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Papa Francesco in Iraq, dove la cultura è stata mezzo di ricostruzione

Nel periodo più duro dell’invasione dell’ISIS, è stata costruita una università cattolica ad Erbil, con i fondi della CEI. E sta aiutando a dare un nuovo tessuto al territorio

Università Cattolica di Erbil | Il campus dell'Università Cattolica di Erbil, costruita anche grazie ai fondi dell'8 per mille  | Facebook Catholic University of Erbil Università Cattolica di Erbil | Il campus dell'Università Cattolica di Erbil, costruita anche grazie ai fondi dell'8 per mille | Facebook Catholic University of Erbil

Papa Francesco non la visiterà, non c’è tempo. Ma, in occasione del viaggio, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha destinato 150 borse di studio. Perché è attraverso la cultura che si sta ricostruendo un popolo, un tessuto sociale messo a rischio dall’arrivo di tanti rifugiati. Ed è attraverso la cultura che Erbil, che doveva essere la “Dubai del Kurdistan”, sta cercando di ricostruire una identità ferita, specialmente nei quartieri cattolici. Succede all’Università Cattolica della capitale del Kurdistan iracheno.

È stata voluta fortemente dall’arcivescovo Bashar Matti Warda di Erbil dei Caldei.

Da quando il Califfato è avanzato fino a Mosul, prendendo per un periodo anche la diga, Erbil, capitale del Kurdistan, è diventato il centro di ricovero di quasi tutti i rifugiati della Piana di Ninive.

La situazione era diventata praticamente stabile. Così, oltre agli ospedali – i cattolici lavorano attivamente nei presidi di pronto soccorso – oltre alle case non rifinite date ad affitti molto agevolati e ai vari centri profughi gestiti, la Chiesa di Iraq puntava a dare un segno ancora più forte della sua presenza. Un modo per incoraggiare tutti a rimanere, per fermare l’esodo di molti che, vivendo una condizione medio borghese prima del conflitto, ora si trovano privati di tutto.

La Chiesa caldea ha messo a disposizione i 30 mila metri quadri su cui far sorgere l’ateneo, e la prima pietra era stata posta già prima del conflitto, il 20 ottobre 2012. L’obiettivo era quello di creare un polo universitario moderno.

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Tre anni dopo, l’università aveva però assunto un altro ruolo: quello di baluardo di speranza e segno concreto di aiuto ai giovani cristiani iracheni, un messaggio a tutti che i cristiani iracheni non sono fuori dal cerchio della storia. La struttura, divisa in quattro facoltà, ospita 3 mila studenti di qualunque confessione religiosa.

A dicembre dello scorso anno, l’Università Francescana di Steubenville, negli Stati Uniti, ha siglato un protocollo di intesa per la fondazione di future attività di cooperazione e scambi culturali tra le due università.

Padre Dave Pivonka, il presidente dell’Università Francescana, ha notato che nonostante l’enorme devastazione, “i cristiani di Iraq restano persone di grande fede che desiderano imparare di più riguardo la loro fede e voglio ricevere una educazione”.

L’Università Cattolica punta soprattutto a creare una nuova classe dirigente, necessaria specialmente in un posto sempre a rischio di corruzione. Non c’è solo l’accordo con Steubenville. L’università ha anche stabilito buone intese con l’Università di Dallas, e ora intende stabilire relazioni con le università cattoliche di Europa