasione ribadì che ‘non bisogna dimenticare la prospettiva con cui p. Ricci è entrato in rapporto con il mondo e la cultura cinesi: un umanesimo che considera la persona inserita nel suo contesto, ne coltiva i valori morali e spirituali, cogliendo tutto ciò che di positivo si trova nella tradizione cinese e offrendo di arricchirlo con il contributo della cultura occidentale ma, soprattutto, con la sapienza e la verità di Cristo’”.

Papa Francesco nell’udienza agli studenti e docenti dell’università di Macerata lo ha indicato come ‘campione nella cultura dell’incontro’: in quale modo è possibile attualizzare il dialogo interculturale?

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“Sono molte le strade su cui sviluppare il dialogo: dalla cultura all’economia fino alle questioni scottanti della sostenibilità ambientale e degli equilibri internazionali. Spesso manca la buona volontà e prevale la diffidenza e il pregiudizio. Vediamo con quanta difficoltà procedono gli accordi anche tra la Cina e la Santa Sede, nonostante la prudenza e la pazienza delle autorità ecclesiastiche. Ma come insegna p. Matteo Ricci, non bisogna mai smettere di tentare le vie del dialogo e della collaborazione. Occorre essere creativi e bisogna farlo in tutte le forme possibili”.

Sia papa Benedetto XVI che papa Francesco hanno sempre auspicato ‘buoni’ rapporti con la Cina: p. Ricci potrebbe essere un punto di riferimento?

“Padre Matteo Ricci, lo è stato e lo sarà per sempre perché per i cinesi la sua rilevanza è paragonabile a quella che ha per noi Leonardo da Vinci. Mentre tutti in Cina conoscono ‘Lì Madou’ (Matteo Ricci), come il grande saggio d’Occidente e lo studiano sui libri di storia, purtroppo da noi è quasi sconosciuto. Il suo metodo ancora oggi sarebbe utilissimo, oltre che per l’aspetto religioso, anche dal punto di vista del dialogo culturale, della stima reciproca e per sviluppare relazioni costruttive e pacifiche”.