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Concilio Panortodosso, anche questa è missione

La Divina Liturgia nella chiesa di San Giorgio a Costantinopoli  |  | pd La Divina Liturgia nella chiesa di San Giorgio a Costantinopoli | | pd

Nonostante la tensione tra le Chiese ortodosse, con quattro di loro (tra cui il potente Patriarcato di Mosca) che hanno già annunciato di non partecipare, il Grande e Santo Concilio si farà. Si rinirà dal 19 al 26 giugno, ed è stato chiamato anche concilio pan-ortodosso perché mirava a coinvolgere tutte le 14 tra Patriarcati e Chiese autocefale ortodossi del mondo. L’apertura ufficiale sarà segnata da una concelebrazione panortodossa della divina liturgia eucaristica, nella cattedrale di San Minas a Heraklion, il giorno della Pentecoste, celebrata il 19 giugno secondo il calendario ortodosso. Previsto da oltre un secolo, preparato da più di 50 anni, si tratta di un evento storico non solo per la Chiesa ortodossa, ma anche per tutto il mondo cristiano, anche se ancora esiste qualche ‘resistenza’.

Esistono attualmente 14 Chiese ortodosse di tradizione bizantina, caratterizzate dal fatto di riconoscere i sette concili ecumenici del primo millennio (come la Chiesa cattolica, ma contrariamente alle Chiese dette ‘ortodosse orientali’ di tradizione siriaca, copta o armena, che riconoscono solo i primi tre concili ecumenici e perciò sono chiamate ‘precalcedonesi’). Queste Chiese ortodosse si definiscono ‘autocefale’, perché ognuna è presieduta dal proprio primate, che ha il titolo di patriarca, di metropolita o di arcivescovo. Si definiscono anche ‘locali’, perché hanno giurisdizione su un territorio determinato.

Per aiutarci a comprendere il valore del concilio panortodosso abbiamo posto alcune domande a Mauro Castagnaro, che per la rivista ‘Missione Oggi’ ha curato un dossier come “segno di attenzione ecumenica verso le Chiese ortodosse, oggi sempre più presenti anche nel nostro paese, nonché uno strumento per aiutare le comunità cattoliche italiane ad accompagnare in modo affettuoso e solidale questo straordinario avvenimento, nella speranza di una sua felice riuscita. Come sempre con un occhio di riguardo alla dimensione missionaria, qui vissuta da un’altra tradizione cristiana, e a quanto si muove nel Sud del pianeta”.

Quale portata storica ha il prossimo Sinodo panortodosso?

“Quella di riunire i massimi rappresentanti dell’intera Ortodossia, una famiglia di Chiese che vanta una tradizione antichissima e comprende circa 260 milioni di cristiani, per la prima volta dopo quasi tredici secoli. Infatti, anche se nel secondo millennio ci sono stati Concili interortodossi per affrontare questioni comuni alle Chiese d’Oriente, per trovarne uno cui avessero partecipato tutte bisogna, infatti, riandare al VII Concilio ecumenico, svoltosi a Nicea nel 787, tre secoli prima dello scisma tra Roma e Costantinopoli”.

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Perchè è stato convocato?

“Con questo Sinodo l’Ortodossia intende ‘testimoniare la sua unità, come pure la sua responsabilità e il suo amore verso il mondo contemporaneo’. L’appuntamento di Creta mi sembra inoltre risponda all’esigenza, comune alle tre ‘correnti’ storiche del cristianesimo, di rinnovarsi per essere credibili nell’epoca della globalizzazione. E’ quanto avviene col pontificato di Francesco per il cattolicesimo e col cinquecentesimo anniversario della Riforma per il protestantesimo”.

Quali problemi il Sinodo sarà chiamato a risolvere?

“Il Sinodo affronterà sia i rapporti tra le 14 Chiese patriarcali o autocefale (cioè quelle che possono liberamente eleggere il proprio Primate) sia le loro relazioni con la altre Chiese cristiane, oltre che le grandi sfide poste al Vangelo dalla società odierna. Nello specifico i padri sinodali dovranno approvare sei documenti riguardanti il digiuno, gli impedimenti al matrimonio, l’autonomia di una Chiesa (la situazione in cui si autogoverna, ma elegge il proprio primate sotto gli auspici di una Chiesa autocefala), la diaspora, l’ecumenismo e la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Sono state invece rinviate a un prossimo Sinodo le questioni del calendario comune, dei dittici (l’ordine di precedenza delle Chiese) e delle procedure di proclamazione dell’autocefalia”.

Come guarda a questo Sinodo la Chiesa cattolica?

“Con simpatia e rispetto, auspicandone il buon esito. Simpatia perché è un evento straordinario che coinvolge Chiese sorelle; rispetto nel senso che c’è la chiara volontà di non ‘ingerenza’ negli affari interni di ciascuna di quelle Chiese né nelle tensioni che possono esistere tra i Patriarcati. Anzi, specie in questo pontificato, Roma ha mostrato di augurarsene il superamento. La delegazione cattolica presente alle cerimonie di apertura e chiusura del Sinodo sarà di alto livello. Ed è significativo l’impegno di preghiera con cui la Chiesa cattolica accompagnerà l’assemblea, quasi a circondarla di un alone di fraternità, con iniziative come quella promossa a San Paolo fuori le Mura dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani in concomitanza col suo inizio e quelle che realizzeranno le comunità cattoliche di tutto il mondo nei giorni del Sinodo”.

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