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Processo Palazzo di Londra, il colpo di scena Perlasca all’interrogatorio Becciu

Nell’ultima parte dell’interrogatorio al Cardinale Angelo Becciu, compare il “super testimone” Perlasca, subito allontanato dal presidente Pignatone. Cecilia Marogna presenta un lungo materiale

Processo Palazzo di Londra | Un momento del processo in Vaticano | Vatican Media / ACI Group Processo Palazzo di Londra | Un momento del processo in Vaticano | Vatican Media / ACI Group

Proprio mentre il Cardinale Angelo Becciu sta dicendo che, se avesse mai sospettato che monsignor Alberto Perlasca stesse nascondendo qualcosa, questo sarebbe dovuto andarsene, lo stesso monsignor Perlasca entra da una porta laterale dell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani che fa da aula di tribunale, zainetto di pelle sulla spalla destra. Alla sua vista, il promotore di Giustizia Alessandro Diddi ne fa notare la presenza, mettendo in luce come potesse essere un problema, essendo anche un testimone. E il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone lo invita subito a lasciare l’aula, cosa che monsignor Perlasca fa piuttosto di malavoglia.

È questo il colpo di scena dell’ultima parte dell’interrogatorio del Cardinale Angelo Becciu. Altra novità del processo è il memoriale di poco più di venti pagine depositato da Cecilia Marogna, l’esperta di intelligence che ha aiutato la Segreteria di Stato nella liberazione di suor Gloria Narvaez, e che dettaglia una serie di rapporti avuti con il Vaticano: dall’incontro con vertici dei servizi italiani, al ruolo avuto come intermediaria con alcuni emissari russi che volevano acquisire le reliquie di San Nicola, ai colloqui con l’imprenditore Piergiorgio Bassi su un fondo Imperial che sarebbe stato a suo dire depositato nello IOR, fino ai rapporti con la società di intelligence Inkerman.

Il processo, come noto, verte sull’investimento della Segreteria di Stato su un Palazzo di lusso a Londra, ma tocca anche il Cardinale Angelo Becciu per il ruolo che avrebbe avuto come sostituto nel favorire il finanziamento della Caritas e di una coop nella sua diocesi di origine, e anche i rapporti della Segreteria di Stato con Cecilia Marogna.

All’inizio dell’udienza, il cardinale Becciu ha reso una dichiarazione spontanea, breve, mostrando sconcerto per come era stato trattato con domande che hanno offeso “la sua dignità di sacerdote”, e facendo sapere che non avrebbe più risposto a domande che non riguardavano i capi di imputazione, come quelli del contributo della Conferenza Episcopale Italiana alla diocesi di Ozieri.

Dopo varie opposizioni, il presidente del Tribunale Pignatone ha emesso una ordinanza sottolineando che no, la questione della CEI non è parte del processo, ma che le domande sono ammesse, perché potrebbero permettere di acclarare la verità. Da quel momento in poi, il Cardinale Becciu si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere quando gli sono state fatte domande sulla CEI. Tra l’altro, sembra di comprendere che non ci sia un fascicolo aperto sulla questione della CEI, come

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Non ci sono sostanziali novità, sia dalla fine dell’interrogatorio del promotore di giustizia, sia nelle domande successive delle parti civili. Il Cardinale Becciu ha sempre ribadito di aver sempre avuto totale fiducia nel suo ufficio amministrativo, e che dunque aveva accolto tutti i suggerimenti.

Da notare che nel botta e risposta con l’avvocato Lipari dell’Istituto per le Opere di Religione, il Cardinale ha anche sottolineato che gli investimenti erano necessari perché la Santa Sede si trasportava da tempo un deficit, che lo IOR fino al 2013 aveva contribuito con un assegno annuale di 50 milioni (soldi che venivano usati per coprire le spese di Radio Vaticana e delle nunziature) e che poi questo assegno si era improvvisamente dimezzato. Quell’aiuto era particolarmente importante per la Segreteria di Stato, che poteva così coprire parte dei suoi deficit.

Dalle domande della difesa di Raffaele Mincione, il primo broker che ha avuto in gestione il fondo del Palazzo di Londra, viene fuori che l’investimento della Segreteria di Stato sul fondo Athena era gestito direttamente da Credit Suisse, ma restano insoluti, per ora, il tipo di rapporti e di accordi che la Segreteria di Stato avesse fatto con la banca svizzera.

A fine udienza, il giudice a latere nota con il Cardinale Becciu che lui, sul fronte investimenti, si era sempre fidato delle proposte di monsignor Perlasca e di Fabrizio Tirabassi, e chiede in che modo si esercitavano i suoi poteri di sostituto,.

Il Cardinale risponde: “Se avessi capito che c’era qualcosa che non andava, o avessi avutto intuizioni di orientarsi in altra maniera, o meglio investire altrove, avrei potuto dire loro diversamente, non avevo avuto occasioni e non mi hanno mai offerto occasioni per andare contro le loro proposte”.