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Salute, ambiente e lavoro non possono escludersi a vicenda, l'impegno della CEI

Don Massimo Angelelli, responsabile della pastorale della salute della CEI spiega la relazione

Don Massimo Angelelli |  | pd Don Massimo Angelelli | | pd

‘Era cosa molto buona’ è stato il titolo della seconda edizione del convegno ‘Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro’, promosso a Vicenza dalle Commissioni episcopali per il servizio della carità e la salute e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace in collaborazione con gli Uffici nazionali Cei per la pastorale della salute, e per i problemi sociali e il lavoro insieme a Caritas Italiana:

“Come garantire il lavoro per tutti? Come conciliare la necessità del lavoro a mantenere sano l’ambiente? Come preservare la salute di tutti, offrendo luoghi sicuri e cure adeguate? A questi interrogativi non è possibile rispondere in maniera semplicistica o attraverso slogan, occorrono serietà e impegno e, d’altra parte, è ferma convinzione che non si possa più tergiversare nel ricercare e trovare soluzioni”. Don Massimo Angelelli, responsabile della pastorale della salute della Cei, ha ribadito l’interesse della Chiesa per la salute e l’ambiente: “Salute, ambiente e lavoro non possono escludersi a vicenda, devono camminare assieme. Non è ambientalismo né ecologismo, è interesse di tutti”.

Quindi a don Massimo Angelelli abbiamo chiesto di spiegarci il rapporto tra ambiente, salute e lavoro: “Quello realizzato a Vicenza è la seconda tappa di un cammino iniziato ad Acerra, nella ‘Terra dei Fuochi’, sotto il titolo ‘Custodire le nostre terre’: è l’idea di fondo che vogliamo fare emergere da questo percorso di conoscenza e di condivisione, cioè non abbiamo un problema solo nella ‘Terra dei Fuochi’, ma abbiamo tante terre da dover custodire e tra il trinomio ambiente, salute e lavoro abbiamo riscontrato che in alcuni casi ci sono squilibri ed in alcuni territori italiani ci sono ricatti riguardo al trinomio menzionato prima. Consideriamo questi ricatti totalmente inaccettabili. Il nostro obiettivo è quello di sollevare l’attenzione della comunità civile, perché si ricrei un equo equilibrio tra queste tre dimensioni. E’ possibile avere un ambiente custodito, una salute difesa ed un lavoro dignitoso”.

Per quale motivo la Chiesa si occupa di questi temi?

“La Chiesa da sempre si occupa di questi temi in forza di un mandato di custodia del creato, ma più recentemente il papa stesso ci ha dato questo compito nell’enciclica ‘Laudato sì’, quando ha riproposto un concetto di ecologia integrale, che non è una forma di ecologismo, ma è la difesa insieme della dignità dell’uomo e del creato. Quindi è un mandato esplicito, derivato dalla Dottrina Sociale della Chiesa e dal magistero del papa, in cui ci dice uno degli elementi fondamentali del vivere cristiano è quello di prenderci cura della casa comune”.

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Ilva in Puglia, Terra dei Fuochi in Campania e Pfas in Veneto: tre casi di serio inquinamento territoriale. In quale modo è importante informare sui rischi?

“Prima di tutto dobbiamo conoscerli. Quando abbiamo avviato questo percorso come Ufficio della Salute della Cei, abbiamo incontrato tanta letteratura ed abbiamo dovuto studiare molto. Quindi ci siamo resi conto che in Italia sono stati censiti dal Ministero della Salute i cosiddetti ‘sin’, che sono i ‘siti di interesse nazionale’, luoghi certificati come inquinati.

Mettendoli in relazione con i territori delle diocesi italiane, ci siamo resi conto che ci sono oltre 75 diocesi che insistono su terreni inquinati. La nostra azione parte non solo da questi tre casi clamorosi e conosciuti; ma il nostro percorso nei prossimi anni proseguirà, andando a conoscere e a capire il motivo per cui questi territori sono stati inquinati. Normalmente non sono mai situazioni colpose: in molti casi incontriamo situazioni dolose, cioè sono stati buttati deliberatamente nella terra o nell’acqua sostanze inquinanti sapendo che erano inquinanti. Ciò comporta responsabilità diretta. Averne coscienza insieme aiuta anche a far crescere una coscienza comune”.

Il messaggio della Cei ribadisce la tutela della salute e del lavoro con particolare riguardo ai giovani: cosa possono fare le comunità cristiane?

“Occorre ‘sognare’ un nuovo modo di economia, come insegnato dall’ ‘economia di Francesco’, favorendo opportunità lavorative per i giovani nella logica dell’ecologia integrale di ‘Laudato sì’. Abbiamo bisogno dell’alleanza tra l’economia, la finanza, la politica, la cultura per costruire reti di accompagnamento per i giovani. Vorremmo che le comunità cristiane fossero sempre più luoghi di incontro e di ascolto, soprattutto dei giovani e delle loro aspirazioni, dei loro sogni, come anche delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare”.