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Predica d'Avvento, Pasolini: "Ricostruire la casa del Signore. Una Chiesa senza contrapposizioni”

Oggi, in aula Paolo VI

Un momento della meditazione di oggi in aula Paolo VI | Un momento della meditazione di oggi in aula Paolo VI | Credit Vatican Media Un momento della meditazione di oggi in aula Paolo VI | Un momento della meditazione di oggi in aula Paolo VI | Credit Vatican Media

“Attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio”, questo il tema della seconda delle tre meditazioni per l’Avvento che padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, ha affrontato stamane in aula Paolo VI in attesa del Natale. Presenti, papa Leone XIV e i collaboratori della  Curia romana. La prima, lo scorso 5 dicembre. 

“In questa seconda meditazione, vogliamo soffermarci sulla delicata responsabilità di accogliere questa grazia non solo come singoli, ma anche come comunità di credenti. Il battesimo ci ha costituito «collaboratori di Dio» per edificare, nel tempo e nella storia, il suo «edificio» che è la Chiesa: «il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano», secondo la coraggiosa e profetica definizione che ne ha dato il Concilio Vaticano II”, ha esordito il frate cappuccino. E chiede: “Ma di quale unità dobbiamo farci testimoni? E in che modo possiamo offrire al mondo una comunione che non si riduca a un generico richiamo alla fraternità, ma diventi un riferimento stabile e credibile capace di rigenerare la fiducia?”.

 

Al centro della sua meditazione tre immagini, tre richiami forti: la torre di Babele, la Pentecoste e la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. La prima rappresentazione è il simbolo di una famiglia umana che, dopo il diluvio, cerca di esorcizzare “la paura della dispersione”. Ma tale progetto nasconde “una logica mortale”, poiché l’unità è cercata “non attraverso la composizione delle differenze, bensì mediante l’uniformità. Tutti parlano la stessa lingua, ripetono le stesse parole, perseguono lo stesso obiettivo. È il sogno di un mondo dove nessuno è diverso, dove nessuno rischia, dove tutto è prevedibile”. Si tratta - secondo Pasolini - di “una coesione solo di facciata, ottenuta al prezzo dell’eliminazione delle voci individuali”. Il paragone poi con il Novecento che “ha visto totalitarismi capaci di imporre il pensiero unico, mettendo a tacere il dissenso e perseguitando chi osava pensare diversamente. Ogni volta che l’unità si costruisce sopprimendo le differenze, il risultato non è la comunione, ma la morte” afferma il predicatore della Casa pontificia. E lo sguardo poi si rivolge al mondo contemporaneo in cui i social media e l’intelligenza artificiale possono far correre  “il rischio dell’omologazione”. 

Una tentazione che “non risparmia nemmeno la Chiesa”. Ma come agisce Dio davanti alla torre di Babele? Risponde Pasolini: “Dio sceglie di intervenire in un modo sorprendente, lontano sia dalla punizione violenta sia dall’indifferenza”. E continua: “Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro»” A prima vista queste parole potrebbero sembrare la reazione di un Dio geloso che teme la concorrenza umana, ma “una lettura attenta ci suggeriscono un’altra interpretazione: Dio non vuole punire, bensì prevenire una deriva mortale, un processo di «de-creazione» che sta nuovamente minacciando la vita” precisa Pasolini.

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Per Pasolini è la Pentecoste ad essere il simbolo della comunione anche se, sottolinea il frate cappuccino, in assenza di uniformità: una Pentecoste in cui gli apostoli parlano la loro lingua e gli ascoltatori comprendono la propria: “La diversità rimane, ma non divide” precisa Pasolini. 

Profondo il tema dell’unità attraverso l’uniformità. E a tal proposito ricorda le parole di papa Leone XIV agli operatori dei media del 12 maggio scorso:  questo è il mondo "segnato dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi". E così Pasolini dice: "Ma un mondo così non ha nulla di divino: è l’antitesi della creazione. Dio crea separando, distinguendo, differenziando: la luce dalle tenebre, le acque dalla terra, il giorno dalla notte. La differenza è la grammatica stessa dell’esistenza. Quando l’umanità sceglie la via dell’uniformità, sta invertendo lo slancio creatore, cercando una forma di sicurezza che coincide con il rifiuto della libertà. Le differenze sono importanti tanto da far dire a Pasolini che “non esiste comunione senza differenza”.

 

Infine, c’è un tempio da ricostruire. Ogni riedificazione del tempio “non può mai essere un cammino lineare”, così precisa il predicatore della Casa pontificia. C’è bisogno di “entusiasmi e lacrime, slanci nuovi e rimpianti profondi”. Tutto questo è riassunto per comprendere “la perenne necessità” di rinnovamento della Chiesa, incarnata in maniera profonda da san Francesco d’Assisi.  In sintesi: “L’umanità impiegherà molto tempo per assimilare la lezione di Babele e comprendere che l’incontro tra Dio e l’uomo diventa possibile solo là dove si custodiscono insieme le uguaglianze che uniscono e le differenze che rendono vera la comunione”.




 

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